Si accendono i riflettori sul mondo del doppiaggio, da tanti amato, da altri criticato ma, forse, non abbastanza conosciuto da chi non è interno al settore. Nessuno può descriverci meglio degli addetti ai lavori i retroscena di questo mondo magico, che ha colorato la visione dei nostri film e delle nostre serie tv preferite per decenni.

A riaprire consueti dibattiti riguardo l’arte del doppiaggio e la recitazione sul set, negli ultimi giorni, è stato il recente intervento dell’attore Elio Germano ai microfoni di CiakClub. Nel corso della discussione, l’artista ha lanciato una chiara dichiarazione, sostenendo che all’estero la pratica del doppiaggio è vista “come assurda. “

A loro sembra assurdo che noi abbiamo le voci per tutti gli altri. Per tutto il resto del mondo è assurdo il doppiaggio.”

Ha affermato l’attore. 

E ancora:

“In tutto il mondo dell’est il doppiaggio è una voce unica, il voice over, quello che noi abbiamo nei documentari, sopra l’audio originale.”

Quindi, il doppiaggio è una peculiarità Italiana? A toglierci ogni dubbio è Georgia Lepore, doppiatrice e vicepresidente dell’ANAD (Associazione Nazionale Attori Attrici Doppiatori Doppiatrici) che ha rilasciato un’intervista esclusiva a Tag24.it.

Elio Germano è contro il doppiaggio? Georgia Lepore: “Ha detto delle inesattezze”

La vicepresidente Anad ci ha così chiarito che il doppiaggio non è prerogativa esclusiva dell’Italia, contrariamente a quanto credono diverse persone. Lei stessa  è coinvolta nella United Voice Artists, che comprende associazioni di doppiaggio di diversi paesi del mondo, a dimostrazione del fatto che è una pratica diffusa a livello internazionale.

D: Da poco sono uscite delle dichiarazioni di Elio Germano che hanno scosso il mondo della recitazione e del doppiaggio. Diversi doppiatori hanno commentato la vicenda o la sua opinione sulla recitazione. Come commenti le sue dichiarazioni?

R: Mi dispiace che abbia detto, anche con una certa convinzione, delle inesattezze sul doppiaggio, dal momento che non è vero che nel resto del mondo non si doppia e che si fa solo in Italia, come non è vero che nei paesi dell’est c’è una voce che legge tutti i ruoli, perché questo accade solo in Russia.

ANAD (Associazione Nazionale Attori Doppiatori) di cui sono vicepresidente, è membro fondatore, insieme alle associazioni di doppiaggio di Spagna, Francia, Germania e Stati Uniti, di una “federazione globale” chiamata UVA, cioè United Voice Artists che comprende molti altri paesi tra cui Turchia, Cile, Polonia -a proposito dei paesi dell’est!- Taiwan, Brasile, Australia, Olanda. Ci sono anche dei paesi del Sud Africa, Nigeria e Benin. E ha fatto richiesta per entrare anche l’India, per esempio. Quindi direi che non è vero che non si doppia nel mondo, anzi! Siamo in contatto con le realtà nostre omologhe nel  mondo ogni giorno: in questo momento ci stiamo occupando tutti insieme della questione intelligenza artificiale in relazione alle cessioni di diritti che firmiamo, per esempio.

La realtà è che si doppia moltissimo: basta controllare su Netflix e guardare le opzioni di lingua in cui è possibile sentire il doppiaggio, c’è lo Swahili, c’è lo Svedese. Sono stati aperti anche studi di doppiaggio in Finlandia, tanto per dirne una.

Noi italiani “affezionati” al doppiaggio, Lepore: “Da dopo la pandemia si doppia tantissimo”

L’origine del doppiaggio in Italia risale agli anni della guerra e del dopoguerra, quando c’era una preferenza nazionalista per ascoltare i film nella propria lingua. Eppure, da molti è considerata un’usanza ormai tipica della nostra “tradizione” e poco diffusa all’estero.

D: In una puntata di Che Tempo Che Fa, Fabio Fazio dice a Zendaya che noi italiani abbiamo una grande tradizione di doppiaggio e che siamo molto più abituati a vedere film doppiati rispetto agli altri paesi. E’ vero che c’è una tradizione importante legata al doppiaggio italiano?

R: Il doppiaggio in Italia è nato negli anni ‘30  “importato” dagli Stati Uniti e poi mantenuto perché non era considerato abbastanza “nazionalista” ascoltare i film in un’altra lingua; venivano addirittura italianizzati i nomi. Per esempio, nel film “Donne” di George Cukor, il protagonista maschile si chiama Stephen, eppure il suo nome venne cambiato in Stefano nella versione italiana. Mi ha sempre fatto un po’ ridere: “Stefano” che abita a New York. 

Il doppiaggio è anche un modo di rendere più fruibile i film, perché non tutti parlano perfettamente l’inglese o il francese o il tedesco o il koreano. E non tutti hanno voglia di vedere un film con i sottotitoli, perché vuol dire trascorrere più tempo a leggere i sottotitoli che a guardare il film.

In paesi come la Spagna e la Francia e negli ultimi vent’anni, anche in Germania il doppiaggio è molto diffuso, ma c’è stato un vero e proprio boom mondiale a partire dalla fine della pandemia. Durante il lockdown, la visione di film e serie tv nelle piattaforme è molto cresciuta, insieme al desiderio di vedere prodotti nella propria lingua.  

Da quel momento tutti si sono dedicati al doppiaggio. Persino gli americani, che probabilmente dopo aver esaurito tutto ciò che potevano vedere nella loro lingua hanno cominciato a vedere prodotti di altri paesi  e hanno trovato frustrante doversi limitare alla lettura dei sottotitoli. 

