E’ iniziata oggi – mercoledì 8 maggio – nell’aula del Senato la discussione per l’approvazione in prima lettura del Ddl Casellati sul Premierato, con la relazione del relatore Alberto Balboni.

La “madre di tutte le riforme” – come è stata battezzata dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni – che punta ad introdurre nella Costituzione italiana l’elezione diretta del premier, inizia oggi il lungo iter parlamentare che, come tutte le modifiche costituzionali, necessità di quattro sì per l’approvazione. Dopo il via libera del senato, infatti, il testo passerà alla Camera per la seconda approvazione e dopo almeno tre mesi, la riforma dovrà tornare in aula ed essere approvata nuovamente da entrambi i lati del Parlamento.

Il testo viene approvato definitivamente se nella seconda votazione entrambe le Camere lo approvano a maggioranza dei due terzi, in caso contrario si può ricorrere ad un referendum popolare per approvarlo.

Insomma un iter tutt’altro che rapido, ma l’approdo questa mattina a Palazzo Madama della riforma rappresenta sicuramente un punto a favore dell’attuale maggioranza e soprattutto di Fratelli d’Italia che potrà sbandierare la bandiera del premierato nella campagna elettorale per le elezioni Europee in programma, l’8 e il 9 giugno. Un iter che l’opposizione di centrosinistra intende fare di tutto per ostacolare, come già fatto in Commissione Affari costituzionali dove il testo è rimasto per cinque mesi prima dell’approvazione con i voti favorevoli di votato FdI, FI, Lega, Autonomie.

La “madre di tutte le riforme” oggi al Senato: opposizione pronta alla mobilitazione

L’elezione diretta del premier è una realtà in molti paesi europei, ma la formula prevista dalla riforma Casellati rappresenta un unicum, una formula inedita che porta con sé tutta anche tutta una serie di perplessità sul bilanciamento dei pesi tra i tre poteri dello Stato e sul ruolo ‘marginale’ ritagliato per il Presidente della Repubblica. Sempre sul piede di guerra le opposizioni che non escludono “mobilitazioni” in caso di eventuali colpi di mano della maggioranza, come avvenuto ad esempio alla Camera con il Ddl sull’autonomia differenziata. Il Partito democratico annuncia la presentazione di nuovi emendamenti a Palazzo Madama e chiama a raccolta gli altri partiti dell’opposizione per condurre la battaglia in maniera unitaria.

Cosa prevede il premierato in Italia? Elezione diretta del Presidente del Consiglio e la norma anti-ribaltoni

Ma cosa prevede il premierato in Italia? La riforma mira, in estrema sintesi, all’elezione diretta del Presidente del Consiglio, attraverso un sistema elettorale di tipo maggioritario. Oggi il Presidente del Consiglio non viene eletto direttamente dagli elettori, ma viene nominato dal Presidente della Repubblica dopo un giro di consultazioni con i partiti eletti in Parlamento. Con il premierato all’italiana al Capo dello Stato resterà solo il potere di conferire l’incarico di formare il governo al premier che però sarà stato eletto contestualmente alle due Camere.

Il premier eletto resterà in carica cinque anni e non potrà essere rieletto per più di due legislature consecutive, che diventano tre se nel corso delle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Una volta ricevuto l’incarico dal Capo dello Stato, il premier eletto dovrà comunque presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia del Parlamento. In caso di sfiducia, il Presidente della Repubblica gli conferisce un secondo mandato. Se la fiducia viene bocciata per la seconda volta si procede con lo scioglimento delle Camere e il ritorno alle urne.

E sulla possibilità di sfiducia e su come prevenire il rischio di ribaltoni, lo scontro tra maggioranza e opposizione ha raggiunto i suoi momenti più accesi e ha portato alla cosiddetta “norma-antiribaltoni”. Alla fine il testo licenziato dalla Commissione Affari Costituzionali prevede, in caso di sfiducia del premier, il ritorno alle urne. Il premier può proporre lo scioglimento delle Camere in caso di dimissioni. Il presidente della Repubblica, però, per una sola volta nel corso della legislatura, può proporre al premier dimissionario o a un altro parlamentare “eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio” di formare un nuovo Governo. In caso di morte o impedimento permanente subentra il “premier di riserva”.

La riforma del premierato introduce anche un “premio di maggioranza” su base nazionale per Camera e Senato per garantire al premier eletto la formazione di una maggioranza in entrambe le camere. Viene, infine, abolita la figura dei senatori a vita che non saranno più nominati.