Era accusato dell’omicidio dell’anziana Diva Borin, consumatosi nel marzo del 2019 ad Urago Mella, in provincia di Brescia: lo scorso 29 marzo l’ex badante Salvatore Spina è stato assolto dai giudici della Corte d’Assise d’Appello. Il motivo? Non è possibile affermare con certezza che si trovasse nell’abitazione della vittima nell’orario in cui è morta.
Assolto anche in Appello l’ex badante di Diva Borin Salvatore Spina: ecco le motivazioni dei giudici
Spina era già stato assolto in primo grado. Lo scorso 29 marzo i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia avevano poi confermato la sentenza, rigettando la richiesta dell’accusa di condannarlo a 14 anni di reclusione con formula “dubitativa”. Stando alle motivazioni, depositate nelle scorse ore, non sarebbe possibile affermare con certezza che si trovasse nell’abitazione della vittima, l’86enne Diva Borin, nell’orario in cui è morta.
“Ci si trova al cospetto di un caso di contraddittorietà della prova, poiché a carico di Spina sussiste una serie di elementi indiziari che, valutati nel loro insieme, sarebbero stati senz’altro idonei ad indicarlo come autore dell’omicidio”, scrivono i giudici. “Ma al tempo stesso – aggiungono – a suo valore milita il dato relativo all’orario della morte della vittima”. A riportarlo è il quotidiano locale Qui Brescia.
I fatti risalgono alla primavera del 2019. Era stato proprio Spina – che per l’anziana lavorava come badante – a dare l’allarme, chiamando i carabinieri e spiegando loro di aver trovato il suo corpo senza vita nella sua casa di via Ballini, a Urago Mella. L’autopsia stabilì che Borin era morta per strangolamento: secondo l’accusa per mano del 43enne, che le avrebbe stretto un foulard attorno al collo.
Il possibile movente economico
Sembra che Spina avesse convinto l’anziana ad intestargli la sua eredità: l’ipotesi dell’accusa è che l’abbia uccisa perché temeva che potesse decidere di cambiare il testamento, che lo vedeva destinatario di circa 60mila euro.
La difesa sostiene che non ne avrebbe avuto il motivo, non avendo problemi di tipo finanziario. È possibile, però, secondo gli inquirenti, che desiderasse “un salto di qualità” del proprio tenore di vita. A far dubitare di lui è anche il fatto che la mattina della morte dell’anziana avesse “richiesto la presenza di un’altra signora” per entrare nella sua abitazione, perché preoccupato “per le temute condizioni di salute” della stessa.
Come se si aspettasse di trovarla morta. Strano anche il fatto che, una volta entrato, abbia deciso di “slacciare il foulard che cingeva il collo della signora”: secondo i giudici “viene naturale pensare che si sia trattato di un gesto effettuato al fine di predisporre una spiegazione plausibile all’eventuale presenza di sue impronte sul foulard nel corso delle indagini”.
Sospetti che non sono bastati a riconoscerlo colpevole. Motivo per cui, a cinque anni di distanza, l’omicidio di Borin resta irrisolto.
Il caso di Salerno
È finito diversamente il caso di omicidio che nel luglio del 2022 aveva sconvolto la città di Salerno: quello della 91enne Maria Grazia Martino, morta per mano dell’ex badante all’interno dell’abitazione in cui viveva insieme ai fratelli in via San Leonardo.
L’uomo, di nome Giuseppe Buono, è stato da poco condannato a 24 anni di reclusione: secondo i giudici agì “crudelmente” nel tentativo di sottrarre all’anziana, alla sorella e al fratello l’ingente somma di denaro che conservavano in casa per risanare un suo debito di droga.
Dopo aver scalvato un muro laterale si era intrufolato nell’abitazione brandendo una mazza di ferro di circa 30 centimetri: pensava che le due donne stessero riposando. Così, dopo aver chiuso la stanza in cui si trovava il fratello – allettato -, si era messo a cercare il denaro, venendo però scoperto. Nel fuggire aveva colpito Maria Grazia, che poco dopo era morta.