Non solo il referendum che vuole la Cgil per eliminare il Jobs Act, ma anche le missioni militari rischiano di spaccare il centrosinistra. La prova del nove si avrà domani, quando la Camera tornerà ad affrontare la questione del rinnovo delle missioni internazionali. Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Avs, Italia Viva e Azione andranno in ordine sparso, ognuno con la propria risoluzione. Al contrario della maggioranza che, invece, ha già predisposto un testo unitario in cui si ribadisce che “l’azione del Paese è finalizzata, in tutti i teatri di crisi, alla tutela della pace e della sicurezza internazionali in una cornice di collaborazione globale aperta ed inclusiva”.
Non solo il referendum sul Jobs Act, il centrosinistra si spacca anche sul voto al rinnovo delle missioni militari
Ma tant’è: anche se il voto sulle risoluzioni potrebbe slittare a mercoledì, le divergenze all’interno del centrosinistra, non ultima anche quella sul referendum sul Jobs Act che nel Pd non è condiviso dall’ala riformista, la dicono lunga anche sulla campagna elettorale ormai in corso per le prossime elezioni Europee dell’8 e 9 giugno. Ma quali sono le diverse posizioni che esprime l’opposizione? Il Pd conferma il no alla missione in Libia ufficializzato già lo scorso giugno nelle commissioni Difesa e Esteri. Nella risoluzione dem, si fa cenno alla “prosecuzione delle missioni internazionali in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione”. Ma,. per quel che riguarda la Libia, si ricorda come sia “ripetutamente emerso negli anni e denunciato da diverse organizzazioni umanitarie, le oramai innumerevoli prove di torture sistematiche messe in atto dalle autorità a capo dei centri di detenzione tra cui figurano anche alcuni settori della Guardia Costiera libica, Guardia collusa con gruppi dediti alla tratta di esseri umani e alla reclusione dei migranti in centri di detenzione dove sono sottoposti a trattamenti inumani e degradanti”. Di conseguenza, il Pd sccrive:
“Appare non più giustificabile la volontà del governo italiano di rifinanziare ancora una volta, e anche quest’anno, la missione bilaterale di supporto alla Guardia Costiera libica. Noi chiediamo la chiusura immediata dei centri di detenzione in Libia. E, in ogni caso, la mera riproposizione di una missione ormai superata appare inadeguata ad affrontare le criticità presenti in quel Paese”.
La posizione di Avs e M5S
Ancora più intransigente la posizione dell’area più a sinistra della coalizione, quella rappresentata da Avs. La capogruppo Luana Zanella, in aula, l’ha spiegata così:
“E’ più che mai indispensabile la pace e il fare ogni sforzo per la pace. Dal riconoscimento dello Stato di Palestina, ad una conferenza di pace duratura in Medioriente, ad una azione politica contro la guerra di logoramento in Ucraina dove non vogliamo inviare truppe ma chiediamo l’impegno europeo per la pace. In questo quadro ci preoccupa il disegno del governo di indebolire il controllo politico-parlamentare sulle missioni”
Anche il Movimento 5 Stelle, che non a caso ha voluto inserire la parola pace nel simbolo che presenta per le prossime Europee, dovrebbe esprimersi con un voto contrario sulla missione in Libia. Questo, mentre resta intatta anche la contrarietà alla linea del governo in merito all’Ucraina. La pentastellata Emma Pavanelli ha, quindi, avvertito:
“La folle e cieca strategia bellicista sta coerentemente andando verso il suo inevitabile e drammatico epilogo: l’invio di truppe Nato che rischierebbe di coinvolgere le nostre truppe schierate lungo la nuova cortina di ferro che corre dal Baltico al Mar Nero dove abbiamo oggi il più possente schieramento militare italiano mai visto nel dopoguerra. Di fronte al rischio concreto che le nostre forze armate oggi schierate in funzione di deterrenza, si ritrovino in prima linea in una guerra della Nato contro la Russia, pretendiamo da questo governo un impegno, non a parole ma con i fatti, per fermare questa escalation prima che sia troppo tardi”.
I 5 stelle, inoltre, hanno chiedono al governo anche un’altra cosa ben precisa:
“Se tra qualche mese si dovesse decidere a livello Ue che dobbiamo mandare i nostri soldati addestratori in Ucraina al fronte, ‘boots on the ground’ come si dice in gergo, questa decisione deve passare al vaglio del Parlamento”.