La sentenza della Corte di Cassazione n. 3939/2022, emessa l’8 febbraio 2022, riguarda una complessa disputa tra proprietari confinanti relativa alle distanze legali tra edifici. Il caso ha coinvolto il ricorrente, proprietario di un immobile, e i suoi vicini, proprietari di un immobile confinante. Al centro della controversia c’era la costruzione di un muro di contenimento e di una ringhiera, entrambi ritenuti dal ricorrente in violazione delle distanze legali previste dagli articoli 873 e 905 del codice civile. Qual è la normativa di riferimento in merito alle distanze legali tra proprietà e come si definiscono usucapione e servitù secondo le nuove sentenze della Corte di Cassazione.
Usucapione e servitù: oggetto e protagonisti del ricorso
Il ricorrente ha inizialmente chiesto al Tribunale di Savona di ordinare alle convenute l’arretramento del muro di contenimento per rispettare la distanza prevista dall’articolo 873 del codice civile. Inoltre, ha richiesto la rimozione della ringhiera, in quanto costituiva una veduta sul fondo di sua proprietà in violazione dell’articolo 905 del codice civile. Infine, ha chiesto il risarcimento dei danni subiti.
Le convenute hanno sostenuto di aver acquisito il diritto di mantenere il muro nella sua posizione attuale per destinazione del padre di famiglia, argomentando che il muro era stato costruito dalla società originaria proprietaria di entrambi i fondi. Hanno quindi chiesto il rigetto delle richieste del ricorrente.
Il Tribunale di Savona, con sentenza n. 862 del 5 ottobre 2012, ha rigettato la domanda di arretramento del muro di contenimento, ma ha accolto la richiesta di eliminazione della veduta, respingendo la domanda di risarcimento danni. Il ricorrente ha quindi presentato appello.
La sentenza della Corte d’Appello di Genova
La Corte d’Appello di Genova, con sentenza n. 321/2016, ha rigettato sia l’appello principale del ricorrente sia l’appello incidentale delle convenute. La corte ha sottolineato che le distanze ex articolo 873 del codice civile possono essere derogate mediante convenzione o per acquisizione di servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia. Inoltre, ha dichiarato che l’attore aveva tardivamente menzionato l’applicabilità del regolamento di igiene del Comune di Albissola, per cui il tribunale non era obbligato ad acquisirlo e applicarlo d’ufficio.
Il ricorso in Cassazione
Il ricorrente ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto derogabili le distanze previste dall’articolo 873 del codice civile. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha confermato che è possibile acquisire per usucapione una servitù che consente il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella prescritta, sia dal codice civile che dai regolamenti locali.
Il secondo motivo di ricorso riguardava la presunta nullità della pronuncia d’appello per mancata considerazione del regolamento di igiene del Comune di Albissola. Il ricorrente ha sostenuto che tale regolamento, essendo una norma giuridica, doveva essere conosciuta e applicata d’ufficio dal giudice. La Corte di Cassazione ha respinto anche questo motivo, ritenendo che il regolamento non fosse stato adeguatamente allegato nei tempi previsti e quindi non potesse essere considerato.
Pertanto, La sentenza della Corte di Cassazione n. 3939/2022 ha importanti implicazioni per il diritto edilizio e urbanistico italiano, in particolare per quanto riguarda le distanze legali tra edifici. Essa conferma la possibilità di acquisire per usucapione una servitù che permette di mantenere una costruzione a una distanza inferiore a quella prescritta, purché si tratti di una servitù apparente. Inoltre, chiarisce che i regolamenti locali, seppur contenenti norme inderogabili, devono essere adeguatamente allegati nel processo per essere considerati dal giudice.
Acquisire servitù tramite usucapione: l’ok della Cassazione
In sede di disamina del primo motivo di ricorso, la Corte ha stabilito che è possibile acquisire una servitù tramite usucapione o destinazione del padre di famiglia. Questo è applicabile anche quando la costruzione in questione si trova a una distanza inferiore a quella prevista sia dal codice civile che dai regolamenti urbanistici locali. Tale posizione è stata ribadita nonostante il regolamento d’igiene del Comune di Albissola fosse stato considerato irrilevante nel caso specifico. La Corte ha inoltre sottolineato che le deroghe alle distanze stabilite sono legittime anche se contrarie ai regolamenti locali, purché tali deroghe rispettino principi consolidati di giurisprudenza.
La Corte di Cassazione ha affermato che i regolamenti edilizi comunali e i piani regolatori integrano le norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni. In base agli articoli 872 e 873 del codice civile, il giudice deve applicare le norme locali indipendentemente dalle prove fornite dalle parti. Il giudice può acquisire tali informazioni attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o richiedendo informazioni ai comuni. Tuttavia, la Corte ha precisato che la motivazione della sentenza impugnata può essere corretta solo in diritto, senza necessità di ulteriori indagini o valutazioni di fatto.
Il danno da servitù di veduta
Il terzo motivo di ricorso ha sollevato la questione del danno derivante dall’imposizione illegittima di una servitù di veduta. La Corte ha ritenuto fondato questo motivo, evidenziando che il danno è “in re ipsa”, cioè sussiste per il solo fatto dell’asservimento. Questo tipo di danno è liquidabile in via equitativa, seguendo l’articolo 1226 del codice civile. La lesione del diritto di proprietà, conseguente all’uso abusivo di una servitù di veduta, produce un danno che non necessita di specifica attività probatoria per essere accertato.
Nullità della sentenza per motivazione apparente
Il quarto motivo di ricorso ha denunciato la nullità della sentenza per motivazione apparente. Il ricorrente ha contestato che il tribunale non ha considerato la relazione del consulente tecnico d’ufficio (CTU) del precedente giudizio, né ha disposto una nuova CTU per dimostrare il danno derivante dall’umidità causata dal muro di contenimento. La Corte ha respinto il motivo, chiarendo che il vizio di motivazione apparente si verifica solo quando il giudice non esplicita chiaramente il percorso argomentativo seguito. Nel caso specifico, la Corte di Genova ha fornito una motivazione adeguata, evidenziando la mancanza di prove da parte del ricorrente.
Valutazione della Consulenza Tecnica d’Ufficio
Il quinto motivo di ricorso ha sollevato la questione della valutazione della CTU e della relativa integrazione, nonché della mancata disposizione di una nuova CTU. La Corte ha ribadito che la consulenza tecnica d’ufficio è un mezzo istruttorio che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Il giudice può decidere se disporre la nomina di un ausiliario giudiziario e la motivazione del diniego può essere implicitamente desunta dal contesto generale delle argomentazioni svolte.
Conclusioni
In accoglimento del terzo motivo di ricorso, la sentenza della Corte d’Appello di Genova è stata cassata e rinviata alla stessa corte in diversa composizione per una nuova valutazione, anche in merito alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. La Corte ha rigettato il primo, secondo, quarto e quinto motivo di ricorso. In conclusione, non vi sono stati i presupposti per il pagamento di un ulteriore contributo unificato.