Antonio Tajani immagina un’Italia protagonista della futura ricostruzione della Striscia di Gaza, e si dichiara favorevole a una presenza del nostro Paese in un’eventuale missione sotto l’egida dell’Onu in Palestina, una volta finita la guerra. Il ministro degli Esteri lo ha detto chiaramente, ribadendo come tale missione si inserisce nel costante lavoro volto alla pace del governo italiano.
Tajani: “Missione Onu in Palestina? Italia disponibile a partecipare”
L’occasione è data dalla conferenza stampa organizzata oggi, 16 aprile 2024, a Roma per annunciare l’accordo tra Forza Italia e Südtiroler Volkspartei (SVP) in vista delle Elezioni Europee in programma l’8 e il 9 giugno prossimi.
A margine dell’incontro con i giornalisti, il vicepremier e ministro degli Esteri viene inevitabilmente sollecitato sulle delicate questioni internazionali. In particolare, le crescenti tensioni in Medio Oriente, con il coinvolgimento dell’Iran nel conflitto che getta nuove paure sulla guerra in corso.
Tajani rivendica il ruolo diplomatico svolto finora dall’Italia e lo ribadisce quando gli viene prospettata la possibilità di una partecipazione del nostro Paese alla stabilizzazione di un eventuale stato palestinese, una volta finita la guerra.
“Quando ci saranno due popoli e due Stati e dovesse esserci la necessità di una presenza dell’Onu, siamo pronti a partecipare per garantire la pace e la stabilità. In altre parole, siamo pronti a una partecipazione sotto l’egida dell’Onu e a guida araba“.
“Iran vuole Gerusalemme solo musulmana? Non sono d’accordo”
Tajani prende posizione, poi, di fronte alle parole del presidente iraniano, che auspica una città di Gerusalemme di religione esclusivamente musulmana. Un’idea che il titolare della Farnesina non condivide affatto.
“Gerusalemme è una città cristiana, ebraica e musulmana. Sono le tre religioni abramitiche che devono poter vivere insieme in pace. Io credo molto nel dialogo inter-religioso. Ho invitato tutti alla prudenza in questo momento perché ogni passo flaso può peggiorare la situazione”.
Torna, poi, a predicare come un mantra la linea politica finora seguita dall’esecutivo sui tavoli internazionali. L’impegno, cioè, per una tregua a Gaza che permetta il rilascio degli ostaggi e l’ingresso degli aiuti umanitari nell’enclave palestinese.
“Nessuno può pensare di cancellare Israele dalla carta geografica. Allo stesso tempo, invitiamo anche Israele alla prudenza. La popolazione palestinese è vittima di una guerra di cui non è responsabile, oltre che dei crimini commessi da Hamas che continua a utilizzare il popolo palestinese come scudo umano”.
In chiusura dell’incontro con i giornalisti, qualcuno gli fa notare che, purtroppo, non tutti gli ostaggi israeliani potrebbero essere ancora in vita. “Mi auguro di no” è la risposta laconica del ministro degli Esteri. Un pensiero che nessuno, evidentemente, vuole prendere in considerazione, anche per le conseguenze che potrebbe scatenare.