Il primo maggio di dieci anni fa scomparve nel nulla dal suo paesino di Ca’ Raffaello, in provincia di Arezzo: Guerrina Piscaglia, all’epoca 49enne, non è mai stata ritrovata eppure, da poco, è stata dichiarata morta. Che fine ha fatto il suo corpo se davvero, come si pensa, è stata uccisa? Chi è il suo assassino? Sono solo alcuni degli interrogativi che ancora ruotano attorno al suo caso.

La storia di Guerrina Piscaglia, scomparsa da Arezzo e mai ritrovata

Quando fu avvistata per l’ultima volta, il primo maggio del 2014, Guerrina Piscaglia aveva 49 anni e viveva a Ca’ Raffaello, nel comune di Badia Tedalda, in provincia di Arezzo, insieme al marito Mirko Alessandrini e al figlio Lorenzo, affetto da disabilità.

Dopo pranzo era uscita per andare a fare una camminata. Non tornò più. La suocera raccontò di averla vista dirigersi verso la canonica: sarebbe emerso solo qualche tempo dopo che aveva un appuntamento con il parroco Gratien Alabi, di origini congolesi. Gli aveva scritto, non a caso: “Vengo in canonica e ti cucino il coniglio”.

Fu lui il primo a parlare di un suo possibile allontanamento volontario: ai familiari che la cercavano riferì che la 49enne gli aveva confessato che sarebbe fuggita insieme ad un ambulante marocchino che viveva nei pressi di Gubbio e che lei aveva invitato a casa per una birra il giorno prima della scomparsa. Non era vero: secondo i giudici, che hanno condannato il prete a 25 anni di reclusione, quel giorno la donna fu uccisa.

La ricostruzione del delitto e del movente

I tanti messaggi e le telefonate che Guerrina e padre Alabi si erano scambiati, interrottisi bruscamente quel pomeriggio di dieci anni fa, dimostrarono che i due avevano una relazione; Guerrina, però, non era contenta: avrebbe voluto qualcosa in più e gli avrebbe fatto pressioni, parlandogli anche di una possibile gravidanza.

Se la vicenda fosse diventata di dominio pubblico, gli avrebbe provocato un grave imbarazzo: questo il motivo per il quale, secondo la giustizia, il sacerdote uccise la donna al culmine di un alterco, mettendo in essere “una condotta di strozzamento omicidario”, cioè strangolandola. Poi ne avrebbe occultato il corpo, mai ritrovato.

Nonostante la condanna – diventata definitiva nel 2019 – Gratien, che ha ammesso di aver avuto una relazione con Guerrina, non ha mai smesso di proclamarsi innocente. Attualmente è detenuto nel carcere di Rebibbia, a Roma. I familiari della vittima, che aspettano di poterle dare una degna sepoltura, stanno combattendo, in tribunale, per ricevere un risarcimento dalla diocesi alla quale apparteneva, quella di Arezzo.

“Sia io che il mio avvocato siamo certi che la diocesi abbia delle responsabilità. Non dirette, ovviamente, e se pur non di rilevanza penale, gravi. Le responsabilità civili devono essere riconosciute”, ha dichiarato il marito di Guerrina al Corriere della Sera, spiegando di non aver mai creduto all’ipotesi di un gesto volontario. “Era una casalinga amorevole. Non avrebbe mai lasciato nostro figlio per fuggire o farla finita”, ha detto. Sulla responsabilità dell’uomo finito in carcere non ha dubbi.

Le similitudini con il caso di Elisa Claps

La storia di Guerrina, finita per anni nel dimenticatoio, ricorda, per certi aspetti, quella di Elisa Claps, la giovane potentina trovata morta 17 anni dopo la sua scomparsa nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità, da poco riaperta al culto nonostante la ferma opposizione dei familiari della 16enne, che ritengono che non vi siano state fatte tutte le indagini necessarie per arrivare alla verità.