Anche PayPal ha deciso di dedicare la propria attenzione al problema rappresentato dai consumi eccessi collegati al mining di Bitcoin. In particolare lo ha fatto la divisione di ricerca blockchain del colosso dei pagamenti, il quale ha proposto una soluzione che mira ad “accelerare la transizione verso l’energia pulita per il mining di Bitcoin”.
Il Blockchain Research Group di PayPal, in collaborazione con Energy Web e il Bitcoin DMG Blockchain Solutions, ente senza scopo di lucro, ha pubblicato sul tema una ricerca sulla “Green Mining Initiative”. Il punto di maggior interesse del documento è la proposta dell’utilizzo di incentivi criptoeconomici nel preciso intento di incoraggiare i minatori a utilizzare fonti energetiche a basse emissioni di carbonio.
Cosa afferma il documento
La soluzione indicata nello studio di PayPal prevede che siano identificati i “minatori green”. Per farlo si utilizzerebbe una piattaforma di convalida, la “Green Proofs for Bitcoin”, fornita da Energy Web. I miners interessati saranno a loro volta chiamati a condividere le loro chiavi pubbliche con un indirizzo di pagamento multisig.
Le transazioni saranno instradate preferenzialmente verso questi minatori, trasmettendo transazioni on-chain con commissioni di transazione basse. Transazioni cui è collegato un UTXO aggiuntivo, con alcuni Bitcoin bloccati nell’indirizzo di pagamento multisig.
I miners in questione saranno quindi in grado di identificare e includere la “transazione verde” nel blocco, unendola ad una “transazione di riscatto” la quale permetterà loro il ricevimento della ricompensa aggiuntiva in BTC che è stata accantonata nell’indirizzo di pagamento multisig.
Stando a quanto dichiarato dal documento di dell’azienda di pagamenti, a ricevere la ricompensa aggiuntiva saranno esclusivamente i minatori che includeranno la transazione verde, per poi estrarre con successo il blocco successivo.
Perché PayPal mette in campo questa soluzione?
L’idea alla base della proposta di PayPal è che le basse commissioni di transazione potrebbero dissuadere la maggior parte dei minatori dal dare priorità a queste transazioni on-chain. Con la ricompensa aggiuntiva ci sarebbe invece il giusto incentivo a farlo in maniera tale da non insidiare l’ambiente.
La soluzione potrebbe in effetti dare una prima risposta alle preoccupazioni sull’impatto ambientale di Bitcoin. Espresse in particolare dalle organizzazioni ambientaliste come GreenPeace, le quali additano il meccanismo Proof-of-Work e i problemi crittografici ad alta intensità energetica per la convalida dei blocchi sulla catena come un incoraggiamento all’utilizzo di combustibili fossili.
Nel 2022, proprio gli attivisti ambientali hanno lanciato una campagna, denominata “Cambia il codice”, tesa a incoraggiare la comunità Bitcoin a sostituire il meccanismo incriminato. La proposta di una sostituzione con il meno energetico Proof-of-Stake non è però presa in considerazione dai cryptofans.
I sostenitori di Bitcoin, in particolare, hanno controbattuto affermando che proprio il POW potrebbe incentivare l’uso di energia rinnovabile e stabilizzare le reti energetiche, ridimensionando le operazioni durante le ore non di punta. Una tesi confermata da uno studio dell’anno passato, condotto dai ricercatori della Cornell University. Al suo interno, infatti, si sostiene che il mining di BTC potrebbe accelerare in maniera significativa il passaggio alle energie rinnovabili. Per farlo si utilizzerebbe l’energia al fine di estrarre Bitcoin nel corso della fase pre-commerciale, ovvero prima che i progetti siano collegati alla rete.
A complicare il dibattito è anche la questione relativa all’effettivo quantitativo di energia usato dalla blockchain di Bitcoin. I vari studi, che utilizzano metodi di rilevazione diversi, non sono infatti concordi, al proposito.
Nel settembre 2023, ad esempio, il Cambridge Centre for Alternative Finance ha implementato un importante aggiornamento del suo Bitcoin Energy Consumption Index. Grazie ad esso è stato possibile accertare come le stime precedenti del consumo energetico della rete fossero esagerate. La proposta di PayPal potrebbe in effetti dare una prima soluzione ad un problema sempre molto avvertito.