Le tecniche di anestesia regionale, o blocchi regionali, dovrebbero essere parte essenziale della pratica moderna dell’anestesia pediatrica. Solo di recente (10-20 anni) l’utilizzo di anestesia regionale risulta più comune, ma spesso solo in istituti di eccellenza. Ne parliamo col Professor Antonio Cassarà.

Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Palermo nel 1984. Specializzato in Malattie dell’Apparato Digerente ed in Medicina Interna all’Università degli Studi di Palermo. Specializzato in Anestesia presso la Temple University, Allegheny General Hospital campus in Pittsburgh nel 2007, ha ultimato una fellowship in Anestesia Pediatrica presso il Children’s Hospital, University of Pittsburgh dove come Assistant Professor è stato membro dell’equipe per i trapianti di organi addominali in età pediatrica e responsabile del servizio di anestesia loco regionale pediatrica per la terapia del dolore post-chirurgico. È attualmente Professore Associato presso il Dipartimento di Anestesia dell’Università di West Virginia, Morgantown, J.W. Ruby Memorial Hospital.

Anestesia regionale, cos’è?

D:  Professor Cassarà cos’è l’anestesia regionale?

R:  E’ una serie di metodiche che attraverso l’infiltrazione di anestetici locali bloccano le terminazioni nervose responsabili della trasmissione del dolore causato dall’intervento chirurgico.  In questo modo la percezione del dolore sarà parzialmente o totalmente bloccata.

Storicamente si riteneva che il neonato richiedesse poca o nessuna analgesia post-operatoria. Si è poi capito che un’inadeguata terapia del dolore durante il decorso post-operatorio poteva invece causare delle modificazioni biocomportamentali e bioumorali che influenzavano risposte alterate a successivi insulti dolorosi (iperalgesia ed inabilità a processare il dolore con un inadeguato meccanismo di coping). In altre parole, i piccoli pazienti sviluppavano una aumentata sensibilità ad eventuali seguenti stimoli dolorifici. Questa aumentata sensibilità si è anche riscontrata nei bambini più grandi quando il dolore non viene controllato in maniera ottimale a causa di una riduzione dei dosaggi di analgesici ed oppiacei, dei protocolli convenzionali, attuata per limitare possibili complicanze come arresto respiratorio, nausea e vomito ecc.

D:  Cosa è stato fatto per ovviare a queste conseguenze?

R:  In risposta a queste scoperte per alcuni anni il controllo del dolore, per particolari interventi chirurgici, ha visto l’utilizzo sempre maggiore dell’ analgesia neurassiale centrale: l’epidurale (largamente utilizzata nel parto indolore).  In questo modo si ottiene un’analgesia soddisfacente con dosaggi di narcotici minimi o nulli.

L’epidurale consiste nella sommistazione di un anestetico locale nello spazio epidurale, a ridosso del midollo spinale dove escono i nervi che vanno a innervare le zone responsabili del dolore post-operatorio, bloccando così la trasmissione dolorosa.

La peridurale non è però una tecnica specifica, e la sua azione si estende su una parte del corpo (spesso la zona sub-addominale) che spesso è molto più vasta dell’area chirurgica che interessa.

Di recente si preferisce eseguire blocchi selettivi andando a neutralizzare la trasmissione dolorifica solo di quelle terminazione nervose periferiche che appunto innervano la zona chirurgica.

Tecniche di anestesia regionale in età pediatrica

D:  Come vengono eseguiti questi blocchi anestetici?

R:  L’anestesista esegue queste tecniche grazie all’ uso di macchine ecografice avanzate, che danno una visione molto nitida dei nervi periferici favorendo risultati molto soddisfacenti. Va comunque ricordato che questa procedura, sepure in una bassissima percentuale dei casi, non è priva di complicanze più o meno gravi come un danno delle terminazioni nervose causato dall’ anestetico locale o dall’ ago, infezioni nella sede dell’infiltrazione, ematomi o iniezione intravascolare.  

L’anestesia regionale ha reso la chirurgia nel paziente pediatrico più agevole per la famiglia ed il paziente. Tuttavia, l’esecutore del blocco deve essere ben preparato, per avere un maggiore successo e per evitare complicanze.

La preparazione professionale dell’anestesista prevede:

  • Conoscenza dell’anatomia ecografica dei nervi e delle strutture circostanti
  • Esercitazione su manichini per il posizionamento dell’ago sotto guida ecografica
  • Esecuzione di blocchi sotto supervisione da parte del responsabile del servizio.
  • Frequentare corsi specifici e di aggiornamento e avere una casistica consistente.
  • Generalmente queste tecniche sono più facilmente eseguibili e con maggiore sicurezza in bambini più grandi per poi iniziare con bambini più piccoli man mano che la destrezza della coordinazione occhio-mano diventi sempre più agile.

