Mieli, Emiliano e le commissioni parlamentari d’inchiesta
Alla quotidiana rassegna stampa che va in onda su Radio24 l’editorialista del Corriere della Sera Paolo Mieli ha detto: “Il presidente della Regione Puglia Emiliano, convocato dalla commissione parlamentare Antimafia, ha detto che non ci va perché non ha tempo, ma che sistema è? Io non capisco…”. E’ un’affermazione che dovrebbe rilanciare il dibattito sulle commissioni parlamentari d’inchiesta che, come recita la loro legge istitutiva, hanno i poteri e i limiti dell’autorità giudiziaria.
Due dibattiti del 2017 con magistrati, politici e avvocati sul ruolo di uno strumento previsto dalla Costituzione
Una discussione che la Fondazione Luigi Einaudi promosse nel 2017 con due iniziative alla Camera dei deputati a cui partecipai come “esperto” avendo ricevuto come gran maestro del Grande Oriente d’Italia le attenzioni della commissione parlamentare Antimafia presieduta dall’onorevole Rosy Bindi.
Rileggiamo quello che dissero alcuni partecipanti: l’onorevole Enrico Costa (“Avere gli stessi poteri e limiti dell’autorità giudiziaria mette a soqquadro le idee di Montesquieu”); l’ex magistrato Piero Tony (“Il potere delle commissioni parlamentari di inchiesta è senza limiti di sorta”); il procuratore della Repubblica di Vasto, Giampiero Di Florio “Quali garanzie vengono fornite ai cittadini? Il sistema non è corretto e va bilanciato”); lo scrittore Davide Giacalone (“È vero che la Commissione non processa e non condanna ma ha troppo potere”); il presidente dell’Unione camere penali Beniamino Migliucci (“Possono influenzare il procedimento penale”).
Partire da qui si può per riflettere sul ruolo di questo strumento previsto dalla Costituzione che talvolta può sovrapporsi o mescolarsi con l’attività della magistratura.
Stefano Bisi