Cosa succede in caso di locazione casa pignorata? Quando è possibile dare in locazione un bene immobiliare pignorato? Scopriamo quali sono i rischi per il locatore e l’inquilino.

Molti proprietari di immobili sottoposti ad una procedura di pignoramento danno in locazione l’immobile per ricevere un’entrata e per evitare il pignoramento. In effetti, non è così dal momento che la locazione di un bene immobiliare non blocca il pignoramento o altra procedura di riscossione. Dare in affitto un immobile prossimo al pignoramento non è una forma di tutela per il proprietario. La locazione di un immobile pignorato non è impossibile, ma il proprietario del bene immobiliare deve tenere in considerazione le conseguenze fastidiose derivanti.

Cosa succede in caso di locazione casa pignorata?

I proprietari di un immobile dato in locazione e prossimo ad una procedura di pignoramento devono prestare attenzione alle conseguenti negative. Dare in affitto una casa prossima al pignoramento non deve essere considerata una forma di tutela per il proprietario. I soggetti coinvolti sono i seguenti: il proprietario del bene immobiliare, l’inquilino dell’immobile e il creditore. Il creditore può essere una banca o un soggetto privato: si pensi al caso in cui il proprietario dell’immobile non abbia onorato il pagamento delle rate del mutuo o del finanziamento. In tale caso la banca creditrice avvia il pignoramento immobiliare.

Un immobile pignorato può essere affittato, ma occorre prestare attenzione alle conseguenze: una volta che il proprietario/debitore dell’immobile dato in affitto riceve un atto di pignoramento perde il diritto di gestire e di amministrare il bene. Il Codice di procedura civile all’articolo 560 sancisce che al proprietario del bene immobiliare e il terzo custode non deve dare in locazione la casa pignorata se non autorizzati dal giudice. La normativa vigente è chiara in merito ad un immobile pignorato: il bene può essere dato in locazione solo se autorizzati dal giudice con un provvedimento ad hoc.

Immobile pignorato e locato: la normativa e la realtà

La normativa vigente stabilisce che sia possibile affittare un bene immobiliare pignorato mediante l’autorizzazione di un giudice. Nella realtà è difficile che un giudice acconsenta alla possibilità di dare in affitto un immobile pignorato. Si deve tenere conto delle ripercussioni derivanti dal pignoramento sulla eventuale vendita del bene. Nel caso in cui ricorrano delle condizioni per non arrecare pregiudizi al creditore, il giudice può valutare di concedere l’immobile in affitto. Il creditore percepisce i canoni di locazione come se l’immobile fosse stato dato in affitto prima del pignoramento.

Immobile pignorato: il contratto di locazione è valido?

Il proprietario che voglia dare in locazione l’immobile pignorato dovrà chiedere il consenso al giudice, ma se tale disposizione normativa viene aggirata il contratto di locazione resta valido. Nel caso in cui il proprietario della casa stipuli un contratto di locazione dopo l’avvenuto pignoramento, questo sarà efficace nei rapporti intercorrenti tra locatore e inquilino.

Di conseguenza, il contratto di affitto non è efficace verso l’acquirente che acquista l’immobile e verso il creditore. Il contratto di locazione sottoscritto prima del pignoramento resta opponibile nei confronti dell’acquirente e del creditore. Se il contratto di affitto è stipulato quando l’azione del creditore è già iniziata, lo stesso potrebbe rivolgersi al giudice e chiederne la revoca. Il creditore deve dimostrare che l’atto è stato compiuto per frodarlo.

Cosa rischia il padrone dell’immobile?

Nonostante il pignoramento, il padrone dell’immobile è tra le parti del contratto di locazione meno a rischio: la locazione non ha effetti giuridicamente rilevanti rispetto al debito. Ciò implica che indipendentemente dalla locazione, il processo di recupero dei crediti proseguirà con la vendita della casa. Il conduttore vanta ulteriori rischi. Il locatore non ha diritto a percepire il canone di locazione dal momento che devono essere verificati dall’ufficiale giudiziario.

L’obiettivo è quello di preservare gli interessi del creditore. Per ottenere un risarcimento danni il creditore potrebbe essere portato in giudizio anche dal conduttore. Per il mancato rispetto delle disposizioni del giudice, si rischia la reclusione fino a 3 anni e l’irrogazione di una sanzione che varia dai 100 euro ai 1.030 euro.