Il 29 aprile, Baby Gang è stato trasferito in prigione mentre si trovava ai domiciliari, a causa della pubblicazione su Instagram di alcune foto per promuovere il suo nuovo album “L’angelo del male”. Le Iene, con Nicolò De Devitiis, hanno cercato di fare chiarezza sulla situazione, leggendo una lettera che il rapper ha scritto dal carcere.
Perché Baby Gang è stato arrestato?
Nel suo reportage, Nicolò De Deviitis ha intervistato l’avvocato di Baby Gang e il suo manager, leggendo una lettera scritta dallo stesso rapper. Il rapper italiano, di nome Zaccaria Mouhib, ha presentato un ricorso al Tribunale del Riesame per tornare ai domiciliari dopo che la Corte d’Appello di Milano ha ordinato il suo ritorno in prigione lo scorso aprile. Mouhib era in precedenza agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per due condanne in primo grado relative a rapina e altri reati.
La revoca dei domiciliari è stata motivata dal comportamento del rapper sui social media. I giudici ritengono che Baby Gang abbia comunicato con un numero indeterminato di persone pubblicando su Instagram delle foto in cui viene mostrato con una pistola puntata verso l’obiettivo. Tuttavia, l’avvocato di Mouhib, Niccolò Vecchioni, ha chiarito che queste immagini erano legate al lancio del nuovo album del rapper, già in vetta alle classifiche di streaming. Vecchioni ha spiegato che le foto devono essere interpretate nel loro contesto simbolico e artistico, enfatizzando il carisma di Baby Gang in concomitanza con l’uscita dell’album “L’angelo del male”. Ha sottolineato anche come il genere musicale della trap, derivato dal rap, faccia uso di espressioni e immagini cruente per rappresentare artisticamente determinate tematiche.
Il profilo Instagram di Baby Gang non è gestito direttamente dal rapper, ma dal suo manager, responsabile della comunicazione e della gestione dei social media. Le immagini incriminate, secondo il legale, sono espressioni artistiche che utilizzano oggetti di scena. La pistola impugnata da Mouhib e i sacchi di marijuana visibili nelle foto erano semplicemente accessori forniti dalla casa di produzione del videoclip per creare un personaggio coerente con il tema dell’album.
L’avvocato ha inoltre sottolineato che le foto pubblicate su Instagram sono state autorizzate dall’autorità giudiziaria, anche durante il periodo degli arresti domiciliari. Baby Gang, come ha spiegato il suo legale, è ormai riconosciuto come un celebre artista musicale, all’apice della sua carriera, con cinque album pubblicati e contratti con le principali case discografiche italiane.
La lettera di Baby Gang alle Iene
Ecco il testo della lettera di Baby Gang a Nicolò De Vitiis delle Iene:
Caro Nic,
ho bisogno di te. Ti scrivo dalla mia cella, immerso nella penombra, circondato da quattro mura fradice, dopo che qualche giorno fa sono stato riportato dentro per qualcosa di cui non riesco a capacitarmi. In cella fa freddo, molto freddo, anche se fuori è maggio. Non ho acqua calda e non dormo da giorni. Mi manca il respiro pure nell’ora d’aria. La prigione è un luogo a cui non ti abitui mai. Qua dentro ogni giorno è uguale ma ogni volta è diversa. Queste stanza sono pervase di umidità e di disperazione. Spesso ti dimentichi persino chi sei e perché ti trovi dove ti trovi. Ma io no. Non dimentico. Per questo ho bisogno di te. Ho bisogno che qualcuno mi aiuti ad accendere una luce su questa storia. Però prima di continuare devo farti una confessione. Sono colpevole.
Colpevole di aver girato un videoclip per il mio nuovo singolo. Colpevole di aver chiesto e ottenuto tutte le autorizzazioni del caso e di averlo girato con un braccialetto elettronico alla caviglia. Colpevole di aver fatto delle foto di scena durante le riprese. Colpevole di aver lasciato gestire i miei account social al mio manager che quelle foto le ha pubblicate. Perché se questo basta per essere sbattuto in galere non posso fare altro che confessare. Confesso la mia sfiducia nella giustizia. Confesso di non capire più un sistema che toglie la libertà per una banalità simile. Confesso di essere incredulo e incazzato. Vedi Nicolò, quando sento dire che il successo rende privilegiati mi viene da sorridere. Nel mio caso la notorietà ha scatenato attenzioni morbose e controlli (anche sui profili social) che non ci sarebbero mai stati nei confronti di una persona qualsiasi. Soprattutto mi sento ingannato, perché prima mi hanno dato l’ok a girare quel video e poi mi hanno messo in carcere per averlo fatto pubblicare. Non lo trovi assurdo? Quale artista realizzerebbe un video musicale senza poterlo condividere con il pubblico?
Tutto perché i giudici non condividono i miei testi e non gli è gradita la mia immagine e dimenticano che io sono un rapper e canto quello che questo genere di musica ha sempre rappresentato. Non ho mai preteso di essere un modello per gli altri e se mi sono trovato ad esserlo non l’ho mai cercato, anche perché nella mia vita ho commesso molti errori. Ma non questa volta. Da giorni convivo con il dubbio che la mia carriera possa essere compromessa ma anche con la certezza che finché avrò voce continuerò a fare quello che faccio. A scrivere quello che sento. Credimi Nico, non è il carcere a farmi paura, sono già stato dentro e so di poter sopravvivere. A spaventarmi è il sistema, è l’idea di essere marchiato a vita, è la sensazione che vogliono impedirmi di splendere.
Io non sono un pericolo per la società, ma ho sempre più paura che questa società sia un pericolo per me. Adesso, però, ho deciso di ribellarmi a tutto questo. Di urlare al mondo le mie ragioni. Ho iniziato uno sciopero della fame. E lo porterò avanti fino a quando non si placherà la mia sete di giustizia. Il prossimo 26 giugno 2024 compirò 23 anni e sono sette anni che “festeggio” il mio compleanno coi miei compagni di detenzione. Spero che questa volta potrò farlo con la mia famiglia. Per favore fai sentire la mia voce al di fuori di queste quattro mura in cui sento sepolto vivo.