Il regime di parziale esenzione delle plusvalenze, noto come regime PEX, gioca un ruolo molto importante nella gestione fiscale delle cessioni di partecipazioni. Questo meccanismo, previsto dall’articolo 87 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), permette alle entità di beneficiare di una esenzione su parte delle plusvalenze generate dalla vendita di partecipazioni qualificate. La rilevanza di tale regime diviene evidente nel contesto di operazioni complesse, dove enti pubblici e privati si trovano ad affrontare le complessità del diritto tributario italiano.

Esenzione plusvalenze: l’istanza di interpello per l’applicazione del regime PEX

In un recente interpello, una entità ha sollevato questioni pertinenti all’applicazione del regime PEX relativo alla cessione di quote di BETA S.r.l. Tale entità, definita come organismo di diritto pubblico senza scopo di lucro, si è avvicinata all’amministrazione finanziaria per chiarimenti specifici. Le domande poste mirano a comprendere se la partecipazione al Fondo di Dotazione di DELTA sia equiparabile a una partecipazione societaria e se l’attività di BETA possa essere considerata di natura commerciale, in conformità con il TUIR.

Il cuore dell’interpello riguarda la vendita di una parte della partecipazione detenuta dall’ente in BETA, che potrebbe oscillare tra una percentuale significativa del totale posseduto. La necessità di tale cessione emerge sia da una prospettiva di realizzazione di plusvalenze che di ridistribuzione strategica delle risorse finanziarie. L’ente ha sollevato specifici quesiti legali e fiscali, tra cui la possibile applicazione del regime PEX alla cessione e la natura dell’attività di BETA.

Esenzione plusvalenze: come incide il regime PEX sulla cessione di partecipazioni

La risposta dell’amministrazione finanziaria a tali quesiti determinerà non solo l’impatto fiscale della cessione, ma anche la strategia a lungo termine dell’ente. Il regime PEX offre un vantaggio significativo, esentando una quota delle plusvalenze realizzate. Questo aspetto è rilevante per organizzazioni che, come l’ente in questione, operano nel settore pubblico e devono ottimizzare le risorse in maniera efficiente e conforme alla normativa vigente.

La soluzione proposta dall’Istante

L’Istante propone una particolare interpretazione dell’articolo 87 del TUIR, centrata principalmente su due quesiti relativi alla natura delle operazioni di BETA e alla classificazione della sua attività.

Per il primo quesito, l’interpretazione sostenuta dall’Istante si focalizza sulla “partecipazione” effettiva al Fondo di Dotazione della DELTA, sostenendo che tale partecipazione non dovrebbe essere considerata come una partecipazione in una società tradizionale e, di conseguenza, non rientrerebbe nei criteri previsti dal comma 5 dell’articolo 87 del TUIR, che si applica alle holding. L’argomento principale è che DELTA non è una società e non possiede partecipazioni che possano essere vendute a terzi, né è BETA una holding nel senso tradizionale, dato che non gestisce partecipazioni vendibili a terzi. L’importanza di questa distinzione sta nella mancanza di una figura di socio nel Fondo di Dotazione, così come la non cedibilità di quote di questo fondo.

Il secondo quesito si concentra sulla determinazione se l’attività di BETA possa essere classificata come esercizio di impresa commerciale ai sensi della definizione fornita dall’articolo 55 del TUIR. La discussione si basa sull’interpretazione che l’attività economica non deve necessariamente essere continua o sistematica per qualificarsi come impresa commerciale. L’Istante sostiene che BETA, avendo come oggetto sociale il supporto a DELTA, mantiene una struttura operativa adeguata nonostante le variazioni nel tipo di attività svolta nel tempo, come la transizione da un contratto di outsourcing a uno di promozione e sostenimento. L’Istante mette in evidenza che BETA, nonostante si dedichi a un unico grande progetto, dispone delle risorse e della struttura necessarie per essere considerata un’impresa commerciale, contrariamente a quanto potrebbe sembrare a prima vista.

L’argomentazione si arricchisce di dettagli sui poteri di nomina del Consiglio di Amministrazione di DELTA, attribuiti a BETA non in qualità di partecipante al Fondo, ma come entità promotrice. Inoltre, si fa riferimento a una specifica disposizione legislativa che riconosce le attività di formazione universitaria svolte da enti come DELTA come esercizio di funzioni statali, escludendo quindi la loro qualificazione come attività commerciali ai sensi di altre parti del TUIR.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha fornito un parere che si concentra esclusivamente sugli aspetti interpretativi dei quesiti sollevati dall’Istante, basandosi sulla documentazione e le informazioni fornite. Si sottolinea, preliminarmente, che il parere non esamina altri requisiti necessari per l’applicazione del regime PEX secondo l’articolo 87 del TUIR, né valuta la potenziale esistenza di un disegno abusivo che potrebbe essere sanzionato ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000, lasciando aperta la possibilità di ulteriori controlli da parte dell’amministrazione fiscale.

