“Confidenza” è il nuovo film del regista Daniele Luchetti, tratto dall’omonimo romanzo dell’autore Domenico Starnone. Uscito al cinema lo scorso 24 aprile ha come protagonista Elio Germano, nel ruolo del professore Pietro Vella, tormentato da un segreto che lo perseguita.
“Confidenza”, recensione
È tarda primavera e il sole ha già cominciato a scaldare l’aria di Roma. Le scuole stanno per terminare e i diplomandi si apprestano a prepararsi per gli esami. È la fine degli anni ’70 e Pietro (Elio Germano) insegna lettere in un liceo di periferia. Non è un uomo particolarmente alto, o dal fisico imponente, ma ha un non so che di affascinante che rapisce l’attenzione dei suoi alunni. Ha lo sguardo vispo, i capelli mossi, un po’ lunghi, e una barba castana dalle punte rossastre a delineare i confini del suo volto scarno. Con le sue spalle piccole, una manciata di nei sparsi qui e là sul viso e un sorriso un po’ furbo che spunta sulla sua bocca dalle labbra sottili, non si può certo dire che incuta terrore. I ragazzi lo adorano, si appassionano alla materia grazie ai suoi modi di insegnare gentili e amorevoli. Lui è fermamente convinto che il metodo migliore per trasmettere passione per lo studio sia amare i propri allievi e tra questi c’è una ragazza particolarmente intelligente, sempre preparata e portata per la matematica.
Si chiama Teresa (Federica Rosellini), è nata a Trieste nel ’61 ed è orfana, ha un carattere forte, a tratti duro, con la propensione a mettersi spesso sulla difensiva; è schiva e schietta e non ha mai paura di dire ciò che pensa. Ha un’indole quasi maschile che fa a cazzotti col suo aspetto: grandi occhi verdi, carnagione bianchissima e una lunga cascata di sottili capelli biondo scuro. Ha una cotta per Pietro, quel professore così simpatico e carismatico che piace proprio a tutti. Tra i due c’è una certa intesa e un sottilissimo velo a tenere malcelata un’attrazione carnale esplosiva, ma finiti gli esami entrambi andranno avanti con le loro vite senza saper più nulla l’uno dell’altra. Fino a un paio d’anni dopo quando Pietro, ancora segretamente inebriato dal fascino acerbo di Teresa, verrà a sapere da alcuni dei suoi ex alunni che lei anziché iscriversi all’università ha lasciato gli studi per fare la cameriera in un ristorante.
Colto da un istinto protettivo una sera decide di andarla a trovare a lavoro per convincerla a ricominciare a studiare, ma poche ore dopo quell’incontro tanto atteso esploderà, nel calore di una nottata estiva, in uno scontro carnale di corpi ardenti che si cercano per stringersi, unendosi in un groviglio di baci e carezze. E così, non soltanto Teresa si iscriverà alla facoltà di matematica, ma andrà a vivere da Pietro portando avanti una relazione intensa e viscerale. Ma passati altri due anni, in una serata di ubriachezza e litigi, i due decideranno di fare un patto per consacrare per sempre la loro unione: confidarsi ciascuno un segreto scabroso dell’altro. Pietro, inizialmente riluttante all’idea, decide poi di aprirsi con Teresa confidandole qualcosa che rovinerà irrimediabilmente il loro rapporto, segnandone la fine. Entrambi, lasciandosi, andranno avanti con le proprie esistenze, però qualcosa di profondamente sottile, ma pesante, continuerà a tenerli incatenati a nodo stretto.
Ma tra le due solo la confessione di Pietro è così scioccante da potergli rovinare vita e carriera. Teresa custodirà, quindi, questa verità tanto oscena sul conto del suo amore mai dimenticato? O utilizzerà proprio questo fardello, che pende sulla testa di lui, per tenerlo per sempre legato a sé?
