La contessa Alberica Filo della Torre aveva 42 anni quando, il 10 luglio del 1991, fu uccisa all’interno della villetta in cui viveva con i suoi familiari nell’elegante quartiere dell’Olgiata, a nord di Roma. Il suo caso, ancora ricordato da molti, fu risolto solo vent’anni dopo: nel 2011 fu arrestato e poi condannato per omicidio volontario l’ex maggiordomo Manuel Winston Reyes, di origini filippine, che tre anni fa, dopo aver scontato dieci anni di carcere, è tornato libero.
La ricostruzione del delitto dell’Olgiata
Tuttò inizio il 10 luglio del 1991. In mattinata la contessa Alberica Filo della Torre fu trovata morta, con la testa avvolta in un lenzuolo insanguinato, da una domestica e dalla figlia Domitilla, che dettero l’allarme dopo essere entrate nella stanza da letto della donna nel corso di alcuni preparativi per una festa.
Si pensò subito a un delitto di tipo passionale. I sospetti si concentrarono, in particolare, su Pietro Mattei, l’imprenditore edile con cui la donna era convolata a nozze dieci anni prima, il 10 luglio del 1981, dopo aver annullato alla Sacra Rota il matrimonio contratto con il principe Alfonso de Liguoro.
Poi venne chiesto l’esame del Dna su due uomini che, per motivi diversi, avevano accesso alla villetta dell’Olgiata: il primo era Roberto Jacono ed era il figlio dell’insegnante privata dei figli della vittima; il secondo era Manuel Winston Reyes, che per anni aveva lavorato come maggiordomo per la famiglia e che qualche giorno prima era stato licenziato.
Le analisi scagionarono entrambi, bloccando, di fatto, le indagini, che in autunno furono ufficialmente sospese dal pubblico ministero di turno. Qualche anno dopo, nel 1993, venne tirato di nuovo in mezzo Mattei: qualcuno sosteneva che potesse essere stato lui a commettere l’omicidio. Che avesse contatti con dei funzionari del Sisde finiti al centro del grave scandalo dei fondi neri. Ma contro di lui non c’erano indizi.
La riapertura delle indagini e l’arresto dell’assassino della contessa
Fu proprio Mattei, dopo anni di richieste, a portare alla riapertura del caso: puntando sulle nuove tecniche investigative, nel 2007 l’uomo, attraverso i suoi legali, chiese agli inquirenti di analizzare tutti i reperti sequestrati sulla scena del crimine, in particolare il lenzuolo insanguinato che l’assassino aveva utilizzato per coprire il volto della vittima.
Gli accertamenti non portarono a nulla; così, per l’ennesima volta, la Procura chiese l’archiviazione dell’inchiesta sul caso, a cui però la famiglia della vittima si oppose. Vent’anni dopo i fatti, nel 2011, arrivò la svolta: recuperando le registrazioni di vecchie telefonate risalenti ai giorni immediatamente successivi al delitto gli inquirenti riuscirono a capire che l’ex maggiordomo della famiglia si era messo in contatto con un ricettatore per la vendita di alcuni gioielli sottratti alla contessa.
A quel punto Reyes, messo alle strette, confessò l’omicidio, spiegando di aver colpito la 42enne con uno zoccolo e di averla poi strangolata dopo essersi recato da lei per chiederle di riassumerlo, in quanto aveva bisogno di soldi. Fu riconosciuto colpevole di omicidio volontario (l’accusa di rapina fu invece archiviata) e condannato a 16 anni di reclusione dopo aver beneficiato del rito abbreviato.
Nell’ottobre del 2021 è tornato in libertà dopo aver scontato dieci anni di carcere. Prima del fermo si era rifatto una vita, sposando una donna con cui, nel 1995, ha avuto una figlia che ha chiamato proprio Alberica. Che fine ha fatto oggi non è chiaro: appena uscito ai microfoni della trasmissione televisiva “Chi l’ha visto”, riferendosi ai figli della vittima (il marito Pietro è morto nel 2020) disse: “So benissimo che stanno soffrendo, ma non posso tornare indietro, non posso ridargli la felicità, non smettetò di pregare per loro”.