È bastato un semplice commento, abbastanza neutro all’apparenza, per scatenare un vero e proprio duello tra Brad Garlinghouse, CEO di Ripple, e il suo omonimo di Tether, Paolo Ardoino. Un duello il quale sembra prefigurare quello ormai prossimo tra le due aziende. Reso molto probabile dalla decisione di Ripple di dare vita ad una sua stablecoin. Per la quale occorre iniziare ad aprire la strada, presso l’opinione pubblica. Quale modo migliore di un campagna promozionale a costo zero, come quella che deriva dalla contrapposizione di queste ore tra Garlinghouse e Ardoino?
Stablecoin: le parole di Garlinghouse non suonano gradite a Ardoino
Cosa ha detto di così sconvolgente il CEO di Ripple, Brad Garlinghouse? La dichiarazione incriminata è la seguente: “Il governo degli Stati Uniti sta dando la caccia a Tether, questo mi è chiaro. Considero Tether una parte molto importante dell’ecosistema.”
Parole all’apparenza non solo neutre, ma di appoggio nella discussione in atto tra il governo federale e l’azienda che emette la stablecoin più grande, USDT. In tal modo, però, non sono state interpretate da Paolo Ardoino, il numero uno di Tether.
Garlinghouse ha espresso il suo parere nel corso di un episodio del World Class Podcast. Per poi aggiungere che potrebbe verificarsi un altro evento di cigno nero legato alle criptovalute, simile al crollo di FTX. Forse proprio questa è la parte del discorso che è andata di traverso a Ardoino, il quale non si è fatto pregare per replicare.
La risposta del numero uno di Tether
Paolo Ardoino ha infatti risposto a stretto giro di posta, indicando come infondati e allarmistici i commenti di Garlinghouse. Espressi, secondo lui, da un “CEO disinformato” la cui società è peraltro anch’essa impegnata in una battaglia legale di alto profilo con la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti.
Il CEO di Tether ha poi affermato che USDT si è giustamente guadagnata la posizione di stablecoin leader nel mercato grazie alla sua comprovata esperienza, al sostegno di custodi fidati e a rigorose misure di conformità. Un novero in cui vanno inclusi il rispetto degli elenchi di sanzioni OFAC, il monitoraggio dell’attività blockchain e la collaborazione con le forze dell’ordine e le agenzie statali tesa ad affrontare e combattere la criminalità.
Sempre secondo Ardoino, la collaborazione di Tether con le forze dell’ordine oltre confine ha dato sinora frutti copiosi. In particolare ha condotto al blocco di 1,3 miliardi di dollari in criptovalute illecite e di circa 339 portafogli legati ad attività finanziarie illegali. Il CEO di Tether ha poi concluso affermando che, a differenza di altri emittenti di stablecoin, l’azienda sta collaborando fattivamente con i regolatori.
Un duello da ricondurre al prossimo debutto della stablecoin di Ripple?
Per molti osservatori non è stato complicato fare due più due, ricordando che Ripple prevede di lanciare una stablecoin in dollari USA nel 2024. Il chief technology officer della società ha infatti dichiarato che il token sarà garantito con depositi in dollari, buoni del Tesoro governativi a breve termine e altri equivalenti in contanti.
Un debutto molto atteso e che con ogni probabilità Garlinghouse ha deciso di sostenere con una campagna pubblicitaria a costo zero. Come quella che sta derivando dalle sue parole in queste ore, che stanno rimbalzando nelle cronache dei media finanziari.
Se questo era l’intento del CEO di Ripple, Ardoino non sembra però essersene accorto. Rispondendo a quella che è stata vista come una provocazione ha semplicemente portato sotto l’occhio dell’opinione pubblica l’ormai prossimo debutto della stablecoin di Ripple. Permettendo quindi a Garlinghouse di conseguire agevolmente il suo vero obiettivo. Forse neanche quest’ultimo si attendeva un risultato così facile. La cosa realmente difficile, però, deve ancora arrivare, ovvero la competizione sul mercato con USDT. Che potrebbe essere un boccone difficile da digerire anche per Ripple.