Dalla sua entrata in vigore è trascorso quasi un decennio, ma le polemiche intorno al Jobs Act e soprattutto in relazione alla cancellazione dell’Articolo 18 (l’articolo sui licenziamenti per giusta causa) non si sono mai placate.
Ma ha senso fare oggi una battaglia contro il Jobs Act? Tag24 lo ha chiesto all’economista e politico italiano Carlo Cottarelli che ha sottolineato come, a suo avviso, non sia questa la battaglia di cui ha bisogno il paese per contrastare i problemi dell’economia e del lavoro povero.
Ieri, intanto, la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha annunciato l’intenzione di firmare il referendum per l’abolizione del Jobs Act promosso dalla Cgil, nonostante le resistenze di un’ampia parte del suo partito che, invece, sostiene la riforma del lavoro approvata proprio dal Pd nel 2014, durante il Governo Renzi. Ha già firmato per il referendum anche il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte.
Jobs Act, l’economista Cottarelli: “Mai stato entusiasta della riforma, ma non sono d’accordo con il referendum”
Ma che impatto ha avuto il Jobs Act sull’economia e sul lavoro in Italia nell’ultimo decennio? Ha davvero precarizzato il lavoro come sostengono i detrattori, o, lo ha regolarizzato e incentivato come affermano i sostenitori?
Secondo l’economista Carlo Cottarelli la riforma del lavoro introdotta dal Governo Renzi non è stata determinante né in un senso né nell’altro, ovvero: non si è rivelata “fondamentale nel cambiare il ritmo di crescita dell’economia italiana”, ma non ha neanche causato tutti i danni “che molti dicevano avrebbe fatto”.
“Non sono mai stato un entusiasta della riforma, ma male non faceva”, ha dichiarato l’economista italiano intervistato da Tag24 che ha anche sottolineato come, quella nata intorno al Jobs Act, sia sempre stata una discussione ideologica.
“E’ sempre stata una battaglia ideologica e sta accadendo la stessa cosa oggi con il referendum per l’abolizione”.
Secondo l’ex senatore del Partito Democratico, l’abolizione del Jobs Act non sarebbe la soluzione ai problemi dell’economia e del lavoro povero in Italia e di conseguenza non considera necessaria una battaglia in tal senso, mentre bisognerebbe concentrarsi su questioni più importanti per il rilancio dell’economia.
“Non sono d’accordo con questo referendum. Credo anche che non ci sia, oggi in Italia, una maggioranza a favore in un referendum per l’eliminazione del Jobs act, quindi penso sia un errore farlo. Come non era fondamentale all’epoca la rimozione dell’art. 18, allo stesso tempo non vedo perché sia necessario adesso fare una battaglia per tornare allo status quo ante.”
Cottarelli: “Schlein? Dal suo punto di vista politico fa bene a firmare per il referendum”
E’ un errore anche la scelta della segretaria dem Elly Schlein di firmarlo?
“Non essendo io a favore del referendum, credo che sia un errore anche sottoscriverlo” ha sottolineato Cottarelli senza voler dare un giudizio politico in merito alla scelta della leader dem.
“Non sono d’accordo su questo referendum, ma, non posso dare un giudizio su quello che fa Elly Schlein. Dal suo punto di vista politico fa bene a firmarlo. Il suo punto di vista però non è il mio”.
“Il salario minimo? Non sono contrario ma non è fondamentale per rimuovere il lavoro povero in Italia”
Non solo sul Jobs Act, ma anche sulla questione salario minimo, Carlo Cottarelli ha delle perplessità, infatti, pur dicendosi ‘non contrario’ alla sua introduzione non lo considera “una cosa fondamentale per rimuovere il lavoro povero in Italia”.
Per l’economista italiano, infatti, per favorire la crescita economica del Paese e creare posti di lavoro è necessario lavorare per migliorare il funzionamento della pubblica amministrazione e per una diminuzione della democrazia.
La “ricetta è sempre la stessa” ha sottolineato Cottarelli che, poi, ha concluso:
“Il rapporto tra cittadino, impresa e pubblica amministrazione in Italia rimane uno degli ostacoli principali alla crescita del nostro paese.”