La festività istituzionale del 25 aprile, nota come “La festa della Liberazione”, quest’anno è stata preceduta da una serie di polemiche, di cui la più nota, quella che riguarda la mancata lettura del testo di Scurati in un programma della RAI, ha persino travalicato i confini nazionali. Il 25 aprile è una ricorrenza che oltre ad indicare una data importante della storia italiana contemporanea, rappresenta la lotta dei partiti e dei movimenti riuniti nella Resistenza contro i Nazi-fascisti, nel periodo che seguì l’armistizio del settembre 1943, fino al 25 aprile che, di fatto, segnò la fine della seconda guerra mondiale in Italia.

Il 25 aprile tra democrazia e fascismi vecchi e nuovi: intervista al Prof. Enrico Ferri

Secondo importanti rappresentanti di FdI e quindi del governo, l’anti-fascismo non può sempre e comunque considerarsi positivo, perché non si riconoscono nelle posizioni di molti antifascisti, sia perché non si ritiene giusta un’ indiscriminata condanna del Fascismo. Di tali questioni, che riguardano il rapporto fra democrazia e fascismi vecchi e nuovi, come pure l’interpretazione di eventi drammatici della nostra recente storia, come la guerra civile degli anni 1943/45, ne parliamo con il prof. Enrico Ferri, che oltre ad essere uno studioso della democrazia antica e moderna, ha scritto diversi saggi sulla cultura della destra neo-fascista del dopoguerra e sul suo più importante esponente, Julius Evola.

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Prof. Enrico Ferri (docente Filosofia del Diritto all’Unicusano)

D: Professor Ferri, può ricordarci quando, da chi e per quali motivi fu stabilita la festività del 25 aprile?

R: Il 25 aprile cominciò la ritirata dell’esercito tedesco e dei loro alleati della Repubblica Sociale Italiana da Milano, da Torino e da altre località del Nord Italia, in seguito al completo sfaldamento della Linea Gotica, l’estrema difesa che i nazi-fascisti avevano eretto per ostacolare l’avanzata delle truppe alleate.   Tre giorni dopo, il 28 aprile, Mussolini fu ucciso, il 30 aprile Hitler si suicidò a Berlino, segnando la fine della Seconda Guerra Mondiale in Europa. Su proposta del Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, il 22 aprile del 1946, il Re Umberto II emanò un decreto nel quale si legge: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”. La festa fu celebrata anche negli anni successivi ed istituzionalizzata nel 1949.

D: Quali furono le forze in campo che si trovarono di fronte, a partire dall’armistizio del settembre del 1943 e negli ultimi giorni della guerra.

R: Da una parte l’esercito tedesco, espressione del regime nazista, con gli alleati fascisti che avevano fondato ed aderito, dopo l’armistizio, alla Repubblica Sociale Italiana, con capitale a Salò, noti come Repubblichini. Dall’altra parte c’erano gli Alleati, in prima linea Statunitensi e Inglesi, ma pure Francesi, Australiani, Canadesi, Polacchi, Marocchini, Egiziani, Indiani, ecc., con i soldati italiani dell’ Esercito Cobelligerante, di quanti erano rimasti fedeli al Re ed alle sue scelte, e poi alle milizie partigiane, i combattenti della resistenza.

D: Da quali schieramenti politici ed umani era composta la Resistenza?

R: Praticamente da tutti, ad esclusione dei Fascisti. Formazioni di sinistra, dai comunisti ai socialisti, agli anarchici e al Partito d’Azione; liberali, repubblicani, cristiani del Partito Popolare, monarchici e combattenti che non aderivano a nessun partito. Ma c’erano anche formazioni “etniche”, di perseguitati dai nazifascisti, come gli Ebrei o i Sinti e i Rom, molti dei quali fuggirono dai campi di concentramento dopo l’armistizio del ’43.

D: Il 25 aprile si può definire la festa di tutti gli Italiani, ad esclusione dei Fascisti e dei neo-fascisti?

R: Sul sito del Ministero della Difesa si definisce questa data “festa di tutti gli Italiani”, ricordando che rappresenta “l’affermazione della democrazia e della libertà. La fine della guerra e la riconquista dell’indipendenza”. Ma ci sono quelli che non riconoscono come conquiste l’affermazione dei valori democratici, che considerano la fine della guerra come la conseguenza della disfatta e l’indipendenza, cioè l’emancipazione dai nazisti, come un tradimento. Questi Italiani non definiscono il 25 aprile come la loro festa.

D: Lei si riferisce al neo-fascismo?

R: Certo, fenomeno variegato, presente dentro e fuori le istituzioni, in modo legale e nella clandestinità per decenni. Il principale partito neofascista è stato il Movimento Sociale Italiano, nato nel 1946 e che aveva per simbolo una fiamma tricolore, che ritroveremo nell’emblema di Alleanza Nazionale e ora di Fratelli d’Italia. Ad eccezione di Fini, per evidenti motivi anagrafici, tutti i segretari del MSI avevano aderito al Partito Fascista e poi alla Repubblica Sociale.

D: Il Movimento Sociale Italiano che posizione ebbe nei confronti del Fascismo?

R: Ambigua, adottò la formula “Né rinnegare, né restaurare”, che di fatto significava non prendere le distanze dal Fascismo, anche se si riteneva difficile ricreare nell’Italia del dopoguerra un regime come quello fascista. Vicinanza sul piano ideologico e distanza per i nuovi contesti storici, non certo scelti ma subiti, perché ritenuta non realistica la riproposizione di un regime come quello fascista nel nuovo contesto internazionale.