Naturalmente, la preferenza circa la visione di film doppiati o no è assolutamente soggettiva: ognuno fa quello che vuole, c’è la possibilità di scegliere. Ma, se non vengono date differenti opzioni, la scelta non c’è. L’opzione del doppiaggio in italiano c’è: se la vuoi usare, la usi; se non la vuoi usare, ben venga.

Io stessa spesso vedo dei prodotti in originale perché ho un amore particolare per gli attori inglesi, ma in ultima analisi, rimane una scelta.

Film doppiati e in originale, c’è libera scelta?

Nonostante sia per molti ovvio che l’importante è essere liberi di scegliere la lingua in cui vedere un film in base al proprio gusto e alle esigenze, per alcuni non è poi così scontato che siano distribuiti equamente al cinema film in italiano e in originale. Siamo realmente liberi di vedere ciò che vogliamo?

D: Queste affermazioni sulle opzioni di libera scelta sono condivise anche dal presidente dell’Anad, Daniele Giuliani, eppure, non mancano delle critiche, dal momento che  in Italia c’è una prevalenza notevole, rispetto ad altri paesi di film doppiati al cinema. In molti pensano che non sia scontato che i cinema permettano di visionare dei film in lingua originale…

R: Questo forse accade nelle città un po’ più piccole. A Roma ci sono molti circuiti che permettono di vedere lo stesso film sia in italiano che in versione originale. Mi viene in mente il Giulio Cesare, ma anche il Greenwich o il Quattro Fontane. Però ritengo che questa domanda andrebbe posta agli esercenti.

Ad ogni modo, i film escono al cinema e dopo poco meno di un mese sono già sulle piattaforme dove c’è la possibilità di vederlo in differenti lingue.

I ritmi veloci peggiorano la qualità del doppiaggio?

E’ bene anche soffermarsi sul tema del valore del doppiaggio, sottolineando che, sebbene ci siano esempi di doppiaggi di bassa qualità, esistono anche lavori di grande pregio artistico. Rispondendo alle critiche riguardanti i tempi stretti nel doppiaggio contemporaneo, Lepore sottolinea che il recente rinnovo del contratto collettivo nazionale mira a garantire un equilibrio tra qualità e tempi di produzione.

D: Dal punto di vista artistico, invece, quali sono i tempi che si impiegano per interpretare il personaggio di un film importante? E’ stato detto, infatti, che il mondo del doppiaggio non sia più quello di un tempo, poiché bisogna dedicarsi ad ogni prodotto con velocità, con il rischio di smarrire parte della qualità dell’originale.

R: Non credo che si perda: esistono brutti doppiaggi, ma anche doppiaggi molto belli: questo vale anche per i quadri, per le canzoni e per qualunque creazione artistica. Peraltro, il giudizio sulla bellezza rimane subordinato anche al gusto personale. Per esempio, io trovo che Elio Germano sia un attore straordinario, ma, magari, a qualcun altro non piace.

Per quanto riguarda i tempi, tuttavia, è vero che si sono accelerati semplicemente perché oggi è aumentata la mole di lavoro dal momento che le piattaforme producono e distribuiscono i loro prodotti in quasi tutti i paesi a un ritmo molto sostenuto, per quanto lo sciopero degli attori in America abbia rallentato le uscite dei film e delle serie nuove o in arrivo con le nuove stagioni.

Dal canto nostro comunque, ci siamo battuti fortemente affinché il rinnovo del contratto collettivo nazionale privilegiasse la qualità, aumentando il  tempo impiegato nella lavorazione di un prodotto

Cantanti e conduttori doppiatori, è giusto? Lepore: “E’ marketing”

L’intervista con Georgia Lepore è stata anche spunto di riflessione sul tema dei vip, non esperti della disciplina, che negli ultimi tempi hanno dato voce a nuovi personaggi del cinema. Tra i più recenti, non dimentichiamo il cantante Mahmood nel ruolo del granchio Sebastian nel live-action Disney “La Sirenetta” e il conduttore Stefano De Martino in quello del protagonista del film Pixar “Elemental.”
Più che il risultato effettivo delle performance, alcuni utenti online hanno criticato aspramente la scelta di non dare spazio ad esperti del settore, “favorendo” altri volti noti in tv, famosi per altre discipline.

D: Ci daresti un’opinione sui cantanti famosi che vengono scelti per fare da doppiatori all’interno di alcuni film? 

R: Io penso che siano scelte di marketing che hanno poco a che vedere con il doppiaggio, anche se alcuni di loro hanno ottenuto dei risultati interessanti. 

D: Molti di loro hanno dato tanto merito al direttore di doppiaggio.R: Se ben guidati da un bravo direttore, come per esempio Marco Guadagno, Massimiliano Manfredi o Fiamma Izzo, il risultato può andare oltre le aspettative. Però, non voglio pronunciarmi sulla scelta di influencer, sportivi o cantanti: sono scelte dovute a evidenti strategie di marketing, scelte che non sono state fatte dai direttori di doppiaggio ai quali invece spesso si attribuisce la “colpa”. In questi casi, il direttore cerca  di tirare fuori il meglio da qualcuno che è un professionista bravissimo e conosciuto nel suo campo (ed è il motivo della scelta di marketing) ma che molto spesso non ha esperienza nel nostro. È “inesperto”. Credo si debba fare attenzione alle parole che si usano; dire che non è “bravo” non è corretto, la verità è che non ha l’esperienza necessaria per risultare “bravo” in quello che è stato messo a fare. Se all’improvviso mettessero me nella squadra di nuoto sincronizzato alle Olimpiadi, la farei perdere. Rendo l’idea?

Il tema è stato approfondito, dal punto di vista artistico, anche con la doppiatrice Domitilla D’Amico.