Superbonus, con lo stop alla cessione tornano i crediti “non pagabili”: ecco cosa significa per chi ha fatto lavori di ristrutturazione e di efficientamento energetico agevolati dai bonus edilizi e utilizzando una delle due opzioni (l’altra è, con i medesimi effetti, lo sconto in fattura), e quali alternative possono arrivare in futuro da un allungamento del periodo di detrazione fiscale in 10 anni, ulteriore opzione sperimentata già nello scorso anno.
Superbonus crediti ‘non pagabili’, cosa significa e possibilità di sblocco dei bonus incagliati
Sul superbonus e sui bonus edilizi si cambia di nuovo il metodo di classificazione dei crediti d’imposta e della loro cessione, applicando i nuovi criteri emanati dall’Eurostat. Con la chiusura della circolazione dei crediti d’imposta e degli sconti si tornerebbe alla modalità di “non pagabili“, criterio in vigore fino a febbraio del 2023 prima dell’introduzione del nuovo Manuale europeo su come riclassificare il deficit e il bilancio dello Stato.
L’abbandono della classificazione “pagabile” riferita ai crediti d’imposta del superbonus avvicinerebbe anche la possibilità di replicare la detrazione fiscale allargata a 10 anni. Spalmare le rate dei bonus edilizi consentirebbe di ottenere dei benefici sia a chi abbia effettuato investimenti utilizzando il superbonus, che alle casse dello Stato che subirebbero un impatto più limitato (o spalmato) dalle agevolazioni concesse.
Superbonus crediti non pagabili, quali possibilità sui conti pubblici e Patto di stabilità
Il nuovo quadro di classificazione della cessione dei crediti d’imposta del superbonus è emerso nella giornata di lunedì 22 aprile 2024, durante l’audizione davanti alla commissione Bilancio di Camera e Senato del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, in merito al Documento di economia e finanza (Def).
Tra le spiegazioni fornite dal ministro, è emerso il quadro al quale occorrerà far riferimento nei prossimi anni per smaltire i 219 miliardi di euro di crediti d’imposta generati dal quantitativo di lavori del superbonus nei quattro anni tra l’ottobre del 2020 e il 4 aprile 2024, giorno di scadenza per presentare la comunicazione all’Agenzia delle entrate delle comunicazioni relative alle cessioni dei crediti d’imposta e degli sconti in fattura relativi all’anno 2023.
Bonus edilizi, le cessioni degli sconti bloccate dal decreto 39 del 2024
Il peso che avrà il superbonus sui conti pubblici è testimoniato dalle grosse quantità di compensazioni che determineranno – al termine delle varie cessioni – la riduzione delle entrate fiscale dei prossimi anni, fino al 2026. Proprio l’ulteriore e, a quanto sembra, definitivo blocco delle cessioni dei crediti d’imposta operato dal decreto legge 39 del 30 marzo 2024, attualmente in discussione per la conversione in legge, determina il passaggio di una classificazione contabile dettata dai criteri dell’Eurostat dal “pagabile” a “non pagabile”.
Ciò significa che se il credito non si può trasferire a terzi (come avviene con il meccanismo della cessione), tale credito deve considerarsi come ‘pagabile’. Ma se le possibilità di cessione si riducono (o si chiudono) il credito deve essere considerato ‘non pagabile’.
Ritorno alla classificazione del 2023, cosa significa?
Di un ritorno al metodo di classificazione “non pagabile” dei crediti d’imposta del superbonus se ne era parlato circa un anno fa. Infatti, a febbraio 2023 il nuovo Manuale di classificazione del deficit pubblico dell’Eurostat aveva determinato il cambio di classificazione dei bonus edilizi e l’adozione del criterio di “pagabile” al posto di “non pagabile”. Tuttavia, dopo un periodo di confusione sulla transizione di classificazione, si era ipotizzato un ritorno alla classificazione “non pagabile”, abbandonata a febbraio 2023.
Con la classificazione “non pagabile”, il ministero dell’Economia e delle Finanze tornerebbe a poter conteggiare, nel Bilancio dello Stato, la sola rata annuale costituente la quota di deficit dei bonus edilizi, sulla quale agire con misure di politica economica secondo le regole dettate dall’entrata in vigore del nuovo Patto di stabilità. Ad esempio, il superbonus verrebbe spalmato per la sola quota annuale di competenza e rientrare nel deficit in quattro anni, al pari della durata di detrazione fiscale ammessa.
Bonus edilizi, quali vantaggi dalla detrazione fiscale in 10 anni nel 2024?
Proprio la classificazione “non pagabile” avvicinerebbe il passaggio successivo che comporta il ritorno alla detrazione fiscale in (almeno) 10 anni. Già nel 2023, con il decreto 11 di blocco della cessione del credito d’imposta, il governo introdusse la detrazione allungata sulle spese sostenute nell’anno di imposta 2022, con iscrizione della prima quota a partire dalla dichiarazione dei redditi del 2024 (in quella del 2023 il contribuente doveva iscrivere la prima rata della detrazione a quattro anni, senza la diluizione a dieci anni, in base a una propria scelta).
La misura potrebbe essere replicata nel 2024 per le spese sostenute nel 2023, consentendo ai committenti di abbassare la rata annuale e di rientrarvi nei casi di incapienza fiscale, nonché allo Stato di immettere una quota inferiore nel deficit annuale.