D: Il partito di Giorgia Meloni conserva queste ambiguità? Come si pone nei confronti del Fascismo?

R: Non si pone! La seconda carica dello stato, La Russa, ha dichiarato: “Non sono fascista, ma neanche antifascista”. Italo Bocchino, direttore editoriale del quotidiano di FdI, il “Secolo d’Italia”, è arrivato a sostenere che non si considera né fascista, né anti-fascista, ma a-fascista, pensando forse che con la “a”privativa possa rimuovere il problema. Come dire: “per me il problema non esiste”.

D: Risposta convincente?

R: No, sarebbe come dire: “io mi pongo fuori dalla storia, dalle polemiche, dal dibattito politico e ideologico”. Ma Bocchino è il direttore editoriale de il “Secolo d’Italia” ed un dirigente storico prima del MSI, poi di Alleanza Nazionale e ora di FdI, anche se nega persino questa appartenenza, vedi “La Repubblica” del 23 aprile.

D: A suo avviso, perché c’è questa difficoltà a definirsi antifascisti?

R: Per motivi di varia natura, essenzialmente politici ed esistenziali, almeno per la generazione dei militanti più anziani.

D: Motivi esistenziali? Può spiegarsi meglio?

R: Marco Tarchi, ha scritto nel 1995 un saggio “Esuli in patria. I fascisti nell’Italia repubblicana”, in cui si descrive il fenomeno di isolamento, per un verso di auto-isolamento, del neofascismo italiano, a partire dal MSI. Erano considerati estranei alla democrazia ed ancorati ad un regime ed a valori reazionari e improponibili. A loro volta, i neofascisti sono vissuti con il mito della loro “diversità”, del loro “anticonformismo”, di non essere omologabili al “Sistema”, di essere i veri “rivoluzionari”, al di là della destra e della sinistra, con i loro simboli, i loro autori di riferimento, una memoria e una mitologia condivise, fatte di personaggi, ricorrenze, simboli, libri, ecc., attingendo in gran parte alla storia e all’armamentario del fascismo politico ed intellettuale europeo, ma non solo. Essere di destra, essere fascisti, significava essere fuori e contro “Il Sistema” decadente e marcio.

D: Ma oggi, quali sono i motivi politici per cui Giorgia Meloni rifiuta di dire apertamente che è anti-fascista?

R: Non è solo un problema di definizioni, di etichette. Se lei consultasse il sito della casa editrice di Fratelli d’Italia, “Passaggio al bosco” troverebbe una serie di testi che rinviano alle posizioni tipiche del neo-fascismo, in ambito economico, ad esempio, si è sempre rivendicato il corporativismo fascista, come terza via fra economia pianificata del comunismo e capitalismo; per non parlare di collocazione internazionale, anti-atlantista come anti-comunista, almeno negli anni della “guerra fredda”. In altri termini, dichiararsi antifascista, sarebbe come dire: “Dal 1946 ad oggi abbiamo fatto una scelta di campo sbagliata, in tutti gli ambiti: storici, ideologici, nella prospettiva economica, internazionale, culturale, ecc,”.

D: Ma oggi, in chiave di politica internazionale, ad esempio, è chiara la collocazione di FdI, filo atlantista. Meloni è stata addirittura definita “cocca di Biden” da Fox News!

R: Si, ma “Passaggio al Bosco” pubblica testi che Biden non credo avrebbe sul suo comodino. Ad esempio “Coraggio e fede”, sull’ “eroe di guerra” Quassem Soleimani, un altro testo encomiastico su “Hezbollah”, o “Donbass”, un libro del 2017, con la posfazione di Aleksander Dugin, su una regione “dove le consorterie occidentali perseguono lo scopo di minare la potenza russa, alimentando le tensioni religiose, etniche e sociali”

D: Per tornare all’antifascismo, Lollobrigida ha sostenuto che la definizione anti-fascista difficilmente diventa rappresentativa di tutti: “c’è chi si dice antifascista e gira l’Europa a sprangare gente”.

R: La Salis non girava per l’Europa a sprangare “gente”, sembrerebbero quasi ignari passanti, secondo Lollobrigida.  Ma a prescindere dall’episodio specifico, per il quale la Salis, ancor prima di essere giudicata, ha patito un anno di carcere, occorre ribadire che non si fa una scelta di campo tra fascismo e antifascismo in base ad “episodi” o eventi storici particolari, anche significativi, ma innanzitutto a partire da un giudizio storico e morale su ideologie o movimenti che hanno segnato la modernità. 

Non credo, ad esempio, che Lollobrigida sia anticomunista a causa delle Brigate Rosse o del fatto che militanti comunisti uccisero Stefano e Virgilio Mattei a Primavalle nel 1973. Si è anticomunisti per un giudizio sul comunismo come ideologia e regime. Lo stesso vale per il Fascismo.

D: Incoronata Boccia, vicedirettrice del Tg1 ha detto che il 25 aprile non sfilerà sotto le insegne dell’ANPI, organizzazione che ha discriminato la Brigata Ebraica.

R: Non mi sembra serio, sulla base di un episodio, dare un giudizio negativo su una organizzazione che rappresenta un movimento che ha combattuto fascisti e nazisti in Italia, per quasi due anni, contribuendo alla loro sconfitta, pagando un altissimo prezzo in termini di vite umane. Mi sembra un maldestro argomento di una dirigente-militante, la stessa che ha definito alla stregua di omicide le donne che abortiscono in base ad una legge dello stato, confermata da un referendum.

D: In conclusione, il 25 aprile sarà la festa di tutti gli Italiani?

R: Dovrebbe rivolgere la domanda ai La Russa e ai Bocchino.