Nel nostro Paese il fenomeno del part time involontario sta aumentando e colpisce, prevalentemente, le donne: come funziona? Si sa molto poco di questo fenomeno e avviene, nella maggior parte dei casi, durante la stagione estiva.
A differenza di chi sceglie il lavoro part time, quello involontario viene subito dai lavoratori. Abbiamo detto che colpisce soprattutto le donne. Sul totale delle lavoratrici occupate, il 16,5% rientra tra le lavoratrici di part time involontario.
Vediamo in cosa consiste e come funziona il fenomeno e cerchiamo di spiegare, anche alla luce dei dati, perché viene subito soprattutto dalle donne.
Cos’è e come funziona il part time involontario
Oltre la metà dei lavoratori con contratto di lavoro part time è impiegata in questa modalità senza avere scelta.
In Italia, questa formula contrattuale era ideata per facilitare la conciliazione vita-lavoro e oggi interessa oltre 4 milioni di lavoratori, ma si è trasformato in una costrizione per il 56,2% di essi.
Ritornando alle origini, fu ideato per permettere ai lavoratori di conciliare la vita familiare con quella lavorativa, senza dover rinunciare completamente ad uno stipendio, anche se ridotto.
Come abbiamo detto, la realtà è diversa. Il fenomeno del part time involontario non ha una definizione giuridica. L’Istat rileva con questa voce il numero di lavoratori dipendenti assunti con orario ridotto che dichiarano di avere accettato un lavoro part time in assenza di opportunità di lavoro a tempo pieno.
Si conferma una realtà preoccupante in tutta la Penisola. Impatta, principalmente, su alcune categorie: le donne, gli stranieri e i lavoratori con un titolo di studio basso o assente.
In Italia, la percentuale di questo fenomeno involontario è doppia rispetto alla media dell’Unione Europea. Dati alla mano, parliamo del 19,7%.
Perché penalizza soprattutto le lavoratrici
Il documento “Da conciliazione a costrizione: il part-time in Italia non è una scelta. Proposte per l’equità di genere e la qualità del lavoro1” presentato al Forum Disuguaglianze e Diversità presenta un quadro sull’incidenza di questo fenomeno.
Il 56,2% dei lavoratori con questo contratto ne sono soggetti, ma non per scelta. Ma un dato molto più preoccupante riguarda proprio la disparità di genere. Disparità che, nel mercato del lavoro, si esprime anche con un maggior numero di donne costrette a optare per contratti part time rispetto agli uomini. Le esigenze possono essere familiari, ma anche perché imposte dal datore di lavoro.
Siamo nel 2024 e il 61% delle lavoratrici svolge ancora la maggior parte dei lavori domestici ed è impegnata nella cura dei figli e il 16,5% delle lavoratrici si trova in una condizione di part time involontario. L’incidenza maggiore si osserva tra i le giovani lavoratrici, nella fascia d’età 15-34 anni, dove il 21% delle occupate è coinvolta in questa modalità. Per la fascia di età dai 55 anni si conta un 14%.
Il part time involontario è solo italiano
Quello del part time involontario è un fenomeno (quasi) tutto italiano. Lo stesso lavoro part time è sempre in aumento, con una diminuzione del lavoro a tempo pieno.
Se si fa un confronto con il resto dell’Europa, solo l’Italia ha visto incrementare il fenomeno non scelto dal lavoratore. L’aumento è anche confermato dai dati Eurostat.
Anche se il ricorso al part time è in linea con l’Europa, ciò che fa la differenza è quante persone lavorano utilizzando questa formula, in mancanza di un’alternativa a tempo pieno, perché è l’unica loro scelta.
Inoltre, i dati evidenziano anche che questa forma contrattuale, per lo più, si ritrova in contratti a tempo determinato (circa il 23%), più che in quelli a tempo indeterminato (circa il 9%).
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