Il 10 luglio del 1991 uccise la contessa Alberica Filo della Torre; venti anni più tardi, nel 2011, confessò il delitto, venendo condannato a 16 anni di reclusione: oggi Manuel Winston Reyes è di nuovo libero. Nel 2021, infatti, è stato scarcerato: ha scontato 10 anni.

Che fine ha fatto Manuel Winston Reyes dopo la condanna per il delitto dell’Olgiata?

“Se mi dovesse capitare di incontrarlo gli farei i complimenti per aver preso per i fondelli tutti. Per essere riuscito a vivere da uomo libero per oltre 20 anni, per essersi fatto una famiglia e aver dato il nome di mia madre a sua figlia”, dichiarò Manfredi Mattei ai giornalisti dell’Ansa nel commentare la notizia della scarcerazione di Manuel Winston Reyes – il filippino condannato a 16 anni di reclusione per aver ucciso la madre, la contessa Alberica Filo della Torre – nel 2021.

“È una cosa indegna – aveva aggiunto -. È assurdo che una persona che si è macchiata di un reato così grave possa tornare libera dopo soli 10 anni e poi ci sono persone che per fattispecie meno drammatiche restano dietro le sbarre per molto più tempo”. Che fine abbia fatto l’uomo dopo essere tornato in libertà non è chiaro. Quando si macchiò dell’omicidio dell’Olgiata, nell’estate del 1991, aveva da poco perso il suo lavoro come maggiordomo all’interno della villetta di Roma Nord in cui la vittima viveva insieme alla sua famiglia.

Era stato licenziato dopo un’accesa discussione su un prestito che la contessa gli aveva accordato e che lui non le aveva mai restituito. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini e del processo, il giorno del delitto si era recato da lei per chiederle di essere riassunto, ma avevano litigato di nuovo: da lì la decisione di colpire la donna con uno zoccolo per poi strangolarla.

La confessione dell’omicidio nel 2011

Nel 2011, dopo vent’anni dai fatti, Reyes confessò il delitto. “Dovevo lavorare, ero stato cacciato e avevo bisogno di soldi“, disse, respingendo l’accusa di rapina che gli inquirenti avevano mosso nei suoi confronti, poi ufficialmente archiviata. Raccontò che voleva parlare con la contessa e che, per farsi coraggio, aveva bevuto “un bicchiere di whisky”.

“Ricordo che passai dal garage e la vidi in casa. Andammo in camera da letto dove ci fu una discussione“, spiegò. Le cose degenerarono fino alla morte della donna. L’uomo però la passò liscia: qualche anno dopo si sposò e nel 1995 nacque la figlia, che decise di chiamare Alberica “per espiare la sua colpa”. Quando si costituì chiese scusa a tutti, a partire dai familiari della vittima, che per decenni avevano lottato per arrivare alla verità e alla giustizia.

C’è chi addirittura aveva sospettato del marito della donna, Pietro Mattei, che invece era innocente. Anche grazie alla sua determinazione si arrivò a una svolta nel caso. Insieme ai figli Manfredi e Domitilla Mattei l’uomo ha dato vita – prima di spegnersi, nel 2020 – alla Fondazione Alberica Filo della Torre, che si occupa di assistenza legale e supporto alla formazione forense.

Un’iniziativa simile a quella che portò alla fondazione dell’Associazione Penelope, impegnata nel supporto alle famiglie delle persone scomparse, voluta da Gildo Claps e dalla madre Filomena dopo il ritrovamento del corpo senza vita della sorella Elisa, avvenuto 17 anni dopo la denuncia di scomparsa presentata dalla famiglia all’interno della Chiesa della Santissima Trinità di Potenza, dove, prima di sparire, la ragazza era stata avvistata con quello che si sarebbe rivelato essere il suo assassino: Danilo Restivo.