Nel corso dell’odierna udienza del processo che la vedeva imputata per omicidio – al termine della quale è stata condannata dai giudici all’ergastolo -, è stata definita una “donna lussuriosa”: ecco chi è davvero Alessia Pifferi, la madre di Milano che nel luglio del 2022 lasciò morire di stenti la figlia Diana, di appena 18 mesi, abbandonandola sola in casa.

Chi è Alessia Pifferi? Nel 2022 lasciò morire di stenti la figlia Diana

Il pm Francesco De Tommasi, che aveva chiesto ai giudici di condannarla all’ergastolo, ha parlato di lei come di “un’attrice”. Secondo l’avvocato Alessia Pontenani, che rappresenta la difesa, la donna sarebbe, invece, una vittima.

Alessia Pifferi, di 38, originaria di Crotone, è finita a processo a Milano – dove viveva fino al momento dell’arresto – per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di 18 mesi. I fatti risalgono al luglio del 2022. Per trascorrere del tempo insieme al nuovo compagno, la donna abbandonò la piccola su un lettino da campeggio all’interno della sua abitazione di via Parea.

Sei giorni dopo, quando tornò a casa, la trovò senza vita, dando l’allarme. “Non ho mai pensato che potesse accadere una cosa così orribile a mia figlia”, ha dichiarato in aula nel corso del processo a suo carico, sostenendo che se fosse stata curata non sarebbe arrivata a lasciare da sola Diana (come aveva già fatto altre volte, pensando che con un solo biberon di latte potesse sopravvivere).

C’è chi pensa che stia mentendo per cercare di ottenere dei benefici, dal momento che la perizia psichiatrica a cui è stata sottoposta in carcere l’ha giudicata “totalmente capace di intendere e di volere”. Altri, come la sua legale, sono invece convinti che Pifferi abbia davvero dei problemi e che abbia fatto ciò che ha fatto “inconsciamente”.

I presunti deficit cognitivi della 38enne

Le due psicologhe del San Vittore che la visitarono arrivando alla conclusione che fosse affetta da un “grave ritardo mentale” sono finite sotto inchiesta per falso e favoreggiamento: secondo il pm falsificarono gli esiti dei test psicodiagnostici che somministrarono alla 38enne, scavando nel suo passato con l’obiettivo di determinare un profilo psicologico che avrebbe potuto in qualche modo spiegare il delitto di cui si è macchiata (quando avrebbero dovuto solo capire se la donna potesse essere reclusa).

Sotto inchiesta è finita anche l’avvocata Pontenani, che oggi, 13 maggio, nel corso della sua arringa, è tornata a parlare delle presunte turbe psichiche di Pifferi, sostenendo che sia cresciuta “nell’abbandono e nell’incuria”. “È attaccata a me perché le sto dando l’affetto che non ha mai avuto”, ha spiegato, rivolgendo delle accuse indirette ai familiari della donna, in particolare la madre e la sorella, che secondo il legale non avrebbero dovuto permettere alla 38enne di badare da sola alla figlia.

L’avvocato di parte civile, Emanuele Di Mitri, si è detto totalmente contrario a tale ricostruzione: secondo lui Pifferi era totalmente consapevole di ciò che stava facendo quando lasciò a casa la figlia, cioè la uccise volontariamente. Il motivo? Forse la avvertiva come un peso. Diana era nata da una relazione che la donna aveva avuto, dopo il divorzio dal marito, con un piccolo imprenditore di Ponte Lambro.

Stando a quanto emerso nel corso delle indagini, non era mai stata visitata da un pediatra del sistema sanitario (e vaccinata), né era mai andata all’asilo nido. Era una bimba “fantasma”, insomma. Pifferi addirittura l’avrebbe partorita in bagno: ha sempre dichiarato di aver scoperto all’ultimo che fosse incinta, spiegando però di aver amato la piccola con tutto il suo cuore. Qualcuno le crede; altri ritengono che abbia detto solo “bugie”.