Pensione anticipata dei soli contributi o quota 103, quali ragionamenti fare per la convenienza della scelta? Tra i fattori di scelta, con le novità introdotte nel 2023 e 2024, entrano in gioco anche i premi per rimanere a lavoro e le penalizzazioni sul monte contributi, nonché il peso fiscale di quanto incassato subito come aumento di stipendio in busta paga. I requisiti cui mirare sono i 42 anni e 10 mesi di contributi versati per la pensione anticipata (per le donne, un anno di sconto dei contributi e tetto fissato a 41 anni e 10 mesi), mentre per la quota 103 si richiede l’età minima di 62 anni e i 41 anni di contributi.
La ridotta differenza tra i contributi richiesti per entrambi i canali di uscita anticipata rende dubbia la scelta della domanda da presentare, una volta superati i 40 anni di versamenti. Per chi dovesse raggiungere la quota 103 e decidere di rimandare l’uscita aspettando la pensione anticipata dei 42 anni e 10 mesi, c’è anche l’opzione di richiedere nel frattempo il premio dell’azzeramento dei contributi a proprio carico (ma non quelli che spettano, invece, al datore di lavoro).
Pensione anticipata o quota 103 nel 2024, quale scegliere?
Nella scelta tra pensione anticipata di soli contributi e quota 103 entrano in gioco vari fattori, tra i quali i ragionamenti da fare sui premi e sulle penalizzazioni. Chi matura nel 2024 la quota 103 avendo raggiunto l’età di 62 anni unitamente a 41 anni di contributi versati, può giocarsi l’opzione del premio contributivo che consente di poter fruire di un aumento dello stipendio nel caso in cui il lavoratore dovesse rimandare la pensione. Restando a lavoro, infatti, si può fare richiesta dell’azzeramento della quota (del 9,19 per cento) dei contributi a proprio carico, mentre rimarrebbe invariata la quota spettante al datore di lavoro quantificabile in oltre il 20 per cento.
La fruizione di questo premio (conosciuto come “bonus Maroni”), avrebbe dei riflessi sulla futura pensione per via delle penalizzazioni sul monte dei contributi versati. Rispetto alla misura del taglio del cuneo fiscale – i cui contributi previdenziali del 6% e 7% sono versati dallo Stato al posto del lavoratore – nel caso del premio della quota 103 i contributi del lavoratore non vengono versati da alcuno e, dunque, risultano semplicemente come versamenti mai effettuati.
Pensione anticipata e quota 103, entra in gioco il bonus per rimanere a lavoro
Pertanto, la penalizzazione consiste unicamente nel mancato aumento della quota dei contributi a carico dei lavoratori, mentre la parte maggioritaria della contribuzione continuerebbe a essere versata da parte del datore di lavoro. A fronte di questo constatazione, c’è da aggiungere che per il lavoratore appartenente al sistema contributivo misto (dal quale provengono i nuovi pensionati di questi anni), non cambia nulla sulla quota calcolata con il metodo retributivo per i versamenti effettuati fino al 31 dicembre 1995.
Quei contributi, infatti, non vengono toccati. Ma per tutti i contributi, nel caso in cui il lavoratore dovesse scegliere di andare in pensione con quota 103, l’Inps procederebbe a un ricalcolo complessivo con il metodo contributivo di tutto il monte contributi, anche di quelli del retributivo. È questa, dunque, la maggiore penalizzazione che scaturisce dalle novità introdotte su questo canale temporaneo di uscita per il 2024.
Pensioni, quale peso della tassazione sui contributi da versare?
Da ultimo, è necessario considerare il regime fiscale che accompagna il premio per chi dovesse decidere di rimandare la pensione. La quota dei contributi del 9,19 per cento che il lavoratore non versa a titolo di contributi previdenziali risulta fiscalmente imponibile. Ciò che finisce in busta paga come aumento dello stipendio subisce l’imposizione fiscale.
Al contrario, i contributi previdenziali versati di tasca propria (il 9,19%, in caso di mancato utilizzo del “bonus Maroni”), si recuperano, fino al 40%, grazie al credito d’imposta spettante al lavoratore.