Nella giornata di oggi sono entrate in vigore le nuove normative destinate a combattere il tentativo di utilizzare criptovalute da parte della bande criminali nel Regno Unito. Grazie ad esse, in particolare, per le forze dell’ordine diventerà più semplice procedere al sequestro degli asset virtuali incriminati, togliendo terreno sotto i piedi dei responsabili.
Il provvedimento è stato varato lo scorso anno, con una ratio ben precisa: permettere alle forze dell’ordine di contrastare in maniera più decisa l’utilizzo improprio di valuta virtuale. Per riuscirci, la nuova legge ha stabilito che le stesse potranno sequestrare le risorse digitali ancor prima di effettuare arresti. Un provvedimento reso necessario proprio dalle dimensioni prese dall’utilizzo di Bitcoin e Altcoin da parte della criminalità organizzata e delle organizzazioni terroristiche. Un fenomeno che interessa anche il Regno Unito, spingendo le autorità ad attivarsi.
Il Regno Unito inasprisce la normativa per contrastare l’utilizzo di criptovaluta da parte della criminalità
Favorire i sequestri di criptovalute, consentendo alle forze dell’ordine di effettuarli prima di effettuare arresti: questo è l’assunto su cui si basa la nuova normativa emanata lo scorso anno dal Regno Unito per impedire alle bande criminali di di muoversi con maggiore libertà grazie agli asset digitali.
La legge è entrata in funzione oggi e ha affidato alle autorità di pubblica sicurezza nuovi poteri che le aiuteranno a contrastare il fenomeno. Lo ha ricordato un comunicato stampa emanato per l’occasione dal Ministero degli Interni del Regno Unito.
Il risultato di queste nuove regole è che non sarà più obbligatorio effettuare un arresto prima di sequestrare le partecipazioni in criptovalute. È stato proprio il comunicato stampa emesso dal Ministero degli Interni a chiarire questo punto: “Ciò renderà più semplice il sequestro di beni noti per essere stati ottenuti criminalmente, anche se criminali sofisticati sono in grado di proteggere il loro anonimato o hanno sede all’estero”.
Per condurre al meglio la propria attività, la polizia di Stato ha dislocato consulenti tattici crittografici in ogni parte del Paese. Con un risultato di grande rilievo, la confisca di beni digitali per centinaia di milioni di sterline.
Nel passato mese di gennaio, in particolare, la National Crime Agency ha collaborato con la Drug Enforcement Administration degli Stati Uniti per indagare su un’impresa farmaceutica. Indagine che è sfociata nel sequestro di 150 milioni di dollari tra contanti e criptovalute.
Le privacy coin di nuovo sotto accusa
A commentare quanto sta accadendo è stato il procuratore capo della Corona, Adrian Foster, il quale ha affermato nello stesso comunicato stampa: “È fondamentale che gli investigatori e i pubblici ministeri abbiano la capacità e l’agilità per tenere il passo con questa natura mutevole della criminalità e queste nuove misure aiuteranno notevolmente la nostra capacità di trattenere, congelare o eliminare le criptovalute dalle imprese illegali”.
Mentre il ministro degli Interni, James Cleverly, ha aggiunto a sua volta: “Queste riforme miglioreranno anche la nostra sicurezza nazionale. È noto che le organizzazioni terroristiche come Daesh raccolgono fondi attraverso transazioni crittografiche e questi poteri aggiornati consentiranno alle nostre agenzie di privarle più facilmente dei loro beni.”
Tra le misure previste, c’è la possibilità da parte degli agenti di trasferire la criptovaluta confiscata all’interno di un portafoglio controllato dalle forze dell’ordine. Inoltre, nel caso in rimetterle in circolazione non corrisponde all’interesse pubblico, potranno anche procedere al burning dei token incriminati. Ovvero la loro immissione in un wallet sprovvisto di chiavi private di accesso, quindi inaccessibile per chiunque.
Ancora una volta sono poi finite nell’occhio del ciclone le privacy coin. Le monete che hanno come obiettivo livelli di riservatezza tali da arrivare all’anonimato, sono ormai da anni indicate come uno strumento ideale per l’economia criminale.
Un atteggiamento che è condiviso dalle forze dell’ordine britanniche e dagli estensori del provvedimento in causa. Tanto da indicare Monero e le consorelle tra gli asset che potrebbero essere sottoposti a processo di eliminazione dalla circolazione.