Ai carabinieri che gli chiedevano di svuotare il suo zaino, cercando di capire a cosa gli servissero le bustine di veleno per topi che aveva portato con sé al lavoro, Alessandro Impagnatiello rispondeva mentendo: è quanto emerge da un video diffuso dalla trasmissione televisiva Rai Ore 14. Era il 28 maggio 2023. Il 30enne, barman di professione, aveva da poco denunciato la scomparsa della compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi, parlando agli inquirenti di un suo possibile allontanamento volontario: la sera prima, in realtà, l’aveva uccisa.

Il video in cui Alessandro Impagnatiello si giustifica con i carabinieri per la presenza di veleno per topi nel suo zaino

Il filmato, pubblicato dal canale Youtube della Rai, mostra Alessandro Impagnatiello mentre, nella sua casa di Senago, è intento a svuotare, al cospetto dei carabinieri intervenuti per degli accertamenti dopo la scomparsa della compagna, il contenuto di un suo zaino in pelle. Tra gli oggetti estratti, si notano degli indumenti sporchi, dei guanti in lattice blu e delle bustine di veleno per topi.

Agli inquirenti che gli chiedono a cosa gli servisse portarsele dietro, il 30enne risponde, sulla difensiva: “Serve per quando ci fumiamo le canne post lavoro sui gradoni di piazza Croce Rossa, perché arrivano panteganoni così grossi (mimando la grandezza, ndr)”. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, somministrava quel veleno alla compagna incinta insieme a dell’ammoniaca e a del cloroformio che aveva acquistato online sotto falso nome.

La sera prima della scenetta ripresa nel video l’aveva uccisa, accoltellandola per ben 37 volte prima di provare a dar fuoco al suo corpo nella vasca da bagno e nel box auto collegato all’abitazione in cui convivevano. Solo due giorni dopo, nella notte tra il 30 e il 31 maggio, lo avrebbe abbanbonato – dopo averlo nascosto nel bagagliao della sua auto – dietro all’intercapedine di alcuni garage situati a poca distanza.

La confessione dopo i tentativi di depistaggio

In quei giorni, fingendosi preoccupato per le sorti della compagna, aveva continuato a ripetere agli inquirenti di pensare che si fosse allontanata perché la sera prima avevano avuto una discussione, e si era recato in diversi bar della zona per chiedere ai titolari di poterne visionare le telecamere di videosorveglianza.

Messo alle strette, nel giro di poco aveva poi confessato l’omicidio. Il prossimo 27 maggio, a un anno dai fatti, sarà interrogato in aula: nel corso della prima udienza del processo che lo vede imputato per omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza aveva preso la parola, chiedendo perdono alla famiglia.

“Puoi farlo se urti la mia auto, non se avveleni e uccidi mia sorella”, gli aveva risposto, attraverso i social, Chiara Tramontano. Se non fosse stata uccisa, lo scorso 2 maggio Giulia avrebbe compiuto 30 anni; il bimbo che portava in grembo, e che avrebbe voluto chiamare Thiago, sarebbe già nato.

Forse, come aveva confessato di voler fare all’altra ragazza che Impagnatiello frequentava – che aveva incontrato il pomeriggio della sua morte -, lo avrebbe lasciato e insieme al piccolo si sarebbe ricostruita una vita altrove. Non ne ha avuto la possibilità: la speranza dei familiari è che il suo assassino venga condannato, per questo, al massimo della pena, l’ergastolo.

Il punto di vista della difesa

La difesa potrebbe chiedere di sottoporre l’ex barman ad una perizia psichiatrica per accertare se al momento dei fatti fosse capace di intendere e di volere: secondo i consulenti di parte sarebbe infatti affetto da un grave disturbo ossessivo e paranoico a causa del suo “forte narcisismo” e al momento dell’omicidio avrebbe avuto un “black out”.