La condanna a morte di Toomaj Salehi, rapper iraniano di 33 anni, reo di aver partecipato alle proteste contro il regime, ha riportato all’attenzione internazionale la situazione politica e umanitaria nel paese guidato dagli ayatollah. Oggi la comunità iraniana è scesa in piazza in suo nome anche a Roma, come in altre città del mondo, al grido “Donne Vita Libertà”

Il sit-in a Roma per Toomaj Salehi: “Dobbiamo dare voce a colui che è stato la voce dell’Iran”

“È stato la voce fortissima e sentita di tutta la protesta iraniana”, racconta Noushin Masoumi, ballerina che si è esibita sulle note di una sua canzone proprio di fronte al Pantheon. “Lui ci ha supportato quando avevamo bisogno di una voce” continua “e oggi siamo noi la sua”.

Le diverse decine di persone che hanno risposto alla chiamata in Piazza della Rotonda hanno intonato cori contro il regime degli ayatollah, in favore della libertà e in memoria di chi è stato arrestato, condannato o ucciso.

Quello di oggi, infatti, vuole essere anche un grido d’aiuto. “Vogliamo ricordare alla Comunità Internazionale che in Iran non è cambiato niente”, sottolinea l’artista Fariba Karim. L’assenza di notizie, fa notare, non è da attribuirsi a un cambio di politiche ma agli altri fatti che stanno scuotendo il Medio Oriente e monopolizzando l’attenzione dei media. “Se questa condanna a morte sarà realizzata” ammette “il regime sarà riuscito a spegnere la voce dell’Iran”.

“Le donne iraniane hanno più paura del regime che dei bombardamenti di Israele”, racconta Fariba, che continua: “anche loro però hanno paura di noi, delle donne, perché se saremo libere in Iran, l’Iran sarà un paese libero”.

Anche alcuni membri della comunità ebraica al sit-in per Toomaj

Intanto, anche qualche membro della comunità ebraica romana ha scelto di prendere parte alla protesta e di mostrare la bandiera di Israele. “Chiediamo la libertà per Toomaj Salehi. Il popolo ebraico è al fianco dei giovani iraniani nella loro battaglia per la democrazia e la libertà”, le parole di Benedetto Sacerdoti, responsabile italiano del forum delle famiglie degli ostaggi.

Di fronte alle richieste di alcuni degli organizzatori, comunque, hanno lasciato da parte le bandiere israeliane per fare in modo che in piazza ci fossero solo quelle iraniane. “Non abbiamo nessun problema con il popolo di Israele”, sottolinea in ogni caso Fariba Karim: “noi siamo contro la guerra, è il regime che finanzia gruppi terroristici come Hamas”.