Quello che una volta era lo stabilimento fiore all’occhiello di Fiat, a Melfi in Basilicata, dove ci si “poteva specchiare nei pavimenti”, come disse Marchionne in passerella “Jobs act” con l’allora premier Matteo Renzi, oggi è il simbolo del futuro di Stellantis, tanto promesso e mai rilanciato.
Stellantis a Melfi resta un fantasma
Nella più grande area industriale della Basilicata, al confine tra Puglia e Campania, non esistono più i simboli di chi ancora produce automobili, sono state “ammainate anche le bandiere” ci evidenzia Antonio, operaio e sindacalista Fiom che ci accompagna.
L’abbandono e la mancanza di prospettive per i lavoratori italiani del gruppo sono evidenti. Con l’arrivo dell’Ad Tavares e la fusione tra FCA e PSA è cambiato anche il modo di lavorare. Il turno notturno è stato tagliato ci sono ore su ore di cassa integrazione, contratti di solidarietà e programmazione quasi giornaliera per la produzione.
“Al problema degli stipendi sempre più bassi perché le ore effettive di lavoro sono sempre meno, si aggiunge l’incertezza per il futuro e le condizioni di lavoro che sono enormemente peggiorate su tutte le condizioni. Non solo sulla linea e sui ritmi di lavoro, ma anche negli ambienti. C’è una scarsa igiene nello stabilimento, anche le toilette si puliscono meno”
Bagni sporchi? Dove è finita l’officina-gioiello?
Per gli operai il senso di abbandono e frustrazione è quasi una regola. Dopo l’avvento dei piani di Marchionne sulle restrizioni contrattuali, la nuova visione voluta da Jonh Elkann e Tavares con Stellantis ha annullato di fatto l’effetto delle assunzioni. Al netto del taglio degli esuberi dichiarati dall’azienda gli operai, 8000 nel 2015, nel 2024 con i nuovi esuberi richiesti e gli “inviti” alle fuoriuscite, gli operai saranno quasi dimezzati nel 2025.
Per Vincenzo operaio barese che ogni giorno per andare al lavoro percorre centinaia di chilometri la situazione è simile in ogni stabilimento Stellantis in Italia: “Vedere lo stabilimento in questo stato di degrado da due anni, ci rende pessimisti sul futuro. Vediamo una fabbrica sempre più sporca in confronto al passato. C’è caos, per loro (i francesi ndr) è organizzato, per noi è solo caos. Si sono ridotti tutti i cicli di pulizia, e lo stesso vale anche per gli altri stabilimenti del gruppo in Italia, così ci viene raccontato dai colleghi”.
Oggi ancora di più lo spoglio dei simboli prima e della dignità del lavoratore poi sono diventati il risultato di una contrattazione ai massimi livelli istituzionali dove l’Italia sembra essere il vero soggetto perdente nei confronti di chi, come in Francia, può ancora difendere i lavoratori.
“Stiamo aspettando ancora le divise con i loghi di Stellantis, – continua Vincenzo – una volta era obbligatorio andare al lavoro con la divisa, oggi c’è chi viene con i propri Jeans e maglietta. Hanno recuperato gli indumenti di altri stabilimenti”.
Turni tagliati e produzione in ribasso
Se Tavares taglia ogni cosa, dai turni di pulizia dei bagni, ai cartelloni fuori dalla fabbrica, alle divise degli operai ancora senza marchio Stellantis fino alla richiesta di altri esuberi, gli operai di Melfi non possono far altro che allarmarsi. Molti hanno accettato la buonuscita e sono andati via, “soprattutto i più giovani”. Quelli che restano devono fare i conti con turni tagliati e calendari di lavoro comunicati giorno per giorno.
“La scorsa settimana – ci racconta Antonio – di domenica sera (lo stabilimento di Melfi non produce di sabato e domenica ndr), siamo stati raggiunti da un sms che ci annunciava che il giorno dopo non ci sarebbe stata produzione. Così per tutta la settimana la comunicazione è arrivata sempre la sera prima. La settimana persa si sarebbe potuta recuperare con due settimane con i tre turni compreso il notturno. Ma invece il turno di notte resta chiuso e la produzione persa non verrà recuperata”.
Non è solo la grande scritta FCA sul tetto che non c’è più o i parcheggi deposito delle auto semivuoti che stupiscono. Per Antonio e i tanti operai dello stabilimento di Melfi l’evidenza di una fuga del gruppo èp palese pochi credono alle promesse fatte da Tavares. “Stiamo assistendo ad un calo a picco dei volumi di questa fabbrica. Fino al 2026 navigheremo con questi volumi bassi di produzione, non si intravedono investimenti che possano portare alle produzioni promesse. Se non ci verranno assegnati i modelli che ci sono stati promessi, non possiamo essere certi che lo stabilimento resti attivo”.
Sono stati promessi agli operai di Melfi almeno cinque modelli nuovi dei vari brands che compongono la galassia Stellantis. Pochi ci credono anche se l’implementazione di alcuni modelli è già in corso. Si partirà con i primi due del marchio DS, ad oggi però i lavori di conversione ad una produzione elettrica vanno a rilento.
Non solo Melfi lo scontro ai vertici Governo – Stellantis
Secondo i programmi i cinque modelli avranno una calendarizzazione spalmata fino al 2026. Come capacità produttiva Stellantis promette un totale di 260mila vetture l’anno, numeri fin troppo contenuti per sostenere la produzione promessa dal ministro Urso.
Uno stabilimento come quello di Melfi ha la capacità di produrre anche 500mila vettura l’anno. Ad oggi però, secondo alcune stime, nel primo trimestre siamo a circa 25mila per un totale di 100mila veicoli.
All’occhio degli operai e di molti analisti, il futuro italiano di Stellantis può esserci solo se lo Stato metterà qualcosa sul tavolo da offrire. I tavoli di confronto però non hanno prodotto altro che malumori, qualcuno parla di ricatto nei confronti della politica nazionale. Quella regionale della Basilicata resta completamente assente. Mentre al tavolo del ministero del Made in Italy neanche il ministro Urso è riuscito a farsi esporre chiaramente i piani della multinazionale che parla più francese che italiano.
“Sembra che l’azienda stia esercitando un ricatto nei confronti del governo italiano: incentivi in cambio di investimenti. Gli operai queste cose le percepiscono ecco perché ci appelliamo alla politica perché si possa interessare veramente a quelle che sono le condizioni future dell’automotive”.
La piana di San Nicola di Melfi, 900ha di estensioni e circa 600ha di infrastrutture, con l’86% di occupazione nelle mani di Stellantis, sarà inglobata nella zona ZES (zona economica special ndr) voluta dal governo Meloni per tutto il meridione. Gentile concessione governativa che però livella sullo stesso piano tutto il sud. Non ci saranno focus personalizzati per alcuni agglomerati industriali che avrebbero tutto il potenziale per diventare distretti d’eccellenza. Come lo fu quello di Melfi per decenni per l’automotive italiano.