In occasione del Maggio dei libri 2024, nella la libreria Cuori d’inchiostro di Francesca Griffo e Mona Lazar (Vibo Valentia), con la collaborazione di Maria Teresa Marzano, sarà presentato il libro di Enrico Ferri e Giuseppe Cricenti “Alla ricerca della laicità perduta. Il crocifisso laico dei giudici italiani” (Fuorilinea 2023), insieme con Noemi Comito e Ferdinando Pietropaolo che dialogheranno con gli autori.
Crocifissi nelle aule e laicità
Il volume ospita un confronto tra il filosofo del diritto Enrico Ferri e il giudice della Corte di Cassazione Giuseppe Cricenti, insieme con la postfazione del filosofo del diritto Mauro Barberis; un dialogo su una specifica declinazione del problema della laicità delle istituzioni in una società (sempre più) multiculturale: l’ostensione del crocifisso nelle aule della scuola pubblica.
Il tema, da un lato, si colloca in un più ampio scenario di questioni relative alla permanenza di simboli e costumi delle religioni tradizionali in ordinamenti che hanno elevato la laicità tra i «principi supremi dell’ordinamento costituzionali» (così, già Corte cost., sent. 203/1989).
Dall’altro lato, il dialogo sorge a valle di una (ennesima) pronuncia giurisprudenziale, stavolta delle Sezioni unite della Corte di cassazione (sent. 24414/2021), che origina da un caso alquanto singolare: l’assemblea di classe di un istituto scolastico propone l’affissione del crocifisso nell’aula; il preside dell’istituto recepisce la richiesta in una circolare vincolante; un docente di lettere, «per avere sistematicamente rimosso il crocifisso dalla parete dell’aula prima di iniziare le sue lezioni, per poi ricollocarlo al suo posto al termine delle stesse», viene sanzionato con la sospensione dall’insegnamento per un mese.
Il caso ne richiama altri che hanno avuto nel tempo un’eco notevole: lo scrutatore avverso al crocifisso nel seggio elettorale (Cass. penale, sent. 439/2000); il genitore che ricorre contro la delibera che conferma l’ostensione del crocifisso nelle aule scolastiche (Corte cost., ord. 389/2004; TAR Veneto, sent. 1110/2005; CEDU, 18 marzo 2011, Lautsi vs. Italia); il giudice che si sottrae al suo servizio perché turbato dalla presenza del crocifisso nelle aule di giustizia (Cass., sent. 5924/2011); ecc.
I due Autori in dialogo si concentrano soprattutto sugli argomenti della Corte e sulle possibili fallacie, celate o palesi, che li inficiano. Enrico Ferri analizza la narrazione irenica e le connessioni arbitrarie che sorreggono la decisione «acrobatica» della Corte, evidenziando come sia «maldestro e retrogrado il tentativo di legittimare il simbolo della croce come espressione di una serie di valori universalmente accettati e condivisi». Giuseppe Cricenti, confortando il lettore sul fatto che «la linea più breve tra due punti, nelle aule dei tribunali, non è la retta ma l’arzigogolo», avvicina il focus agli argomenti giuridici che “sorreggono” la motivazione della sentenza, e conclude denunciando le contraddizioni di «una Corte che raramente riesce a dire cosa sia un diritto e a chi spetti».
Sullo sfondo del dibattito, come anticipato, resta la più generale questione dell’ampiezza e del significato della laicità. È vero, infatti, che «il principio supremo della laicità dello Stato […] è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica» (Corte cost., sent. 203/1989), ma più di un indizio ne suggerisce la natura di principio supremo “sopravvenuto”, che tuttora mostra piuttosto il carattere di un ideale regolativo che fatica a imporsi.
La Corte, nel tentativo di includere tutte le religioni in un modello pluralista, senza determinare una retrocessione di quella cattolica, suggerisce di affiggere nell’aula una processione di simboli religiosi in continuo spostamento, perché – afferma – «la laicità italiana non è “neutralizzante”», ma «si fonda su un concetto inclusivo». Sarebbe questa l’immagine di una laicità aperta, opposta a quella escludente di stampo francese. Ma siamo davvero sicuri che l’atteggiamento critico nei confronti della presenza della religione nelle istituzioni non sia esso stesso un valore fondamentale delle società moderne e pluraliste? E che proprio questo atteggiamento non garantisca la miglior convivenza tra culture che hanno conosciuto secoli di guerre e conflitti? Il dialogo tra Enrico Ferri e Giuseppe Cricenti contribuisce ad avvalorare quest’ipotesi.
Prof. Francesco Cirillo, Unicusano