Le concessioni demaniali per gli stabilimenti balneari sono scadute il 31 dicembre 2023 e una sentenza del Consiglio di Stato ha disposto lo stop alle deroghe.

Le amministrazioni devono disapplicare tutte le eventuali deroghe al 31 dicembre 2024 e dare subito corso alla procedura di gara per assegnare le concessioni.

La questione delle concessioni balneari, ormai, si trascina da diversi anni. Cosa accade ora?

Stop alle deroghe delle concessioni balneari dal Consiglio di Stato

Soprattutto nel nostro Paese, la questione delle concessioni demaniali balneari va avanti da anni. Le spiagge pubbliche, in Italia, sono assegnate da diversi anni agli stessi gestori, spesso, pagando quasi modiche somme e traendo enormi profitti.

Si sa che per legge le spiagge sono una risorsa pubblica e anche scarsa, come affermato dal Consiglio di Stato.

La loro gestione, di conseguenza, dovrebbe essere assegnata con dei bandi di gara, in modo tale da consentire che ci sia reale e libera concorrenza nella fornitura dei servizi. Almeno, così dovrebbe essere, ma di fatto ciò non avviene.

La sentenza n. 03940/2024 del Consiglio di Stato riguarda proprio un ricorso del 2023 di un proprietario di uno stabilimento balneare.

I giudici dispongono di dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto concorrenziale.

Quindi, i comuni sono obbligati a disapplicare le deroghe ed è stata confermata la scadenza delle concessioni al 31 dicembre 2023. Tutte le proroghe successive sono considerate illegittime.

Con questa nuova sentenza, il Consiglio di Stato ha ribadito lo stop alla nuova proroga delle concessioni al 31 dicembre 2024, stabilita dal Governo con il decreto Milleproroghe e già applicata da molti Comuni d’Italia.

Mappatura e scarsità delle spiagge

Il Governo è stato smentito anche sulla scarsità delle spiagge. In base ad una mappatura dello scorso autunno preparata dall’esecutivo, risultava che il 33% delle coste sia in concessione. Ciò doveva dimostrare che non ci fosse alcuna necessità di mettere a bando le concessioni per tutelare il principio di concorrenza.

Ricordiamo che il principio della libera e trasparente concorrenza per le concessioni balneari era stato richiesto dall’Europa con la direttiva Bolkestein.

Tuttavia, nella mappatura sono state incluse anche le coste rocciose e le zone non balneabili che non possono andare in concessione.

Il Consiglio di Stato, richiamandosi alla sentenza della Corte di Giustizia europea del 20 aprile 2023, oltre che all’intera giurisprudenza europea precedente, ordina l’assegnazione della concessione in un contesto realmente concorrenziale.

Inoltre, riferendosi alle proroghe, la disciplina del 2018 è disapplicabile anche dalle stesse pubbliche amministrazioni e non solo dai giudici nazionali, in quanto contraria ai principi del diritto unionale.

Cosa accade ora?

Quella delle concessioni balneari è una questione molto complessa che, da ormai diversi anni, nessun Governo è riuscito a risolvere. I proprietari degli stabilimenti balneari, così, di anno in anno hanno continuato a trarre profitti dai tratti di spiaggia su cui operano in virtù di concessioni che vengono rinnovati in modalità automatica da decenni.

In molti casi, parliamo di stabilimenti che si tramandano da generazioni. Un modus operandi che va contro la direttiva Bolkestein del 2006, la quale impone all’Italia di indire bandi di gara per le concessioni e aprire il mercato alla libera e trasparente concorrenza.

I Governi di vario orientamento che si sono succeduti nel corso degli anni hanno via via rimandato, sempre in vie più straordinarie, la scadenza di queste concessioni. L’ultima proroga è stata quella voluta dal Governo a guida Meloni. Nella Legge di Bilancio approvata nel dicembre 2022 aveva prorogato le concessioni fino alla fine del 2024.

La decisione dello stop alla deroga ha già sollevato la preoccupazione della categoria dei balneari, considerando l’avvicinamento della stagione estiva.