“Confidenza”, critica
Il regista Daniele Luchetti, lo scorso 24 aprile, è tornato al cinema presentando “Confidenza”, il suo ultimo film tratto dall’omonimo romanzo del 2019 dello scrittore napoletano Domenico Starnone. Questo è il terzo lungometraggio di Luchetti tratto dalle opere dell’autore campano che, dopo “La Scuola” del 1995 e “Lacci” del 2020, suggella questo sodalizio artistico. Il regista collabora, inoltre, ancora una volta con Elio Germano per la parte del protagonista Pietro Vella.
Questa storia affronta uno dei temi che, a livello sociale, incute più terrore alla maggior parte di noi: la perdita di una buona reputazione. Il personaggio principale non rappresenta solamente la figura del professore stimato dalla comunità, ma anche dell’uomo genuinamente ambizioso che negli anni coglie l’opportunità di farsi strada nel mondo della saggistica e della letteratura, scrivendo per il Ministero dell’Istruzione e portando avanti la sua teoria dell’importanza che ha l’affetto nei confronti dei propri allievi per un insegnamento di buona riuscita. Ma dietro questo grande ideale di onestà intellettuale ed emotiva si cela un ometto debole, bugiardo, traditore, vigliacco, vanitoso, che nasconde un segreto orribile che terrorizza lui stesso.
Però questo non è un dramma che parla soltanto delle paure di un individuo piccolo, meschino ed egoista, bensì affronta anche la complessità dei rapporti d’amore e la morbosità ossessiva di controllo che si annida nei legami passionali. Del bisogno malato di creare un filo indistruttibile per tenere qualcuno attaccato a sé, anche se questo in realtà rappresenta una forma di ricatto. Sono, inoltre, tanti altri gli argomenti che vengono affrontanti in questa storia, come ad esempio l’invidia dell’altro anche fra persone che si amano, l’insoddisfazione emotiva e sessuale nella quale di frequente precipitano rovinosamente le coppie di lunga data, la posizione della donna nel matrimonio spesso costretta a rinunciare alla realizzazione della propria carriera lavorativa per la famiglia, obbligata ad adombrarsi dietro la presenza ingombrante di un marito e delle sue gigantesche ambizioni.
Si è fatto un gran parlare dell’interpretazione di Elio Germano in questa pellicola, definito addirittura da qualcuno attore inarrivabile. Purtroppo non posso dirmi altrettanto entusiasta delle sue capacità attoriali, che negli anni non sono mai riuscita ad apprezzare fino in fondo. Se posso assolutamente ammettere che nel tempo ci sia stato un netto miglioramento rispetto ai primissimi esordi, tipo ad esempio in “Un Medico in Famiglia” nel ruolo di Er Pasticca, questo personalmente non mi basta trovandolo ancora in parecchi punti poco convincente.
Stessa cosa per Federica Rosellini, acclamata da alcuni del mondo della critica come grande rivelazione del cinema, che invece mi è risultata quasi insopportabile. Non so se fosse una scelta di regia per quanto riguarda il suo personaggio, ma l’ho trovata forzata soprattutto nei sorrisi inquietanti a denti stretti che spesso ci propina nel corso del film. Di media bravura le interpretazioni di Vittoria Puccini nel ruolo Nadia, moglie di Pietro, di Isabella Ferrari che interpreta Tilde, l’editrice del Ministero dell’Istruzione, e di Pilar Fogliati come Emma Vella, figlia del protagonista.
Devo dire che, dopo aver visto il trailer, mi aspettavo grandi cose, ma purtroppo sono rimasta abbastanza delusa. Non è un prodotto che posso definire deludente in toto, ma ha molti limiti che potevano essere superati con delle migliorie opportune. Ciò che proprio mi ha infastidita è il trucco utilizzato per invecchiare i personaggi nella terza fase della loro vita, che non risultava affatto realistico. Più che delle persone tra i sessanta e i settant’anni sembravano delle maschere di gomma assai disturbanti. E anche il quantitativo di rughe era veramente eccessivo, tipico sicuramente di soggetti sulla novantina e non di certo al di sotto degli ottant’anni.
Due stelle virgola otto su cinque.