Numero chiuso sì, numero chiuso no: il dibattito sull’accesso alla facoltà di Medicina continua ininterrottamente da, ormai, diversi anni. Dopo un momento di relativa calma, l’opinione pubblica è tornata a spaccarsi dopo l’approvazione della riforma per l’accesso al corso di laurea. Il commento del Professore e Ricercatore Matteo Bassetti, infettivologo presso l’Ospedale Policlinico di San Martino di Genova in esclusiva a TAG24.

Numero aperto a Medicina, il commento di Bassetti

La grave carenza di medici ha messo in ginocchio l’Italia, che nel momento di piena crisi sanitaria per la pandemia da Covid-19 si è ritrovata con gli ospedali sull’orlo del collasso. Personale medico in burnout e pronto soccorso che chiudono con una rapidità disarmante: questo il triste ritratto della realtà italiana.

Da qui, il tentativo della Lega di riformare il metodo di accesso alla facoltà di Medicina, da sempre ampiamente dibattuto. Il numero chiuso, infatti, è stato inserito con un decreto nell’87, per poi diventare legge nel 1999.

Ora, il Comitato ristretto della Commissione Istruzione del Senato ha approvato e adottato il testo base per cambiare il sistema d’accesso. Il numero chiuso resta, ma lo “sbarramento” è traslato di 6 mesi. Come sottolinea il prof. Bassetti, infatti:

Non siamo ancora arrivati al numero aperto, siamo arrivati solamente a cambiare la modalità di selezione di chi diventerà medico. Cambia il test, quindi, non ci sarà più il testo di TOLC MED o un questionario. Ci sarà la possibilità – stante a quella che è la proposta di legge – di avere tutti dentro nel I semestre. Dopodiché si studia – in remoto o in presenza – per i primi 3 esami, si andrà a farli e si prenderanno determinati voti. In seguito, sulla base di una graduatoria nazionale, a seconda del numero di ammessi che si saranno stabiliti, verrà fatta la selezione“.

Abolito il test a Medicina? Cosa cambia con il nuovo provvedimento

Se gli aspiranti camici bianchi avranno vita più facile non è ancora sicuro, l’ago della bilancia rimane al momento perfettamente immobile. Sarà necessario aspettare le prossime domande d’accesso e i successivi 6 mesi per capire quali effetti avrà il provvedimento proposto da una commissione del Senato.

Il Governo, tuttavia, non ha ancora pianificato nel dettaglio i prossimi passi da compiere: ancora incerte quali materie saranno oggetto di studio per i primi 3 esami, né quale sia il punteggio della graduatoria necessario per garantire l’accesso al II semestre e neppure come si formerà tale graduatoria.

Il numero chiuso, comunque, rimarrà come “limite” per soddisfare il fabbisogno di medici, senza creare il problema opposto di un’offerta che superi la domanda. Inoltre, tale numero sarà allineato a quello previsto attualmente dalle Scuole di Specializzazione.

Bassetti: “Dobbiamo rendere le specializzazioni più “povere” più attrattive, perché ne abbiamo un disperato bisogno”

Come il prof. Bassetti ha spiegato a TAG24:

Non si tratta, ovviamente, di un numero aperto. Per cui, chi dice di essere contrario al fatto che entrino tutti, può stare tranquillo perché non è assolutamente vero. C’è sempre un numero programmato. Poi, quest’ultimo sarà, probabilmente, più grande rispetto a quello che abbiamo avuto in passato. Mi pare, quindi, che si commenti senza conoscere dove si vuole arrivare. Inoltre, mi pare abbastanza evidente che nel nostro Paese manchino medici in alcune specialità“.

Purtroppo, come il professore ha ribadito, molti dei neo-dottori preferiscono specializzarsi in indirizzi più redditizi e meno pesanti, in termini di ore di lavoro e stress.

D: Che cosa si dovrà fare?

R: Certamente, il numero di persone che entrano a Medicina. Sperando che aumentandone i numeri aumentino anche quelli che hanno maggiore vocazione ad andare nelle specialità, dove oggi non vuole più andare nessuno, ovvero pronto soccorso, rianimazione, chirurgia, malattie infettive, geriatria, medicina interna. Fondamentalmente, le specializzazioni “più povere“, cioè quelle di cui noi abbiamo un disperato bisogno, ma che sono frontline, dove si guadagna meno e dove si lavora molto di più.

Io spero e mi auguro che allargando in qualche modo il numero di chi farà la selezione a Medicina e poi farà il medico, si troveranno maggiori vocazioni. Il passaggio successivo sarà quello di far diventare queste specialità più attrattive. Se nei prossimi anni, nelle scuole di specializzazione in Medicina d’Urgenza, in Rianimazione o Malattie Infettive ecc. non ci vorranno andare, bisognerà trovare il modo di farle diventare più accattivanti, magari pagando di più i medici che lavoreranno in quegli ambiti.

Io penso che essere contrari ad allargare la base sia un errore, e, spesso, questo tipo di critica viene in maniera “corporativa” per tutelare qualcuno o qualche cosa. Non credo che sia a rischio – come dice qualcuno – di avere tanti disoccupati.

Personalmente, non ho mai visto un medico disoccupato neanche prima del numero chiuso. I medici se hanno voglia di fare trovano sicuramente lavoro. Se qualcuno li avesse visti, me li faccia vedere. Il problema, secondo me, è che bisogna trovare medici che abbiano voglia di sporcarsi le mani. La sensazione è che oggi i medici che arrivano infondo preferiscano fare cose dove ci si sporca meno, si guadagna molto di più e – posso dire – si fa anche meno. I numeri delle scuole di specializzazione di quest’anno sono imbarazzanti. I nuovi medici non hanno più voglia di soffrire.

Bisogna fare come per il panda: se l’animale si sta estinguendo lo si tutela. Allo stesso modo va fatto con le specializzazioni. Per un certo periodo bisognerà creare dei percorsi agevolati per chi voglia intraprendere queste strade.