La cartella esattoriale può essere annullata con la regola del silenzio assenso, come stabilito dalla legge. Tuttavia, tale regola non trova quasi mai applicazione. Il contribuente che ritiene di aver ricevuto una cartella esattoriale per un debito non dovuto o che, apparentemente, sembra una delle tante “cartelle pazze”, per scongiurare il rischio di subire un pignoramento o un fermo amministrativo, può presentare una semplice domanda all’Agenzia delle Entrate – Riscossione. Vediamo insieme come funziona la regola del silenzio-assenso per i debiti esattoriali.

La cartella esattoriale regola del silenzio assenso

I debiti esattoriali sono un fardello pesante per tutti i contribuenti, senza eccezioni. La buona notizia è che la cartella di pagamento notificata non è un atto definitivo. Pertanto, il contribuente ha la possibilità di intraprendere azioni per scongiurare l’avvio di un’azione cautelare o esecutiva ingiusta e priva di fondamento.

Che cos’è il silenzio assenso che salva dai debiti esattoriali?

Innanzitutto, quando si parla di silenzio assenso, ci si riferisce a un istituto giuridico disciplinato dall’articolo 1, comma 540, della Legge n. 228/2012, e successive modifiche, introdotte con il decreto legislativo 159 del 2015. Tale istituto prevede la possibilità per il contribuente di presentare un’istanza di autotutela all’Agenzia delle Entrate – Riscossione contestando la cartella di pagamento.

Se l’ente impositore non risponde entro duecentoventi (220) giorni dal deposito dell’istanza di autotutela, il debito viene annullato per legge.

Cosa fare per beneficiare del silenzio assenso e non pagare la cartella esattoriale?

Si tratta di uno strumento di difesa dei contribuenti nei confronti del concessionario della riscossione, ovvero l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi da 537 a 544).

Secondo le disposizioni normative, il contribuente, entro 90 giorni dalla data di notifica della cartella esattoriale, può bloccare l’azione successiva dell’ente impositore presentando una semplice istanza di autotutela. In tale istanza, egli dovrà indicare i motivi per cui ritiene che la cartella di pagamento sia infondata o errata, come ad esempio tributo già pagato, importo sbagliato e così via.

L’Agenzia delle Entrate o l’ente creditore dispone di 220 giorni di tempo per rispondere all’istanza. L’assenza di una risposta di rigetto o approvazione comporta l’annullamento del debito esattoriale.

Al fine di comprendere meglio le indicazioni previste dalla legge del 2012, si rimanda all’articolo 1, comma 537, che recita:

“I concessionari  per  la  riscossione sono tenuti a sospendere  immediatamente  ogni  ulteriore  iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate,  su  presentazione  di  una  dichiarazione  da  parte  del   debitore, limitatamente alle partite relative agli atti espressamente  indicati dal debitore”.

 Tuttavia, successivamente parte di questa norma fu modificata con il decreto legislativo del 22 ottobre 2015, nel quale viene abrogata la sospensione dell’esecuzione della cartella, lasciando inalterata la possibilità di annullare la cartella esattoriale.

A seguito del deposito dell’istanza di autotutela, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione deve comunicare entro 10 giorni all’ente competente (ad esempio INPS, Comuni e così via) che a sua volta dovrà rispondere entro 60 giorni.

Ovviamente, l’aspetto più interessante riguarda gli effetti della mancata risposta entro 220 giorni, come stabilito dal comma 540, che recita:

“In caso di mancato invio, da parte dell’ente creditore,  della comunicazione prevista dal comma 539 e di  mancata  trasmissione  dei conseguenti flussi informativi al concessionario  della  riscossione, trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni  dalla  data di  presentazione  della  dichiarazione  del  debitore  allo   stesso concessionario della riscossione, le partite di cui al comma 537 sono annullate di diritto”.

Cosa fare se l’Agenzia delle Entrate o l’ente creditore risponde all’istanza?

 Se l’Agenzia delle Entrate – Riscossione risponde all’istanza di autotutela entro 220 giorni, la richiesta viene esaminata. Pertanto, è possibile che venga accolta e, di conseguenza, la cartella esattoriale sarà annullata.

Se, invece, l’ente impositore respinge l’istanza, è possibile impugnare il provvedimento di diniego di fronte al giudice competente.

In ogni caso, il concessionario dovrà fornire una risposta che confermi o meno l’istanza. La risposta deve essere notificata al contribuente e la Riscossione deve applicare lo sgravio del debito o la ripresa dell’attività di recupero del credito.

Nel merito, si riportano integralmente le disposizioni normative contenute nel comma 539, che recita:

“Entro il termine di  dieci  giorni  successivi  alla  data  di presentazione  della  dichiarazione  di  cui   al   comma   538,   il concessionario per la riscossione  trasmette  all’ente  creditore  la dichiarazione presentata dal debitore e la documentazione allegata al fine di avere conferma dell’esistenza delle ragioni del  debitore  e ottenere,  in  caso  affermativo,  la  sollecita  trasmissione  della sospensione  o  dello  sgravio  direttamente   sui   propri   sistemi informativi.

Decorso il termine di ulteriori sessanta  giorni  l’ente creditore è tenuto, con propria comunicazione inviata al debitore  a mezzo  raccomandata  con  ricevuta  di  ritorno  o  a   mezzo   posta elettronica certificata  ai  debitori  obbligati  all’attivazione,  a confermare allo stesso la correttezza della documentazione  prodotta, provvedendo, in  paritempo,  a  trasmettere  in  via  telematica,  al concessionario della  riscossione  il  conseguente  provvedimento  di sospensione   o   sgravio,   ovvero   ad   avvertire   il    debitore dell’inidoneità  di  tale  documentazione  a  mantenere  sospesa  la riscossione, dandone, anche in  questo  caso,  immediata  notizia  al concessionario della riscossione per  la  ripresa  dell’attività  di recupero del credito iscritto a ruolo”.

L’assenza di una risposta porta entro 220 giorni  comporta l’annullamento del debito e il discarico dal ruolo automatico del debito iscritto a ruolo.