Non una semplice fatalità. O, almeno, non soltanto quella. La morte di Mattia Giani, giovane calciatore deceduto a seguito di un arresto cardiaco domenica scorsa, potrebbe essere anche il frutto di negligenza, come certificato dall’ipotesi di omicidio colposo su cui sta indagando la procura di Firenze.
Mattia Giani, l’ipotesi omicidio colposo in attesa dell’autopsia
L’arresto cardiaco in campo, durante la partita tra la sua squadra, il Castelfiorentino, e il Lanciotto Campi, poi il trasporto all’ospedale, dove le sue condizioni, fin da subito apparse gravi, sono peggiorate fino alla morte.
Se n’è andato così, a soli 26 anni, Mattia Giani, domenica 14 aprile. ‘Per cause naturali’, si potrebbe dire, ma la procura di Firenze intende stabilire se effettivamente non fosse possibile cambiare il tragico esito di quanto avvenuto domenica scorsa. Da qui l’apertura di un fascicolo per omicidio colposo, ancora contro ignoti, dal momento che non risultano esserci persone iscritte nel registro degli indagati.
Un passaggio fondamentale dell’indagine sarà fornito, come sempre in questi casi, dall’autopsia sul corpo del ragazzo, disposta dal pubblico ministero Giuseppe Ledda e che sarà eseguita giovedì o venerdì prossimo.
La denuncia del padre
Le possibili responsabilità riguardano la tempestività dei soccorsi e la loro adeguatezza di fronte alle condizioni critiche in cui si trovava il ragazzo al momento del malore.
Il padre di Mattia Giani aveva denunciato, infatti, nei giorni scorsi l’assenza di un medico sul terreno di gioco e, cosa ancor più grave, il fatto che tra il personale di soccorso non ci fosse qualcuno capace di usare un defibrillatore. Quest’ultimo è uno strumento fondamentale in casi simili ed è diventato obbligatorio in occasione di manifestazioni sportive a seguito dei vari casi di sportivi e, in particolare, calciatori che hanno fatto i conti in passato con problemi cardiaci, anche fatali.
Il padre di Giani era sugli spalti con il resto della famiglia e la fidanzata del ragazzo quando si è verificata la tragedia. Lo shock per quanto stava accadendo non gli ha impedito di accorgersi della possibile inadeguatezza dell’intervento in aiuto di suo figlio. L’indagine non lenirà il suo dolore, questo è certo, ma potrebbe servire a evitare che episodi simili accadano in futuro.