Il Venezuela è uno dei Paesi che ormai da anni è oggetto di pesanti sanzioni da parte degli Stati Uniti e dei Paesi ad essi alleati. Sanzioni le quali hanno avuto notevoli ripercussioni sull’economia locale, spingendo il governo a cercare modi concreti per poterle aggirare, sin dove possibile.
Tra quelli che sono al momento esplorate da Caracas, ci sono naturalmente anche le criptovalute e l’utilizzo della blockchain. Proprio in tema di innovazione finanziaria, l’ultima novità che arriva dal Venezuela riguarda Tether. La stablecoin emessa dalla società, USDT, la più grande a livello globale, è infatti utilizzata dalla compagnia petrolifera statale venezuelana, PDVSA, per sottrarsi alle nuove sanzioni imposte da Washington.
Il Venezuela utilizza USDT contro le sanzioni
Utilizzare la più grande stablecoin, USDT, per aggirare le sanzioni degli Stati Uniti. Questa è la linea d’azione adottata da PDVSA, naturalmente con il beneplacito del governo venezuelano, che è ormai da tempo impegnato ne tentativo di ravvisare strumenti idonei in tal senso.
La speranza è che il provvedimento abbia più fortuna rispetto al Petro, la criptovaluta lanciata dal presidente Maduro nel 2018. Anche allora il provvedimento venne adottato in qualità di risposta all’embargo statunitense, senza però grande successo. Nonostante il gradimento di un gran numero di venezuelani per le criptovalute, individuate come lo strumento ideale per combattere i livelli inflattivi troppo elevati, Petro non è mai riuscito a decollare realmente.
La criptovaluta di Stato del Venezuela non è infatti mai stata accettata negli exchange ed è lentamente deperita, sino ad essere messa in disparte proprio all’inizio dell’anno. Ne sono nate nuove discussioni sul modo di ovviare al problema, che hanno ora avuto una prima risposta, con l’utilizzo di USDT.
Il suo utilizzo, peraltro, andrebbe a confermare quello che già si sapeva sulla stablecoin di Tether. Il token ancorato paritariamente al dollaro statunitense, è infatti sempre più utilizzato per bypassare l’impianto sanzionatorio predisposto dal governo di Washington. Un vero e proprio paradosso, in quanto le stablecoin, iniziando proprio da USDT, sono viste come un sostegno alla forza del biglietto verde.
La conferma della Nazioni Unite
L’utilizzo di USDT per aggirare le sanzioni USA è ormai una consuetudine. Proprio di recente, infatti, sono apparse notizie relative al fatto che anche la Russia vi avrebbe fatto ricorso, per sottrarsi alle conseguenze dell’embargo da parte dei Paesi occidentali.
Ad affermare questo dato dato di fatto è stato il vicesegretario del Tesoro degli Stati Uniti, all’interno di un rapporto elaborato dal ministero e basato su affermazioni della Central Intelligence Agency (CIA). Tanto da spingere il governo statunitense a riflettere su una struttura in grado di porre rimedio in tal senso.
Occorre anche sottolineare come USDT sia largamente utilizzato da chi intende movimentare soldi restando fuori dal radar di soggetti istituzionali. A confermare il trend è un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite, in base al quale Tether è sempre più utilizzato in varie parti del globo. A partire dal sud-est asiatico, ove USDT è visto come uno strumento ideale per riciclare denaro e condurre attività criminali. Andando in tal modo a sfatare il mito che sia il Bitcoin il preferito dai criminali.
Basti pensare che la stablecoin regina è stata utilizzata nel corso del 2023 all’interno di transazioni illegali per un importo pari a 19,3 miliardi di dollari. Dato che è peraltro inferiore rispetto ai 24,7 miliardi di dollari dell’anno precedente.
Il governo di Washinton potrebbe procedere contro Tether?
Secondo, un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, la stablecoin è poi sempre più utilizzata nelle truffe informatiche. In particolare domina nella cosiddetta “macellazione del maiale”, la creazione di legami sentimentali fittizi su cui basare il raggiro. Accuse che hanno naturalmente suscitato fastidio in Tether, che si trova in pratica nella stessa situazione del Bitcoin di qualche anno fa.
In questo caso, però, la preoccupazione è che il governo statunitense decida di colpire l’azienda. A rendere meno probabile un intervento è però proprio la constatazione dell’importanza di USDT nel sostegno al dollaro statunitense. Colpendo Tether, in pratica, il governo di Washington potrebbe danneggiare uno degli strumenti su cui fonda la sua traballante leadership globale.