Ci sono atleti che passano alla storia anche se non sono campioni. Uno di questi è Luca Gandini. La maggior parte degli appassionati di basket non sa chi è ma il profilo Twitter “LaGiornatatipo” gli ha dedicato un articolo: Ha giocato 126 minuti totali negli ultimi 4 anni a Sassari. Su 134 partite in maglia Dinamo è entrato in campo 26 volte, in 108 partite è rimasto a sedere per 40 minuti. Ha segnato 15 punti in 4 stagioni. Eppure Luca Gandini, a detta di tutti gli allenatori che ha avuto, è stato fondamentale nello spogliatoio, in allenamento, e nel tenere uniti i vari gruppi di giocatori che si sono succeduti negli anni”.
La storia di Luca Gandini, cestista per caso, che appende le scarpe al chiodo
La sua storia sportiva: “Quattro anni fa, a 35 anni, dopo esser stato un buon giocatore di A2 e aver vinto una Supercoppa e una Coppa Italia alla Fortitudo e a Verona, dopo che il basket non doveva nemmeno essere il suo sport perché gli piaceva fare il portiere a calcio, dopo che ha esordito tra i senior in Prima Divisione, ossia l’attuale ottavo campionato italiano, quello che si gioca infrasettimanale molto spesso in campi senza lo spazio per il tiro da tre punti negli angoli e senza l’acqua calde nelle docce, dopo aver giocato in quasi tutte le categorie facendo molta gavetta, e dopo essere entrato nel cuore di tutte le persone che lo hanno visto giocare in 7 città diverse, aveva accettato il cosiddetto ruolo del “gregario” in terra sarda.
Quattro anni di impegno massimo, serietà, rispetto del ruolo assegnatogli, di disponibilità nelle attività sociali della squadra, sorrisi e cinque alti ai tifosi al palasport e per le strade di Sassari”.
Dopo la partita Sassari-Reggio Emilia ha annunciato di voler appendere le scarpe al chiodo: “I modelli sportivi maggiormente promossi sono quelli dei più bravi, di quelli che frantumano record, di quelli che segnano e fanno incetta di trofei. Ma ci sono anche i Luca Gandini nello sport, quelli che non hanno grandi statistiche ma che sanno fare la differenza lo stesso”. Ed è giusto ringraziarli.
Stefano Bisi