Il regime di Partecipation EXemption disciplinato dall’articolo 87 del TUIR prevede che le plusvalenze su partecipazioni, per i soggetti IRES, non concorrono alla determinazione del reddito d’impresa per il 95%, a condizione che le partecipazioni soddisfino specifici requisiti. Questi includono:

  • Il possesso ininterrotto dal primo giorno del dodicesimo mese precedente alla conclusione dell’accordo;
  • La registrazione come immobilizzazioni finanziarie;
  • La residenza della società in un paese non fiscalmente privilegiato;
  • L’esercizio di un’attività commerciale come definito dall’articolo 55 del TUIR.

L’articolo 87 richiede anche che queste condizioni siano continuamente soddisfatte almeno dal principio del terzo periodo d’imposta precedente al realizzo. Inoltre, la circolare n. 7/E del 2013 precisa che il regime PEX mira a eliminare la doppia tassazione dei dividendi e ad assicurare un trattamento fiscale equilibrato tra plusvalenze e minusvalenze, in linea con le norme europee.

Per quanto riguarda le holding, il comma 5 dell’articolo 87 stabilisce che i requisiti di residenza e di attività commerciale devono essere verificati anche nelle società indirettamente partecipate, quando queste rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della holding. Questo significa che, in presenza di una holding, è necessario valutare oltre lo schermo societario per accertare la sussistenza dei requisiti nelle società partecipate.

Per rispondere ai quesiti formulati, è fondamentale determinare se BETA possa essere considerata una holding secondo questa disposizione. Se BETA è una holding, si dovranno esaminare i requisiti nelle società da essa partecipate. Se non lo è, si dovrà valutare se BETA stessa soddisfi il requisito della commercialità.

La Risposta dell’Agenzia chiarisce che BETA agisce come soggetto promotore di DELTA, secondo le disposizioni statutarie, sostenendo la sua attività e assicurando le risorse necessarie. Questo ruolo di BETA viene confermato dalla documentazione aziendale e dalla natura delle operazioni effettuate, delineando il contesto in cui BETA supporta attivamente DELTA senza necessariamente qualificarsi come una holding tradizionale.

I dettagli del contratto in questione

Il comma 9 dell’articolo 2 dello statuto di DELTA permette la regolamentazione dei rapporti con il soggetto promotore tramite specifiche convenzioni o contratti, al fine di perseguire gli obiettivi istituzionali e assicurare il necessario supporto operativo e finanziario. In questo contesto, BETA e DELTA hanno formalizzato un contratto che stabilisce le modalità di interazione e cooperazione. Questo documento prevede che DELTA assegni a BETA una partecipazione ai propri utili, pari a una percentuale determinata degli utili netti, dopo deduzione di franchigie e altri contributi.

Il contratto chiarisce anche che BETA partecipa alla copertura delle perdite di DELTA nella stessa misura percentuale. È fondamentale sottolineare che, secondo il contratto, non vi è alcun apporto diretto di BETA: piuttosto, il rapporto è definito non come una dipendenza o una joint venture, ma come una relazione di autonomia patrimoniale e gestionale tra le due entità. Questa disposizione mira a mantenere la separazione delle responsabilità e a evitare la condivisione di rischi gestionali o finanziari in senso societario.

L’analisi delle clausole contrattuali e della struttura operativa di BETA rivela che, nonostante la partecipazione agli utili di DELTA, l’ente non assume una funzione di holding tradizionale. Pertanto, non si applica il regime PEX previsto dal comma 5 dell’articolo 87 del TUIR, che richiede un rapporto partecipativo più sostanziale e integrato.

Passando al secondo quesito, riguardante la commercialità di BETA, la circolare n. 7/E del 2013 delinea i criteri per considerare un’entità come impresa commerciale ai fini PEX. Tali criteri includono la presenza di una struttura operativa idonea alla produzione o commercializzazione di beni o servizi. Tuttavia, BETA non sembra soddisfare questi criteri in quanto le sue attività si limitano a supportare DELTA senza una vera e propria struttura aziendale operativa. La partecipazione agli utili è vista più come un ritorno finanziario passivo che non come il risultato di un’attività commerciale attiva.

Di conseguenza, le attività di BETA, focalizzate principalmente sul supporto e la stabilità finanziaria di DELTA, non rientrano nella definizione di impresa commerciale come previsto per l’applicazione del regime di partecipation exemption. Questa conclusione conduce a escludere l’applicabilità del regime PEX alla cessione delle partecipazioni in BETA, poiché non si verifica l’esercizio di un’attività commerciale in termini tradizionali.