I controlli fiscali sui conti correnti sono validi senza autorizzazione? La Corte di Cassazione ha ribadito che l’accertamento fiscale basato sulle movimentazioni del conto corrente è valido anche senza alcuna autorizzazione.

Non occorre alcuna autorizzazione all’Agenzia delle Entrate che voglia espletare controlli sui dati dei conti correnti. L’autorizzazione è necessaria solo per finalità organizzative, non andando ad impattare sul provvedimento finale. Di conseguenza, il contribuente vanta un limitato diritto di difesa verso gli atti impositivi ricevuti dall’amministrazione tributaria in seguito a controlli non autorizzati.

Controlli fiscali sui conti correnti: sono validi senza autorizzazione?

I contribuenti temono i controlli e l’invio di avvisi bonari e di accertamenti fiscali. Uno dei dubbi che sorge è se i controlli fiscali sui conti correnti siano validi senza alcuna autorizzazione. A fare chiarezza è la Corte di Cassazione: con l’ordinanza n. 4853 del 23 febbraio 2024 ha sancito quali sono i principi che puntano a rafforzare la posizione dell’amministrazione fiscale. Una parte rilevante delle indagini fiscali svolte per contrastare l’elusione fiscale e l’evasione è espletata attraverso il controllo dei conti correnti.

I controlli sui conti correnti permettono all’Agenzia delle Entrate di emettere un atto di accertamento fiscale volto a recuperare le somme. Gli uffici competenti, come previsto dal decreto legislativo n. 600 del 1973, hanno la possibilità di richiedere le movimentazioni contabili ed i dati bancari dei contribuenti italiani.

Prendendo in considerazione un case study l’amministrazione fiscale aveva provveduto a recuperare le somme Irpef che non erano state correttamente versate. Il tutto era avvenuto senza alcuna autorizzazione. Il contribuente aveva fatto ricorso e la Commissione tributaria provinciale aveva accolto parzialmente il ricorso e aveva decurtato parte dell’imponibile.

La Corte di Cassazione sui controlli fiscali sui conti correnti senza autorizzazione

Sui controlli fiscali sui conti correnti bancari senza la preventiva autorizzazione è intervenuta la Corte di Cassazione, la quale ha chiarito che producono comunque effetti. Di conseguenza, le indagini bancarie che non sono autorizzate producono determinati effetti: è fatta salva l’ipotesi in cui sia derivato un pregiudizio al contribuente. A differenza del codice di procedura penale, in diritto tributario non vige il principio di inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita.

Ai sensi dell’articolo 51, secondo comma del Dpr n. 633 del 1972, non sussiste alcun obbligo di allegazione dell’autorizzazione in quanto espleta una funzione organizzativa. Nel caso in cui manchi l’autorizzazione preventiva, ciò non comporta alcuna illegittimità dell’avviso di accertamento notificato al contribuente. Lo stesso atto si basa sui movimenti bancari acquisiti. Di conseguenza, è valido l’accertamento fiscale sui conti correnti anche senza alcuna autorizzazione preventiva.

Come difendersi dall’accertamento fiscale?

L’accertamento fiscale ha la finalità di recuperare il gettito fiscale e di notificare al contribuente qualunque fatto che possa portare ad un illecito risparmio di imposta. Si pensi, ad esempio, ad un contratto di affitto non correttamente registrato, ad un incasso non fatturato o ad un versamento non effettuato. Da gennaio 2024 è stata introdotta un’interessante novità: prima di notificare un atto impositivo o di accertamento, è possibile instaurare un contradditorio preventivo con il contribuente.

La finalità è quella di favorire l’instaurazione di un dialogo diretto tra contribuente ed amministrazione tributaria. In questo modo il Fisco ha la maggiore probabilità di realizzare entrate con minori costi. Nel caso in cui un contribuente riceva un atto di accertamento fiscale avrà a disposizione due strade. La prima quella di provvedere al pagamento di quanto dovuto oppure la seconda è quella di contestare l’atto e di ricorrere ad uno degli strumenti difensivi approntati dalla normativa.

Lo strumento difensivo più economico è la difesa in autotutela: si tratta di un reclamo di natura informale che permette al contribuente di poter contestare l’atto notificato. L’istanza in autotutela, che può essere redatta anche dal contribuente stesso, permette di evitare il sostenimento di onerose spese legali. Il buon consiglio è quello di far redigere l’istanza ad un Tributarista.