La decisione di parlare pubblicamente della propria malattia e del tumore che l’ha colpito è costata molto a Franco Di Mare. Il giornalista Rai ed inviato in teatri di guerra come nell’ex Jugoslavia ha parlato al “Corriere della Sera” e a “Che tempo che fa” del mesotelioma che l’ha aggredito.
“Un tumore molto cattivo“, come definito dallo stesso Di Mare. A fargli ancora più male non è tanto la prospettiva dei pochi mesi di vita rimasti, ma il silenzio che molti (ex) colleghi in Rai gli hanno riservato: “Nessuno mi risponde più al telefono, è ripugnante“.
L’annuncio di Franco Di Mare: “Ho un mesotelioma”
Non solo le polemiche sul monologo di Antonio Scurati cancellato all’ultimo momento o l’abbandono di conduttori popolari come Amadeus, ma anche il poco tatto mostrato nei confronti di un collega in gravissima difficoltà.
Franco Di Mare, per tanti anni giornalista di punta nei tre canali nazionali con i suoi reportage di guerra e la conduzione di diversi programmi d’informazione, ha parlato per la prima volta pubblicamente del tumore che deve affrontare, il mesotelioma. Come ha raccontato lo stesso giornalista al “Corriere della Sera” e in diretta nel programma di Fabio Fazio “Che tempo che fa“:
Ho preso un mesotelioma, un tumore molto cattivo, legato alla presenza di amianto nell’aria. Si prende perché si respirano particelle di amianto senza saperlo, senza rendersene conto, perché una fibra d’amianto è seimila volte più piccola di un capello, seimila volte più leggera di un capello. Una volta liberata nell’aria non si deposita più per terra, e ha un tempo di conservazione lunghissimo, può restare lì in attesa sino a 30 anni, e quando si manifesta ahimè, di solito è troppo tardi.
Di Mare ha scelto di parlare di questo tumore non solo per presentare il suo ultimo libro, “Le parole per dirlo“, ma anche per mostrare una forza d’animo notevole nei confronti di una malattia che lo costringe ad usare quotidianamente un respiratore artificiale. Come racconta allo stesso Fazio:
Questo tubicino che mi corre sul viso è un tubicino legato a un respiratore automatico e mi permette di respirare in modo forzato, ma mi permette di essere qui a raccontare, a parlare con te. Ho avuto una vita bellissima, una vita veramente bella. Le memorie che ho sono memorie piene di vita. Non voglio fossilizzarmi attorno all’idea di morte. Mi voglio legare all’idea che c’è una vita. Quello che mi dispiace tanto è scoprirlo solo adesso.
“Mi resta poco da vivere ma non mollo. Rai? Silenzio vergognoso”
I passaggi più duri Di Mare li dedica a come si è potuto sviluppare il tumore ed il suo decorso. Come accennato, l’inviato andò diverse volte nell’ex Jugoslavia per raccontare le diverse fasi delle guerre civili ed etniche che devastarono quello stato.
Negli anni si è appreso che truppe Nato e non usarono proiettili con uranio impoverito e materiali come l’amianto che non si possono smaltire in alcun modo.
Ecco quanto dice Di Mare:
Sono stato a lungo nei Balcani, tra proiettili all’uranio impoverito, iper-veloci, iper-distruttivi, capaci di buttare giù un edificio. Ogni esplosione liberava nell’aria infinite particelle di amianto. Ne bastava una. Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione. O all’ultima, nel 2000, chissà. Non potevo saperlo, ma avevo respirato la morte. Il periodo di incubazione può durare anche 30 anni.
Un aiuto per accertarsene, per quanto possibile, sarebbe potuto giungere dalla Rai, che ha documenti utili anche ad avvertire chi magari era in quelle stesse zone nel medesimo periodo di tempo. Solo silenzio però dai vertici e colleghi della Rai, con Di Mare che non risparmia la propria amarezza:
Capisco che ci siano ragioni sindacali e legali, io chiedevo lo stato di servizio, l’elenco dei posti dove sono stato per sapere cosa si potrebbe fare. Non riesco a capire l’assenza sul piano umano, persone a cui davo del tu che si sono legate al telefono. Trovo un solo aggettivo: è ripugnante.