Dici Juventus-Milan, leggi Vlahovic-Leao. D’altronde sarebbe troppo semplice collegare questo big match ai due giocatori, ad oggi, più rappresentativi di entrambe le squadre. Ma è così, specie in una partita che ha poco da dire, se non per un semplice fattore di sorpasso in classifica e nulla più. Perchè bianconeri e rossoneri hanno la Champions League garantita, si gioca per l’onore, e per cercare conferme. Una di queste proprio in merito ai due attaccanti. Da sempre nel limbo che divide l’ottimo giocatore dall’essere un campione, un filo sottile ma che nel momento più importante risulta difficile da spezzare. Un pò come una maratona: il traguardo è ben visibile, ma il nastro non si riesce a strappare, pur usando tutta la forza possibile. Manca lo step finale, lo vuole Vlahovic cosi come Rafael Leao, che ad oggi non sanno se potersi considerare campioni oppure no.

Juventus-Milan è Vlahovic contro Leao: campioni o ottimi giocatori?

In attesa della grandezza. Dusan Vlahovic e Rafael Leao sono impazienti in tal senso. Ci provano, si sforzano, ma il famoso centesimo per formare l’euro manca sempre. Per fattori soggettivi e non. Da una parte c’è l’attaccante serbo che rispetto alla passata stagione sta mostrando qualcosa in più dal punto di vista realizzativo. Poca roba se ovviamente si vanno a vedere i trascorsi alla Fiorentina, dove Dusan faceva un gol a partita. Il punto è proprio questo, ovvero la realtà di gioco in cui si ritrova. Allegri è sempre stato chiaro in tal senso: Vlahovic deve essere completo offensivamente. Tradotto, deve dialogare di più con i compagni. Si sforza in tal senso il serbo, non riuscendoci totalmente. Miglioramenti ci sono stati, ma la sensazione è di un giocatore a metà, che vive e pensa principalmente per il gol, soffrendo quando questo non arriva.

Ed ecco dunque che il numero nove perde la lucidità necessaria per fare la differenza, incaponendosi alla ricerca del gol ad ogni costo, dimenticandosi di tutto il resto e facendosi prendere dalla frenesia. Una colpa tutta di Vlahovic questa, al netto delle difficoltà oggettive dovute ad un modulo che non lo mette al centro di tutto. Perchè essere campioni vuol dire essere capaci anche di adattarsi, senza ovviamente tralasciare le proprie caratteristiche, ma amalgamandole con tutto il resto, e questo Dusan non riesce a farlo.

Portandolo poi a mancare nei momenti del bisogno, specie contro le big. Sì, al netto dei due gol alla Lazio all’andata e contro l’Inter (sempre all’andata), i gol de serbo sono arrivati con le cosiddette medio-piccole. Nel momento di mostrare i gradi di campione, Dusan sparisce, incappando anche in errori grossolani, non da lui. Ed ecco dunque la caduta nel buco nero dell’insicurezza. Un sali e scende che non trova freni.

Un Rafael Leao a metà

Poi c’è lui, quel Rafael Leao finito al centro della critica dopo le cocenti delusioni in Europa League e nell’ultimo derby contro l’Inter. Un giocatore a sprazzi il portoghese, che la continuità non sa cosa sia di casa. Va a folate Leao, un periodo in cui mette a referto prestazioni degne di nota, per poi passare alle uscite a vuoto. In una parola, discontinuità. Una compagna di viaggio che non lo lascia in pace, anche perchè ci mette del suo anche lui. Con la leggerezza con cui, a volte, scende in campo, forse troppo conscio di quelle potenzialità che nel profondo crede di poter mettere in campo come e quando vuole.

Questo lo porta ad accendersi ad intermittenza, ed è proprio questo il punto, è lui a decidere questo. Perchè si adagia troppo in questa situazione, senza trovare un piano B in tal senso. La sua giocata principale la conoscono tutti: palla al piede, avversario puntato, dribbling per raggiungere il fondo e palla messa in mezzo oppure ricerca dell’angolino più lontano. Funziona, ma non più come prima dato che gli avversari di turno stanno riuscendo sempre più a trovare le giuste misure per limitarlo. Ma nonostante questo, Leao non cerca di trovare altre vie per risultare imprevedibile, punta sullo stesso spartito, andando poi a sbattere contro le difese avversarie. Una costante che va avanti da un po’ di tempo quella della testardaggine, che va a braccetto con la stessa di Dusan Vlahovic. Due potenziali campioni, ad oggi solo sognatori della gloria.