Dopo un’indagine durata due anni condotta dall’ARD e dal New York Times, è emerso uno scandalo doping: 23 nuotatori cinesi sono risultati infatti positivi a dei controlli antidoping avvenuti prima dei Giochi Olimpici di Tokyo, inizialmente previsti per il 2020 e spostati al 2021 a causa della pandemia. Lo scandalo, che coinvolge la Cina e l’agenzia mondiale antidoping, riguarda alcuni dei più forti nuotatori cinesi al mondo, inclusi Zhang Yufei e Wang Shun, già medagliati ai Giochi Olimpici di Tokyo, ai quali avrebbero quindi partecipato nonostante la positività. Tutti i 23 nuotatori sarebbero risultati positivi alla trimetazidina, farmaco che in medicina viene utilizzato per curare i casi di angina pectoris.

Il doping coinvolge 23 nuotatori cinesi

L’agenzia antidoping cinese ha sostenuto fin da subito che la positività fosse dovuta a una contaminazione della cucina di un hotel. La spiegazione sarebbe stata accettata dalla Wada, l’agenzia mondiale antidoping: secondo quanto riportato da ARD e New York Times, però, ci sarebbe il sospetto di un doping su larga scala in Cina, attivo già prima dell’ultima edizione dei Giochi Olimpici. Le accuse sono gravi, soprattutto perché coinvolgono atleti di spicco come Zhang Yufei, Wang Shun e Qin Haiyang. Si sostiene che tutti questi nuotatori siano risultati positivi alla trimetazidina nel gennaio 2021, sei mesi prima delle Olimpiadi di Tokyo.

Doping, 23 nuotatori cinesi positivi prima di Tokyo 2020?

Dopo mesi di silenzio, i nuotatori cinesi sono stati scagionati dalle accuse di doping grazie a un’indagine interna cinese che ha attribuito la positività alla contaminazione della cucina dell’hotel dove alloggiavano gli atleti durante le gare. La Wada ha accettato questa spiegazione e non ha preso provvedimenti contro gli atleti. ARD e New York Times, che hanno investigato a lungo su questa vicenda, svelano però ulteriori dettagli molto inquietanti, che saranno resi noti in un documentario dal titolo ‘The China Files’.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Travis Tygart, CEO dell’Usada, l’agenzia antidoping statunitense, ha definito le rivelazioni “scioccanti” e ha criticato l’operato della Wada, parlando di un tentativo di insabbiamento di quanto è accaduto da parte dell’agenzia mondiale. David Howman, ex direttore generale della Wada, ha sottolineato quanto sia importante la fiducia del pubblico nell’ente regolatore e ha avvertito che la reputazione della vwda potrebbe essere compromessa se questa fiducia fosse persa.

Una possibile contaminazione

Un informatore anonimo ha dichiarato che la spiegazione della contaminazione della cucina è poco credibile e che i risultati dell’indagine condotta dalle autorità cinesi non sono stati verificati in modo indipendente. La Wada, interpellata da ARD, si è espressa spiegando che all’epoca non esistevano “basi concrete per contestare la contaminazione asserita“, citando punti tra i quali le basse concentrazioni della sostanza nelle urine e il modo in cui alcuni atleti avevano oscillato tra campioni negativi e positivi. Due scienziati, interpellati sempre da ARD, hanno contestato la rilevanza di questi punti: le basse concentrazioni e la fluttuazione dei campioni da positivo a negativo non escludono infatti la possibilità di un utilizzo di sostanze dopanti. Una terza opinione scientifica portata avanti da Fritz Soergel, ha spiegato che la versione ufficiale della Wada sarebbe decisamente improbabile.

Senza dubbio, si tratta di un caso che sconvolge l’ambiente del nuoto e non solo a meno di 100 giorni dal via dei Giochi Olimpici di Parigi 2024. Solo pochi giorni fa c’è stata l’accensione della fiamma olimpica, e ora ci si ritrova a dover far fronte a queste accuse molto pesanti. A questo punto ci si attende una nuova comunicazione ufficiale della Wada, che dovrà spiegare ancora molte cose su quanto accaduto.