D: Ma è importante che i genitori siano a conoscenza se queste tecniche siano offerte nell’ospedale prescelto?

R: Assolutamente!  I vantaggi di un’anestesia regionale nei bambini sono enormi:

  • La migliore analgesia favorisce un decorso post-operatorio più semplice sia per i piccoli pazienti che per i genitori.
  • La quantità di anestetico generale e narcotici durante l’intervento operatorio risulta ridotta, e quindi si ha un risveglio più dolce e un ritorno più precoce della peristalsi intestinale e dell’appetito.
  • I dosaggi di narcotici nel periodo post-operatorio saranno inferiori, con meno complicanze indotte come nausea/vomito, eccessiva sonnolenza, arresto respiratorio.
  • Il paziente senza dolore o con un dolore tollerabile potrà essere dimesso molto prima.

D: Queste tecniche sono le stesse utilizzate anche negli adulti?

R: Ci sono delle differenze anatomiche e fisiologiche del paziente pediatrico rispetto all’adulto.

Il processo di mielenizzazione del nervo periferico (ovvero la formazione della guaina che ricopre il nervo) è incompleto alla nascita e può impiegare fino a 12 anni per essere completo, di conseguenze concentrazioni più basse di anestetico locale devono essere impiegate, per ridurre il rischio di tossicità. Nei bambini, inoltre, il campo di recettività del nervo che porta le sensazioni dolorifiche è più ampio e questo crea una scarsa abilità a localizzare il dolore. Infine, l’incompleta funzionalità del fegato nei primi 6 mesi di vita rallenta la metabolizzazione dell’anestetico locale contribuendo al rischio di tossicità sistemica.

D: Ma non è problematico effettuare un blocco in un bambino?

R: Recenti studi prospetici eseguiti dalle Società Francese e Italiana di Anestesia Regionale Pediatrica hanno concluso che nei pazienti oltre i sei mesi di vita, non esiste un aumento del rischio di complicanze quando i blocchi vengono eseguiti sotto anestesia generale

Il blocco va eseguito con il paziente in anestesia generale oppure con una sedazione profonda. Questo si fa sia perché il paziente pediatrico non è in grado di collaborare (stare fermo per l’esecuzione del blocco) sia per non creare un aumentato stato di ansia e paura. Il blocco si esegue iniettando con un ago specifico (ad alta visibilità nell’immagine ecografico) un certo volume di anestetico locale (Ropivacaine o Levo-bupivacaina). La dose è più bassa rispetto all’adulto e si calcola in milligrammi per kilogrammo. Il nervo va localizzato con ecografia, e sotto visualizzazione diretta si deposita il volume calcolato di anestetico locale intorno al nervo nel piano muscolare dove passa il nervo. L’utilizzo dell’ecografia permette di minimizzare complicanze come il danneggiamento del nervo (trauma diretto), iniezione intravascolare (tossicità sistemica), e iniezione intra neurale. La durata di un blocco, per iniezione singola, può durare dalle 6-8 ore mentre, se si aggiunge un adiuvante nella soluzione, può durare fino a 12-14 ore. In alternativa si può usare un catetere ad infusione continua che può stare in loco fino a 36-48 ore per chirurgie che richiedono un maggiore controllo del dolore.

Se il bambino è più grande di 10-11 anni in base alla maturità del paziente è bene avere anche il suo assenso, e in caso contrario, avere un piano alternativo per il trattamento del dolore, solitamente un’analgesia a base di narcotici endovenosa multimodale.

Il consenso informato

D: Ci parla del consenso informato?

R: Qualunque siala metodica utilizzata, anestesia generale +/- blocco regionale, è fondamentale spiegare a paziente e genitori le possibili complicazioni, effetti collaterali, benefici. Nel caso di blocchi, per limitare o evitare ulteriore ansia nei genitori e nel paziente, andrà descritta in maniera semplice e comprensibile, soprattutto per il bambino, cosa faremo, la possibile sensazione di parestesia che potrà avvertire nella zona trattata, ricordare che i muscoli degli arti inferiori e superiori potranno risultare indeboliti temporaneamente e di conseguenza raccomandare riposo assoluto e richiedere assistenza qualora si abbia la necessità di alzarsi o fare altre attività fisiche.

Q: Professore, quali sono le sue raccomandazioni per i genitori?

E’ importante, come sempre in medicina, che il medico sia esperto nelle tecniche specifiche e che le metodiche vengano utilizzate in strutture qualificate. 

Tutti gli approfondimenti della rubrica “Non solo trentatré”, curata dai Prof. Claudio Loffreda-Mancinelli e Enrico Ferri.