Mattia Toson era un abile tiratore”: lo ha dichiarato, nel corso dell’odierna udienza del processo che vede il 23enne imputato insieme al padre Roberto per l‘omicidio del 19enne Thomas Bricca, consumatosi ad Alatri, in provincia di Frosinone, la sera del 30 gennaio di un anno fa, uno dei carabinieri chiamati a testimoniare in aula, il luogotenente Gianluca Marchetti.

Omicidio Thomas Bricca, le ultime notizie dal processo: cosa ha detto il carabiniere ascoltato in aula su Mattia Toson

A riportare la deposizione dell’investigatore dell’Arma, che è anche istruttore di tiro, è Il Messaggero. Facendo riferimento ad alcuni filmati rinvenuti sul telefono cellulare di Mattia Toson (che lo riprendono mentre si esercita al tiro), l’investigatore avrebbe spiegato, in aula, che il 23enne andò al Poligono fino a due giorni prima dell’omicidio per il quale è imputato insieme al padre Roberto.

Non solo: secondo il carabiniere, sarebbe stato anche un abile tiratore. “Ci ha colpito l’estrema rapidità con cui colpiva i bersagli a distanze differenziate che andavano dai 14 ai 30 metri. Dalla postura emerge la piena consapevolezza e maneggevolezza con cui utilizzava l’arma”, ha dichiarato, definendolo un “tiratore non occasionale”.

Si tratta di una ricostruzione importante: secondo l’accusa, la sera del 30 gennaio di un anno fa, fu Mattia, infatti, a sparare al 19enne Thomas Bricca dopo averlo scambiato per l’amico Omar, reale bersaglio dell’agguato. Il padre Roberto, che al tiro, secondo il luogotenente Marchetti, non avrebbe mostrato “un’abilità particolare”, avrebbe invece guidato lo scooter T-Max a bordo del quale arrivarono sulla scena del crimine, mai ritrovato. Per la prima volta oggi hanno entrambi partecipato al processo, ma in collegamento video dalle carceri in cui sono reclusi, Rebibbia e Civitavecchia.

La ricostruzione dell’agguato mortale

Il fatto che il 23enne sapesse sparare e che, fino a pochi giorni prima, si fosse esercitato a farlo, potrebbero dimostrare che, nonostante la distanza (e quindi la difficoltà) del colpo che prese Bricca alla testa, il giovane e suo padre avessero messo in conto di uccidere il loro bersaglio, premeditando il delitto.

Si sbagliarono solo perché il 19enne indossava, secondo i testimoni, lo stesso giubbino bianco dell’amico Omar, che con gli imputati aveva avuto degli screzi. Nelle settimane precedenti alla morte del giovane gli amici del ragazzo di origini marocchine e persone vicine ai Toson erano più volte arrivati alle mani.

L’ipotesi è che la sera del 30 gennaio padre e figlio volessero vendicare il pestaggio che un loro familiare aveva subito qualche giorno prima. Ricostruzione che la difesa dei due, rappresentata dagli avvocati Angelo Testa e Umberto Pappadia, rinnega con forza, sostenendo che a carico di padre e figlio, che si proclamano innocenti, manchino “prove concrete”.

Di verità e di giustizia

Entrambi rischiano il massimo della pena. “Siamo convinti fin dall’inizio che siano colpevoli, che siano loro gli autori dell’omicidio”, aveva dichiarato a Tag24, in occasione del primo anniversario della morte del 19enne, lo zio Lorenzo Sabellico.

“Hanno scelto la strada più orribile che potessero scegliere – aveva aggiunto -. Avrebbero potuto almeno ammettere le proprie colpe, invece sono rimasti fermi sulle loro posizioni, prendendosi beffa della comunità e del dolore della nostra famiglia. La dice lunga sulla loro pericolosità sociale e sul fatto che, almeno a mio modesto parere, siano irrecuperabili“.

La Procura, ritenendo che a loro carico ci siano “gravi indizi”, ha chiesto e ottenuto nei loro confronti il giudizio immediato, che consente di saltare la fase dell’udienza preliminare e accelerare i tempi del dibattimento senza sconti di pena in caso di condanna.