Tiktok e la società madre ByteDance hanno fatto causa agli Usa con l’obiettivo di fermare una legge statunitense che vieterebbe la piattaforma nel paese a meno che non venga venduta entro il 19 gennaio. Negli ultimi mesi, la legge ha acceso le polemiche tra Stati Uniti e Cina riguardo alla libertà di espressione.

Tiktok intenta una causa contro gli Usa per bloccare la legge statunitense

TikTok e la sua società madre cinese, ByteDance, hanno intentato una causa contro gli Usa riguardo alla nuova legge. Il provvedimento prevede una scadenza di vendita del social media entro nove mesi, da ByteDance, ad un acquirente approvato. In caso contrario, la società rischierebbe un divieto negli app store statunitensi, il che comporterebbe un divieto indiretto della piattaforma negli Stati Uniti.

La proposta di legge è stata approvata dalla Camera nel mese di marzo con una versione leggermente diversa, che prevedeva una scadenza di vendita più breve, ovvero sei mesi. Questa versione non è stata approvata dal Senato a causa di preoccupazioni legate alla sicurezza nazionale.

La versione attuale della legge è stata approvata dalla Camera dei rappresentanti il 20 aprile, dopo che i principali promotori della legge, cioè i repubblicani, hanno deciso di inserire la norma all’interno di un pacchetto che comprendeva anche gli aiuti internazionali per Ucraina, Israele e Taiwan. Il Senato ha poi approvato la legge il 24 aprile e il presidente Joe Biden l’ha firmata lo stesso giorno. Biden aveva precedentemente promesso di firmare la legge qualora fosse arrivata sulla sua scrivania. Inoltre, il presidente ha la facoltà di prorogare la scadenza del 19 gennaio di tre mesi se determina che ByteDance sta facendo progressi.

Preoccupazioni sulla sicurezza nazionale

La battaglia sul futuro di TikTok evidenzia il conflitto già in corso nel settore tecnologico tra Washington e Pechino. La preoccupazione principale dei legislatori statunitensi riguarda la possibilità che TikTok possa essere utilizzato dalla Cina per accedere ai dati personali degli utenti americani o per condurre attività di spionaggio. Allo stesso tempo, in aprile, Apple ha comunicato di aver rimosso Meta Platforms, WhatsApp e Threads dal suo App Store in Cina su richiesta del governo cinese, sempre per preoccupazioni riguardanti la sicurezza nazionale.

Il provvedimento ha innescato un botta e risposta tra Washington e Pechino. La Cina predecentemente ha denunciato la misura affermando che è “contraria al principio della concorrenza leale” e ha sollevato interrogativi sulla libertà di espressione negli Stati Uniti. In risposta, l’ambasciatore americano, Nicholas Burns, ha affermato di trovare “estremamente ironiche” le critiche di Pechino.