C’è da fare una premessa: quando c’è da sbeffeggiare qualcuno, il Governatore della Campania Vincenzo De Luca ricorre a un repertorio pressocché illimitato. Negli anni, paradossalmente, è sempre Maurizio Crozza, il comico che lo imita in tv, a doverlo inseguire: De Luca è un vero asso da questo punto di vista, tanto da far diventare i suoi epiteti il suo marchio di fabbrica. Ma perché dare del ‘Pippo Baudo’ a don Patriciello dovrebbe essere considerata la nuova frontiera dell’insulto politico? Cosa ha voluto intendere Vincenzo De Luca dando al sacerdote del ‘Pippo Baudo’? Quando si studierà il deluchese, la lingua che utilizza il presidente della giunta campana (magari come è stato già fatto con quella di Ciriaco De Mita: fu la tesi di laurea di Pina Picierno, vicepresidente del parlamento europeo uscente), si potrà dedicare un intero capitolo su questo.
Perchè dare del ‘Pippo Baudo’ come ha fatto De Luca rivolgendosi a don Patriciello dovrebbe essere un’offesa?
Da ieri non si parla d’altro: il Governatore della Campania ha dato del ‘Pippo Baudo’ a don Patriciello, il parroco di Caivano finito sotto scorta per le sue denunce contro la camorra del famigerato Parco Verde, e anche la premier Meloni si è sentita in dovere di esprimere la sua solidarietà al sacerdote. Ma perché De Luca, pensando di offenderlo, ha citato Pippo Baudo? Essere un “pippo”, in napoletano, può alludere a essere una ‘pippa’, vale a dire una persona di poco valore. Sta di fatto che, per gli amanti del genere, è curioso notare come il neologismo fu ufficializzato in diretta tv dal mitico Massimo Troisi proprio al cospetto del presentatore.
Quando Massimo Troisi diede del ‘Pippo’ a Pippo Baudo in diretta tv (e sdoganò un neologismo)
Correva il 1990. Nelle sale era appena uscito Il viaggio di Capitan Fracassa di Ettore Scola con Massimo Troisi protagonista. E Pippo Baudo, che all’epoca conduceva Domenica In, invitò in trasmissione l’attore napoletano. Ora: le interviste di Troisi in tv sono passate alla storia perché si sapeva come iniziavano, ma mai dove finissero, dove andavano a parare toccando ogni genere di argomento. Così, nel corso di quella lontana domenica pomeriggio, l’attore napoletano, a un certo punto, si rivolse a Baudo così:
“Pippo! Ti vergogni se ti chiamo Pippo? No? E fai bene! Devi andarne fiero, devi andare a testa alta dicendo: Sì, sono un Pippo Baudo. E allora?! Perché la gente deve parlare male di Pippo Baudo?!”
In pratica, Troisi diede della ‘Pippa’ all’uomo di spettacolo che ha segnato un’epoca in Italia, tant’è che detiene ancora il record di presentazioni del Festival di Sanremo (l’ha condotto 13 volte, altro che Amadeus). Ma soprattutto all’uomo che, volente o nolente, ha prestato in lunghi decenni il suo volto alla Democrazia Cristiana, il partito-nazione, il partito del potere per eccellenza della Prima Repubblica. A suo modo, quindi, dare del ‘Pippo’ a Pippo Baudo significava, nell’epoca in cui in Rai vigeva una censura lottizzatissima, dare della pippa alla classe politica all’epoca dominante. E tant’è: De Luca, evidentemente, se n’è ricordato associando la figura di don Patriciello all’attuale Governo. Il parroco di Caivano, dopo le ultime notizie di cronaca che hanno scosso il suo quartiere, si è dimostrato particolarmente vicino all’esecutivo di Giorgia Meloni. E quest’ultima ha fatto di Caivano e del Parco Verde una sorta di laboratorio di rigenerazione urbana che dovrebbe fare da modello nel resto d’Italia. Per questo il ‘Pippo Baudo di Napoli Nord’ affibbiato da De Luca al sacerdote: i suoi riferimenti politici non sono certo quelli del Governatore campano. Nè tantomeno lui stesso.
Ma Pippo Baudo, politicamente, da che parte stava?
Pippo Baudo, che tra meno di un mese compirà 88 anni, è stato per decenni il volto di RaiUno, il canale democristiano per eccellenza. E lui non ha mai fatto nulla per smentirlo: nel 2001, assieme alla moglie, la soprano Katia Ricciarelli, tentò anche l’avventura politica in prima persona con ‘Democrazia Europea’ dell’ex segretario della Cisl Sergio D’Antoni, ma gli andò male. Nel 2013, invece, intervenendo alla presentazione del libro di Giuliano Ramazzina “Muoia Sansone con tutti i Dorotei – L’Italia degli irrottamabili”, lo showman ebbe a dire:
“Il doroteimo fa parte del carattere degli italiani, ma conteneva anche valori positivi come il concetto base di associazionismo che faceva sentire la cosa pubblica veramente una cosa di tutti. Non come oggi che, con le liste bloccate, non sai mai che voti. Questo bisogna recuperare del doroteimo, la vera rappresentatività”.
Ecco: Pippo Baudo si sentiva, o rappresentava suo malgrado, il doroteismo: la corrente politica che rappresentava il centro del centro della Democrazia Cristiana, ma che nel linguaggio comune italiano è diventata una sorta di categoria dell’anima che travalica, evidentemente, la politica politicante volendo significare sic et simpliciter ‘sto col più forte’. Don Patriciello, in tal senso, ha scelto la Meloni. E De Luca, vedendosi scavalcato, non lo può sopportare. Ma altro che pippa.