Dopo le parole di Liliana Segre, secondo la quale nella bozza di riforma costituzionale che sta portando avanti il centrodestra “ci sono aspetti allarmanti davanti ai quali non si può tacere”, stamattina, anche un’altra senatrice a vita, Elena Cattaneo, si è detta molto preoccupata per il tentativo di riformare la Costituzione italiana con il premierato. In una intervista che ha concesso alla Stampa, la scienziata accademica dei Lincei ha fatto notare che, tra l’altro, un sistema come quello che vuole la maggioranza Meloni “non esiste al mondo”. E’ proprio così? Davvero c’è da preoccuparsi per la tenuta della nostra democrazia? Davvero non esistono altri modelli simili al mondo? Tag24 ne ha discusso con il costituzionalista Stefano Ceccanti, docente presso la Sapienza di Roma, già parlamentare per il Partito Democratico nonché uno dei promotori di un’altra riforma della Costituzione: quella che, dopo aver superato tutto l’iter parlamentare, nel 2016 fu bocciata al referendum.
Il premierato e la riforma costituzionale della Meloni mettono a rischio la democrazia? Stefano Ceccanti (La Sapienza): “No, da Liliana Segre e Elena Cattaneo allarmi letti in maniera eccessiva”
Ieri la ministra per le riforme istituzionali Elisabetta Alberti Casellati ha spiegato che risponderà a tutti i rilievi emersi in questi giorni, compresi quelli di Liliana Segre, la prossima settimana e che, in ogni caso, è sempre aperta al dialogo.
Stefano Ceccanti, c’è davvero da preoccuparsi?
“No, la riforma del premierato in sé non mette a rischio la nostra democrazia. Dai rilievi mossi dalla Segre e dalla Cattaneo, però, possono estrapolarsi delle preoccupazioni condivisibili perché un conto è l’ispirazione di fondo, governi di legislatura scelti dai cittadini, un altro è quello che dice o non dice il progetto di cui si discute”.
La Cattaneo, tra l’altro, ha puntato il dito contro l’enorme mole di Decreti Legge da parte del Governo: di fatto, sostiene, esautorano il Parlamento.
“Questo è un vecchio problema. Ma ci si deve chiedere il motivo per cui tutti i Governi ne fanno un uso sproporzionato: perché, evidentemente, non c’è un’altra corsia preferenziale per i disegni di legge del governo”.
Il premierato risolve questo problema?
“Il premierato è conciliabile a una democrazia più funzionale. Peraltro, i senatori Parrini e Giorgis hanno riproposto la questione di inserire la corsia preferenziale. Sarebbe logico che con governi più stabili, che non vivrebbero più nell’ansia della durata, i decreti si limitassero”.
Inutile preoccuparsi, allora.
“Il premierato è stato un tema anche del centrosinistra. Basti ricordare l’elaborazione di Maurice Duverger, eletto dal Pci al Parlamento europeo, la tesi uno dell’Ulivo e il testo Salvi alla Bicamerale di D’Alema”.
Quindi potrebbe andare bene per tutti la riforma in essere?
“Il mio pensiero può essere riassunto così: premierato sì, ma non così. Il testo in esame, in realtà, in molti aspetti, non rispecchia la sua aspirazione”.
Perché?
“C’è stato poco confronto. E la bozza che ha in mano la ministra Casellati mi sembra confusa nonché omissiva”.
In che senso?
“Non si capisce, innanzitutto, se il premier direttamente eletto dai cittadini lo debba essere con una maggioranza relativa o assoluta”.
Cambia parecchio?
“Certo. Se si elegge un premier con una maggioranza relativa, è molto più probabile che ci si ritrovi di fronte a un leader di un’ala politica estrema o da essa condizionato. Se invece lo si elegge con una maggioranza assoluta, come capita nei sistemi a doppio turno, è più facile che sia un moderato perché, in questo caso, peseranno di più gli elettori incerti”.
E’ questo l’unica cosa che la lascia perplesso?
“Un’altra grave criticità è che non si capisce la relazione tra la maggioranza che viene a formarsi nelle due Camere e il premier eletto direttamente. Si assicura una maggioranza anche senza una soglia minima di voti? E cosa succede se ci sono risultati diversi nelle due o nelle tre schede? Perché non si capisce nemmeno quante dovranno essere. E col voto estero, per cui è previsto un diritto di tribuna per i seggi, cosa succede? Si vuole che sia decisivo?”
Ma davvero, come sostiene Elena Cattaneo, al mondo non esiste un modello simile di premierato, con il Presidente del Consiglio con “super poteri”?
“Non è questo il punto. Ogni Paese arriva all’obiettivo che si pone questa riforma costituzionale, quello di garantire un governo di legislatura scelto dagli elettori, in maniera diversa. Ognuno ha la sua peculiarità. E noi abbiamo quella del sistema dei nostri partiti. Perciò, le soluzioni devono essere diverse. L’importante, però, è che siano chiare e sensate”.
Un altro must dei critici alla riforma Casellati-Meloni è che depotenzia il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica. E’ vero?
“Se si sceglie di far votare direttamente all’elettorato il premier è conseguenziale che il ruolo del Presidente si ritragga. L’importante, però, è preservarne l’autonomia sin dalla elezione. Per quest’ultimo, quindi, sarebbe fondamentale una platea di grandi elettori più ampia. Che coinvolga, magari, sindaci e europarlamentari italiani. Oltre a un innalzamento del quorum”.
A Segre e Cattaneo, allora, cosa si sente di dire?
“Più che altro, mi rivolgerei a chi prende questa riforma in modo ansiogeno. Le critiche alla riforma del premierato non vanno basate sull’idea del fascismo alle porte. Gli alert di Segre e Cattaneo sono importanti, ma se vertono sul come della riforma, non sul se. Questo perché il fatto che la seconda parte della Costituzione vada riformata in quanto legata ai timori reciproci della Guerra Fredda mi sembra acquisito sin dagli anni Ottanta. E forse, proprio per questo, sarebbe stato meglio per tutti non ripartire da zero, ma dai testi di Cesare Salvi, ai tempi del centrosinistra del 1997”.