Resta in carcere, con l’accusa di tentato omicidio e omicidio, Marco Manfrinati, l’ex avvocato di 40 anni che lo scorso 6 maggio, a Varese, ha sfregiato l’ex moglie Lavinia Limido a coltellate, uccidendo il padre Fabio: nelle scorse ore il gip Alessandro Chionna ne ha convalidato il fermo, disponendo nei suoi confronti la misura della custodia cautelare.

Convalidato dal gip il fermo di Marco Manfrinati, accusato dell’omicidio di Varese

Nel corso dell’interrogatorio tenutosi ieri, 8 maggio, davanti al gip che ne ha poi convalidato il fermo, Marco Manfrinati avrebbe ammesso di aver aggredito l’ex moglie Lavinia Limido dopo aver aspettato che uscisse per la pausa pranzo dallo studio del padre Fabio, commercialista.

Il motivo? Sembra che gli impedisse di vedere il figlio nonostante il divieto di avvicinamento emesso dal giudice nei suoi confronti non si estendesse a lui, ma alle sole persone offese dal reato per cui la donna lo aveva denunciato (lo stalking).

Stando alla versione dei fatti del 40enne, che di recente si era autosospeso dall’Ordine degli avvocati in vista del procedimento che lo avrebbe visto imputato per le accuse rivoltegli dall’ex, dopo averla colpita sarebbe risalito in macchina con l’intento di andare a costituirsi, quando l‘ex suocero l’avrebbe colpito con una mazza da golf, spaccando anche il lunotto posteriore e i vetri anteriori sinistri della sua auto.

Manfrinati a quel punto sarebbe sceso dal veicolo e avrebbe accoltellato l’uomo, di 71, come già aveva fatto con sua figlia, provocandone la morte. Lo riporta il quotidiano locale Varese News, che ieri aveva diffuso la notizia di una manifestazione organizzata in solidarietà alla donna sfregiata per l’11 maggio prossimo.

Il punto di vista della famiglia delle vittime

Tra Limido e Manfrinati – che ora è accusato di tentato omicidio e omicidio aggravati dai futili motivi e dalla premeditazione – i rapporti erano piuttosto tesi: il motivo sarebbe da rintracciare nella difficile causa di separazione che li vedeva coinvolti.

L’uomo, secondo il Corriere della Sera, si era convinto che i familiari dell’ex stessero ordendo un piano contro di lui, tanto che ai conoscenti continuava a ripetere: “Mi vogliono togliere anche il respiro”. Secondo il legale che li assiste, Fabio Ambrosetti, era lui, invece, a tormentarli. Più volte li avrebbe minacciati e insultati, arrivando a bucare loro le gomme dell’auto ripetutamente.

La Procura di Varese, ritenendolo pericoloso, aveva chiesto di arrestarlo un anno fa. La richiesta, però, non era stata accolta. “Questo Stato è troppo garantista“, ha dichiarato ai microfoni dei giornalisti che l’hanno intercettata fuori dal tribunale di Varese l’avvocata Marta Criscuolo, moglie dell’uomo ucciso.

Una tragedia annunciata

Sono tante, purtroppo, ogni anno, le “tradegie annunciate“: casi di uomini che – non venendo fermati per tempo, nonostante le avvisaglie – riescono a spezzare le vite di donne che un tempo li avevano amati. Si pensi a Franco Panariello, il metalmeccanico di 55 anni arrestato per aver ucciso l’ex moglie Concetta Marruocco nell’Anconetano.

Il prossimo 21 giugno si aprirà il processo a suo carico: quando ha compiuto l’omicidio, l’ottobre scorso, su di lui gravava un divieto di avvicinamento nei confronti della vittima. Incurante del braccialetto elettronico, l’aveva colta di sorpresa nell’abitazione in cui viveva insieme alla figlia minorenne – che aveva poi dato l’allarme – e l’aveva colpita con oltre quaranta coltellate.

La 53enne aveva chiesto aiuto diverse volte; addirittura, insieme alla figlia, era stata ospite, per diverso tempo, di una comunità. Poi le autorità avevano deciso di fornire loro due telecomandini che avrebbero dovuto avvisarle nel caso in cui l’uomo si fosse trovato a meno di 200 metri da loro: quella sera, la sera in cui la donna è morta, gli alert non funzionarono.