Lo scorso 16 maggio è uscito nelle migliori sale italiane “Una Storia Nera” il nuovo film del regista Leonardo D’Agostini, tratto dall’omonimo romanzo, del 2017, della scrittrice Antonella Lattanzi. La vicenda narra di una donna, vittima di reiterate violenze domestiche, accusata dell’omicidio dell’ex marito. Nel cast troviamo Laetitia Casta nel ruolo della protagonista Carla Semeraro, Giordano de Plano nella parte di Vito Semeraro, l’ex compagno rimasto ucciso, Lea Gavino, Andrea Carpenzano e Carola Orlandani che interpretano i tre figli della coppia.
“Una Storia Nera”, recensione
Carla (Laetitia Casta) ha poco più di quarant’anni, ma ha la pelle talmente levigata che anche da struccata è di una fine bellezza da spezzare il fiato. Ha un viso fatto per essere guardato, di quelli che noti subito pure in mezzo a una folla di gente. Ha un fascino sobrio ed elegante, ma con un nonsoché di magnetico che attira l’attenzione di chiunque. Ha gli occhi di un azzurro brillante che si mescola a un verde freddo, che ricorda il colore cristallino del mare di Mondello a settembre. Ha un paio di nei e una manciata di lentiggini sparse qui e là sulle sue guance tonde, la carnagione bianca come un bicchiere di latte, una lunga chioma liscia di capelli castani, le labbra carnose, morbide, ma per nulla volgari. Finanche i denti di sopra leggermente storti non riescono a scipparle neanche un grammo del suo charme incantevole. È francese, ma vive da vent’anni a Roma: quando era ancora poco più che una ragazzina, durante una vacanza estiva, incontrò Vito (Giordano de Plano) e non se ne separò più, decidendo di trasferirsi in Italia per restare con lui.
Quell’uomo un po’ più grande di lei non era propriamente bello, anzi era piuttosto ordinario, e a guardarli l’uno di fianco all’altro veniva da chiedersi cosa davvero ci trovasse una ragazza così avvenente in un soggetto dall’aspetto banalmente semplice. Eppure lui riuscì a farla innamorare perdutamente riempendola da subito d’amore e carezze, corteggiandola con un impegno e una dedizione capaci di annebbiare la vista anche della donna più diffidente. Proprio per questo, una volta sposati, quando lui iniziò a diventare brutalmente violento e abusante con quella meravigliosa moglie da sogno, lei non fu in grado di lasciarlo sperando con tutte le sue forze che ritornasse il romantico corteggiatore dei primi tempi. Non importa quanto lei si meritasse di meglio, o quanto lui fosse rozzo e villano, rabbioso e meschino, Carla proprio non era capace di guardare a se stessa con sguardo oggettivo per vedere in che misero pantano al di sotto delle sue possibilità era sprofondata la sua vita. Non basteranno neanche le denunce, le visite al pronto soccorso, le labbra spaccate, gli occhi pesti, i polsi viola, gli abiti strappati; quella giovane fanciulla piena di speranze e fantasticherie da filmetto rosa rimarrà incatenata a un mostro misogino ed egoista.
Ci farà anche tre bambini: Nicola (Andrea Carpenzano), Rosa (Lea Gavino) e Mara (Carola Orlandani). La ferocia crudele e malvagia di suo marito, anno dopo anno, mortificherà quella giovane sposa piena di belle speranze macchiando il suo abito bianco di un sangue rosso vivo e arriverà anche il tempo di rubarle il consenso di una soddisfacente passione ardente, rimpiazzandola con l’insopportabile violazione forzata delle sue carni ormai raffreddate. Neppure l’amante di lui sarà in grado di separarli, ma dopo due decenni di furia spietata finalmente lei si affiderà a un centro antiviolenza e chiederà il divorzio. Tre figli però sono tanti, troppi per riuscire ad allontanarsi sul serio e così la sera del compleanno di Mara, la più piccola, Carla è costretta a invitare l’ex compagno a casa per festeggiare tutti e cinque insieme.
Si è preparata in modo impeccabile per l’arrivo di Vito, come se ancora fossero legati e avesse paura di non compiacerlo abbastanza. Indossa un vestito verde chiaro con delle foglie ricamate su quella stoffa pregiata, lucida. Ha raccolto i capelli, lasciando qualche ciocca sciolta ad incorniciarle il viso. Non si è truccata, come spiegato all’inizio non ne ha bisogno, ma porta alle orecchie un paio di piccole perle cerchiate da una sottile fila d’oro rosso che le illuminano quel volto tanto delicato quando prezioso. Le tremano le mani sudate, come se non riuscisse ancora a controllare la paura, nonostante sia divenuta una donna adulta e libera; ma la serata sembra procedere bene, cenano in tranquillità, aprono i regali per la bambina e in un chiacchiericcio frivolo che non porta da nessuna parte le ore scorrono velocemente, finché finalmente non arriva il momento per lui di andarsene. Tutti tirano una grande sospiro di sollievo, ma quel che nessuno immagina, quantomeno all’apparenza, è che la nottata finirà in tragedia.
Sì, perché proprio quella notte Vito scomparirà nel nulla, come risucchiato in un misterioso vortice oscuro per punire i suoi peccati mai redenti. Un mese dopo il suo corpo, ora livido e senza vita, verrà ritrovato sulle sponde del Tevere. Le indagini partiranno immediatamente da Carla, l’ex moglie infelice e maltrattata a lungo che si era da poco ripresa la sua tanto agognata libertà. Portata in centrale per essere interrogata, qualche ora più tardi confesserà di essere stata lei a ucciderlo per legittima difesa. Ma sarà veramente la colpevole dell’omicidio di Vito? Sarà l’unica a essersi macchiata di quel crimine gravoso quanto, infondo, prevedibilmente atteso?
“Una Storia Nera”, critica
Tratto dall’omonimo romanzo del 2017 scritto da Antonella Lattanzi, lo scorso 16 maggio è uscito al cinema “Una Storia Nera”, il nuovo thriller drammatico del regista Leonardo D’Agostini con la produzione di Matteo Rovere. Questa storia, dalle tinte noir e altamente tragiche, si addentra nel complesso processo psicologico nel quale vive una vittima di violenze domestiche, affrontando anche l’incapacità di essere sempre lucidi e di agire in maniera oculata di fronte al proprio aguzzino. Va a sviscerare l’annosa questione dei rapporti di dipendenza che si innescano tra vittima e carnefice, ma anche del modo in cui i figli elaborano e convivono dinnanzi al disturbante scenario di due genitori che coesistono in un sistema di brutalità e subordinazione.
Troviamo Laetitia Casta nella parte di Carla Semeraro, la protagonista, in un’interpretazione per me inaspettatamente godibile. Buona la recitazione di tutto il cast, ma devo sottolineare le notevoli prove attoriali dei coprotagonisti Lea Gavino e Andrea Carpenzano, nel ruolo di sorella e fratello maggiore.
Purtroppo ho reputato il finale scontato e facilmente intuibile, ma nel complesso si rivela un ottimo film.
Tre virgola nove stelle su cinque.