Oggi 22 aprile si festeggia la Giornata Mondiale della Terra 2024.
Si tratta di una ricorrenza annuale per celebrare il nostro Pianeta ma anche per riflettere sulle conseguenze che le nostre attività quotidiane comportano sull’ambiente.
Giornata Mondiale della Terra 2024: perché si festeggia
La Giornata Mondiale della Terra nacque da un’idea dello statunitense attivista per la pace John McConnell, che propose già nel 1970 la necessità di una festività per onorare il nostro Pianeta e per riflettere sul concetto di pace.
Negli anni la giornata divenne così molto apprezzata dai gruppi ecologisti e dalle associazioni universitarie, per essere uno spunto importante circa le ripercussioni delle attività umane sull’ambiente.
Tra i tanti temi affrontati di anno in anno hanno grande risalto l’inquinamento di aria, acqua e terra, la perdita di biodiversità e l’estinzione di specie animali. Senza dimenticare l’esaurimento di fonti energetiche non rinnovabili.
In estrema sintesi, gli obiettivi di questa ricorrenza sono la consapevolezza delle conseguenze delle attività umane sull’ambiente, la celebrazione della bellezza del nostro Pianeta e la sensibilizzazione a fare ognuno la propria parte per la salvaguardia dell’ecosistema.
È proprio per questi motivi che in tutto il mondo vengono organizzati convegni, incontri ed eventi con la popolazione. Bisogna infatti imparare ad apprezzare tutte le bellezze della natura ed insegnare alle future generazioni come proteggerle.
I primi passi che ogni cittadino può compiere sono quelli di minimizzare i consumi inutili, di impegnarsi appieno nelle attività di riciclo dei materiali e di cercare di modificare qualunque abitudine dannosa per l’ambiente.
Il tema della Giornata Mondiale della Terra 2024
Quest’anno la Giornata Mondiale della Terra avrà il tema della lotta alla plastica. Il nostro Pianeta è sempre più soffocato da rifiuti di questo materiale che impiega secoli ad decomporsi.
L’ambiente mondiale è sempre più inquinato e ancora a poco valgono le operazioni di bonifica marina o di altri specchi d’acqua.
Al fine di sensibilizzare al meglio la popolazione verranno attuate diverse campagne. Earthday.org, Ong statunitense che organizza l’intera cerimonia mondiale, chiede un calo del 60% della produzione di tutte le plastiche entro il 2040.
Gli oceani e tutti i mari del mondo sono infatti fortemente inquinati da plastiche e microplastiche che minacciano la sopravvivenza di animali e vegetazione, oltre a mettere in pericolo in maniera indiretta la salute umana.
A conferma di ciò, solo qualche settimana fa, l’associazione non profit The Ocean Cleanup ha comunicato di aver recuperato 1400 tonnellate di rifiuti dal Mar dei Caraibi.
Una misura dell’impatto ecologico
L’impatto delle attività umane sull’ambiente vengono quantificate attraverso una specifica espressione: l’impronta ecologica.
Si tratta di un indicatore inventato dagli ambientalisti Mathis Wackernagel e William Rees dell’Università della British Columbia.
Il metodo analizza l’area biologicamente produttiva di tutto la Terra che serve a rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e ad assorbirne i rifiuti prodotti.
In questo modo è possibile avere un’idea di quanti Pianeti pari alla superficie terrestre sarebbero necessari per sostenere una determinata velocità di produzione e di consumo da parte dell’umanità.
Per rendere al meglio l’impatto di una nazione sull’esaurimento delle risorse naturali l’impronta ecologica dà anche un indicatore temporale. Se i consumi nell’arco di un anno superano la capacità dell’ambiente di rigenerarsi si assiste all’Earth Overshoot Day, ovvero la data nella quale l’ambiente non riesce più a soddisfare le nostre richieste.
La valutazione dei consumi comprende le abitudini alimentari, gli imballaggi, il trasporto, il riscaldamento domestico, la tipologia di abitazione nella quale viviamo, l’impatto del traffico, l’insufficiente sfruttamento di energie rinnovabili e molti altri fattori legati alla vita quotidiana.
Negli ultimi anni questo valore si è registrato via via prima. Secondo il calcolo fornito dal Global footprint network, nel 2023 l’Italia ha terminato le risorse a disposizione nell’arco di un anno già il 15 maggio.
La stessa ricerca ha poi evidenziato come il nostro Paese abbia in pratica sovraccaricato l’ambiente del 425%.