Goffredo Bettini, uno dei padri nobili del Partito Democratico molto vicino alla segreteria Schlein, ha concesso una intervista all’Unità in edicola oggi parlando, tra l’altro, del rapporto che i dem, secondo lui, devono continuare a coltivare con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte.
Con l’ex premier, Bettini, anche in passato, ha avuto una grande sintonia. E probabilmente anche per questo le sue frasi oggi sono al centro della polemica politica. Ad attaccarlo è soprattutto Italia Viva sulla base di queste parole:
“Conte ha utilizzato alcune situazioni di nostre difficoltà in modo ruvido e pensando molto al suo partito. Ma l’importante è non superare un limite di guardia, oltre il quale tutto sarebbe perduto. Sento, tra molte compagne e compagni, emergere la legittima esigenza di porre al centro il Pd nella costruzione di un’alternativa. Un tempo si sarebbe detto: porsi come la forza egemone. Ricordo, tuttavia, che l’egemonia si conquista sul campo, esercitando una funzione generale, democratica e nazionale. Non facendo i più duri con i duri. Insomma: se gli altri sono meno unitari, noi dobbiamo fare l’unità per due. Questo sta nella storia delle grandi forze progressiste e popolari che hanno fondato la Repubblica”
Italia Viva contro Goffredo Bettini, Borghi: “Vuole rifare il Pci fondendo Pd e M5S. I riformisti dem sono prigionieri politici”
Sta di fatto che l’invito di Bettini a saldare il rapporto Pd-M5S, non è certo il primo, ha dato il la a Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato, di scrivere su X:
“Nell’intervista marxiana di Bettini, il modello del futuro per la sinistra italiana è molto chiaro: la fusione tra Pd e 5 Stelle, per rifare un conglomerato stile Pci, con una spruzzata di cattolicesimo alla Tarquinio subalterno allo schema e totalmente ininfluente sul piano politico”.
Sempre a proposito dell’intervista di Goffredo Bettini sull’Unità di oggi, il rappresentante del partito di Renzi ha poi affondato la lama con queste parole:
“Bettini si ferma nel dire quello che è inevitabile: il leader di questo disegno è Giuseppe Conte, cui il sinedrio interno sacrificherà la leadership di una Schlein funzionale al disegno. Se poi da lì riusciranno a dare l’assalto al capitalismo, come si propone, si vedrà”.
L’assalto al capitalismo
Borghi fa questo riferimento riprendendo il titolo dell’intervista a Bettini: “Cara Elly, ok i pacifisti nelle liste. Ma c’è un nodo da affrontare: il capitalismo”
“Tutto questo non fa che confermare un dato ormai strutturale: per i riformisti del Pd, che siano cattolici democratici o di ispirazione liberal repubblicana, non c’è più spazio. Non sono più utili alla bisogna perché il loro spazio viene soppiantato da operazioni maquillage e la loro cultura istituzionale e organica viene rigettata da una ‘nouvelle vague’ che fa del movimentismo, del sincretismo e del wokismo il perno di una presunta modernità che in realtà, come denotano le parole di Bettini, è nei fatti una restaurazione sotto mentite spoglie”.
Borghi, quindi, conclude con un pensiero dedicato ai riformisti del Pd, considerati come “prigionieri politici” con queste parole:
“In fondo, è anche giusto così. La sinistra italiana sceglie di rifondarsi con la critica al capitalismo, un radicalismo massimalista e Giuseppe Conte leader. Auguri. Resta il tema di cosa accadrà al centro riformista: e anche su questo, il successo della lista Stati Uniti d’Europa a giugno potrebbe far comprendere a tanti amici rimasti ‘prigionieri politici’ al Nazareno che il loro destino è inevitabilmente altrove rispetto al bettinismo in salsa contiana”.