La giunta militare del Myanmar ha trasferito la premio Nobel per la pace ed ex leader del paese, Aung San Suu Kyi, dal carcere agli arresti domiciliari. Il portavoce militare ha affermato di aver trasferito lei e  l’ex presidente Win Myint per la necessità di proteggere i detenuti fragili.

Aung San Suu Kyi è stata trasferita dalla prigione ai domiciliari

La giunta del Myanmar ha trasferito l’icona della democrazia del Paese, Aung San Suu Kyi, ai domiciliari. La premio Nobel sta scontando una pena detentiva di 27 anni per una serie di condanne tra cui la corruzione e la violazione delle norme sul Covid-19. Secondo quanto riferito dai militari, il trasferimento è stato necessario come misura sanitaria nel mezzo di una grave ondata di caldo.

Aung San Suu Kyi, 78 anni, è stata incarcerata a seguito del colpo di stato avvenuto l’1 febbraio 2021. Prima di tale data, ricopriva il ruolo di capo del governo del Myanmar. Insieme a lei è stato destituito anche il presidente, Win Myint, 72enne, il quale è stato anche lui trasferito ai domiciliari per motivi simili.

Secondo quanto riportano i media, il figlio di Aung San Suu Kyi ha recentemente dichiarato che sua madre è stata tenuta in isolamento ed è di buon umore, tuttavia, ha espresso preoccupazione per la sua salute. Inoltre, ha esortato più volte la comunità internazionale a esercitare pressioni per la liberazione di sua madre e degli altri prigionieri politici. La notizia del trasferimento di Aung San Suu Kyi è arrivata contemporaneamente all‘amnistia concessa dalla giunta a 3300 prigionieri.

L’amnistia è stata concessa a oltre 3300 prigionieri

Il regime militare ha concesso la grazia o ridotto la pena di un sesto per oltre 3300 prigionieri in occasione delle tradizionali festività di Capodanno. Tra coloro che hanno ottenuto la grazia ci sono anche 13 indonesiani e 15 srilankesi che saranno deportati. Non è chiaro se tra le persone rilasciate ci siano anche attivisti politici e democratici.

Le mosse del governo sollevano domande sul tempismo. Negli ultimi mesi, l’esercito ha subito gravi sconfitte sul campo di battaglia e ha perso il controllo di alcuni territori strategici al confine orientale e di alcune aree dello Stato Rakhine a ovest. Di recente, le forze della resistenza del Myanmar hanno lanciato attacchi con droni sulla capitale Naypyidaw, il che ha avuto ripercussioni politiche. Non è escluso che la giunta militare abbia deciso di prendere provvedimenti nel tentativo di ristabilire la propria credibilità agli occhi della comunità internazionale.