Maternità e gender gap nel mondo del lavoro sono temi molto attuali oggi. Le donne sono ancora vittima di disparità di genere? “Donne, parità genitoriale, lavoro e gender gap” è uno studio realizzato dall’Università Niccolò Cusano, in occasione dell’avvicinarsi della Festa della Mamma, il prossimo 12 maggio 2024.

Un focus sulla “motherhood penalty” e la sua provenienza. L’università degli Studi Niccolò Cusano ha analizzato le radici del fenomeno secondo il quale ancora si assiste a differenze di trattamento nella retribuzione delle donne che diventano mamme in Italia.

Maternità e gender gap nel mondo del lavoro: le donne sono ancora vittima di disparità di trattamento?

L’Università degli Studi Niccolò Cusano ha realizzato un approfondimento sulle donne che diventano mamme e le disparità di cui sono vittime nel mondo del lavoro. Una questione, quella del gender gap, che in Italia non si risolverà almeno per altri 135 anni.

Lo studio ha analizzato le disparità di genere presenti nel mondo professionale e l’impatto che la maternità ha sulla vita lavorativa delle mamme e delle neomamme. Da dove parte questo fenomeno? Quali sono le sue radici? Ecco tutti i dati e le informazioni utili per capire cosa di nasconde dietro la disparità di genere.

L’approfondimento realizzato dall’ateneo ha portato alla luce le evidenti disparità salariali e le conseguenze che vanno ad incidere sull’economia e l’indipendenza finanziaria delle donne, soprattutto nel lungo termine. Si parla di “gender pay gap”, cioè la differenza nella retribuzione tra uomini e donne.

Per questo motivo le donne lavorano gratis fino all’11 febbraio di ogni anno, secondo quanto esaminato nello studio. Un’anomalia retributiva non indifferente e radicata profondamente nella cultura e nella società del Paese. Dall’approfondimento è emerso che:

“A 18 anni una donna guadagna in media €415 al mese, rispetto ai €557 degli uomini. La disparità cresce con l’età e l’esperienza, portando ad una differenza del 43% nella retribuzione complessiva tra uomini e donne in Italia”.

Nell’analisi è poi saltato all’occhio che la maternità peggiora ulteriormente le condizioni economiche nel mondo del lavoro per le donne:

“E ‘ la maternità ad aggravare ulteriormente questa disparità. Sono le madri, infatti, a veder diminuire il proprio stipendio fino al 35% dopo 24 mesi dalla nascita del primo figlio, soprattutto se questa è avvenuta prima dei 30 anni e in mancanza di un contratto a tempo indeterminato al momento del parto. Numeri che aumentano all’aumentare dell’età dei figli: 15 anni dopo aver ascoltato il primo vagito, una madre lavoratrice assiste ad un tracollo del proprio salario lordo del 53%”.

Che cos’è la “motherhood penalty”? I dati dello studio

Secondo i dati raccolti nello studio realizzato dall’Università degli Studi Niccolò Cusano, la maternità è una condizione che andrebbe a peggiorare la disparità economica tra donne e uomini nel mondo del lavoro. Questo fenomeno assume il nome di “motherhood penalty”.

Si tratta di una fattispecie che contribuisce a “perpetuare il divario salariale tra donne con figli e donne senza figli, rendendo difficile per le madri mantenere l’indipendenza economica e la presenza sul mercato del lavoro. Un fenomeno che cresce al variare delle condizioni economiche e dei servizi offerti dalle Regioni (il 62,6% delle madri con lavoro non retribuito si trovano nel Mezzogiorno, il 35,8% al Centro, il 29,8% al Nord)”.

Tutto il contrario rispetto ai papà che, dopo cinque anni dalla nascita del primo figlio, vedono crescere il proprio stipendio fino al 10% in più e fino al 16% in più rispetto ad un uomo senza figli.

La pandemia ha contribuito a far accrescere queste disuguaglianze: solo nel 2020 si è assistito ad un significativo calo dei posti di lavoro (-444 mila) di cui 312 mila ad occupazione femminile. Tra questi, il 77,2% era riservato alle madri.

L’origine del gender gap in Italia sta nell’aspetto culturale: da sempre le donne vengono rilegate alla figura che amorevolmente deve prendersi cura della famiglia, come attività primaria, quasi a scanso di tutto il resto.
Una credenza che al giorno d’ oggi si traduce in situazioni che vedono donne abbandonare il posto di lavoro (circa 800 mila persone) dopo la maternità. Per non parlare dei comportamenti discriminatori da parte di aziende e colleghi.

Il gender gap si manifesta infatti anche nei processi di selezione e colloqui per lavorare nelle aziende: il 60% delle strutture pone domande diverse a uomini e donne; la maternità è diventata una delle principali barriere all’accesso all’occupazione.

Un cambiamento della situazione è necessari e urgente. Serve tutto l’aiuto possibile da parte dei cittadini, dello Stato e delle istituzioni. Secondo quanto riportato dallo studio, la Strategia nazionale per la parità di genere 2021/2026 – che auspica di il tasso di occupazione uomo/donna a meno del 24% – è un punto di partenza importante ma non sufficiente.