Lo scorso 1 maggio è uscito nei migliori cinema italiani “Sei Fratelli”, il nuovo dramma diretto dal regista Simone Godano. Questa storia parla del complicato rapporto familiare di sei fratelli, non particolarmente legati, costretti a riunirsi dopo la morte improvvisa del padre. Nel cast troviamo gli attori Adriano Giannini e Riccardo Scamarcio.
“Sei Fratelli”, recensione
Manfredi (Gioele Dix) è un uomo di circa settant’anni affetto da un brutto male. Gli hanno appena comunicato che gli restano soltanto due mesi di vita ed è ricoverato in un ospedale di Bordeaux, in Francia. La sua compagna, Nadine (Judith El Zein), lavora come medico proprio in quella stessa clinica; stanno insieme da quasi vent’anni e hanno un figlio diciassettenne di nome Mattia (Mati Galey). Manfredi l’ha anche aiutata a crescere la sua prima figlia Gaelle (Claire Romain), avuta da un matrimonio precedente, che all’epoca dell’inizio della loro relazione era ancora quindicenne. Gaelle è bellissima, coi capelli ramati, la carnagione nivea e due grandi occhi turchesi. Ha un carattere difficile e un rapporto complicato con l’amore: a poco più di trent’anni ha già annullato ben sei matrimoni. Sceglie sempre l’uomo sbagliato e non è difficile capire che questo suo problematico modo di vivere le relazioni di coppia nasca da un pessimo legame col padre biologico e dagli insegnamenti non ortodossi del patrigno.
Sì, perché Manfredi è immaturo, impulsivo, un eterno bambino mai cresciuto che si è ritrovato a essere genitore di ben cinque ragazzi. Prima di Nadine è stato sposato due volte e, oltre a Mattia, ha avuto altri tre maschi: il più grande è Guido (Adriano Giannini), ha cinquant’anni, è buono e gentile e ha perso se stesso quando si è separato dalla moglie. Sono passati due anni, ma non sembra ancora rassegnarsi alla fine di quell’unione durata tantissimo e che gli ha donato due splendidi bambini. Non ha più avuto un’intimità con un’altra donna, è diventato vegano per far piacere a lei nella speranza che ritornino insieme, quasi ogni pensiero e discorso delle sue giornate riguarda interamente la ex come una sorta di ossessione della quale non riesce a liberarsi.
Il secondo è Marco (Riccardo Scamarcio), da sempre il preferito di suo padre. Ha poco più di quarant’anni, lavora come presentatore in tv, è il tipico narciso che ama accentrare l’attenzione su di sé. È alto, moro, ha gli occhi verdi un po’ cerchiati, ma quei solchi rossastri anziché imbruttirlo mettono in risalto il colore smeraldo, intenso e vibrante, dell’iride. È sposato con Giorgia (Linda Caridi), avvocata di successo e proprietaria di uno studio legale, ma questo non lo ferma dall’avere un atteggiamento seducente nei confronti delle altre donne e non disdegna neppure qualche scappatella occasionale.
Il terzo fratello si chiama Leo (Gabriel Montesi) al quale Marco quindici anni prima rubò proprio Giorgia, che a quei tempi era la sua fidanzata. Fa il cuoco in un ristorante, si imbottisce di ansiolitici, conduce una vita triste come se non riuscisse a trovare pace. Ha il fisico ben piazzato, i capelli scuri rasati, gli occhi castani e la mascella pronunciata e non somiglia affatto a nessuno dei suoi fratelli; sembra sia finito in quella famiglia per caso, piombandoci dentro come cascato dall’alto e atterrando su un mare di drammi irrisolti e troppo gravosi per un animo sensibile come il suo. A causa di quel tradimento non parla con Marco da anni e ha un rapporto turbolento anche con suo papà.
Una mattina Manfredi, deciso a non soccombere alla malattia, sceglie volontariamente di buttarsi dal tetto di quell’ospedale dove stava passando i suoi ultimi giorni. Quel suicidio tanto inaspettato costringerà i cinque protagonisti, compresa Gaelle, se pur figlia acquisita, a riunirsi a Bordeaux non soltanto per il funerale, ma anche per apprendere le decisioni testamentarie del padre. Sarà proprio qui che tutti insieme, in un’ampia stanza elegante di un notaio a loro finora sconosciuto, scopriranno di avere una sesta sorella: Luisa, avuta trent’anni prima in Puglia nata da una relazione extraconiugale.
Riusciranno sei persone così diverse e così complesse a capirsi, unendosi in un unico nucleo familiare compatto? Saranno in grado finalmente di accettarsi l’un l’altro e di conoscere la nuova sorella?
“Sei Fratelli”, critica
Quarto lungometraggio alla regia per Simone Godano che lo scorso 1° maggio ha presentato al cinema “Sei Fratelli”, una storia drammatica affrontata in maniera non eccessivamente cupa.
A tratti dramma, a tratti commedia, questa pellicola parte nel migliore dei modi con un monologo ben interpretato da Gioele Dix che fa sperare in un ottimo seguito. Purtroppo, però, man mano che il film procede le speranze si perdono, vedendolo trasformarsi lentamente in quello che ricorda più una fiction Rai che uno spettacolo per il grande schermo.
Il primo tempo è abbastanza godibile, con una narrazione che ha anche dei momenti di leggerezza e di comicità, esponendo dei temi tragici con scorrevolezza e una recitazione abbastanza discreta di tutto il cast. Purtroppo non si può dire altrettanto del secondo tempo, dove i fatti precipitano sempre più verso lo scontato e il banale tipico dei film prodotti per la tv.
Fotografia semplice, senza grossi pregi. Dialoghi mediocri.
Sicuramente migliore di “Moglie e Marito”, primo lavoro per il cinema di questo regista, ma ciò nonostante non mi sentirei di consigliare la visione di “Sei Fratelli”. Nel complesso, senza infamia e senza lode. Due virgola sette stelle su cinque.