Processo Regeni, quarta udienza a Roma, in aula l’ex ambasciatore al Cairo Maurizio Massari: “Sul corpo di Giulio segni di torture e percosse ovunque”
Continua la ricerca della verità e della giustizia per Giulio Regeni, il ricercatore friulano trovato senza vita al Cairo, in Egitto, nel 2016. Oggi, 16 aprile 2024, nuova udienza del processo presso la Corte d’Assise di Roma che vede imputati quattro 007 egiziani: il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif. Sono accusati di aver rapito, torturato e ucciso il 28enne.
Attesi in aula l’ex ambasciatore d’Italia al Cairo Maurizio Massari e il professor Giuseppe Dentice: quest’ultimo dovrà riferire sulla situazione geopolitica presente nel 2016 e sui sistemi di sicurezza. Presenti, come sempre, i genitori di Giulio, Claudio e Paola Regeni, assistiti dall’avvocata Alessandra Ballerini.
Nella precedente udienza, che si è svolta il 9 aprile, hanno testimoniato il padre di Giulio e il colonnello Mariani, che ha sottolineato: “Non c’è alcun elemento che Giulio abbia lavorato con servizi di Intelligence di alcun paese”. Il processo si è aperto lo scorso 20 febbraio.
Tutti gli aggiornamenti della giornata direttamente dall’inviato di TAG24 Thomas Cardinali.
L’avvocata Ballerini: “Massari ha fatto luce pubblicamente su quei giorni”
L’avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, al termine dell’udienza ha commentato quanto dichiarato dall’ambasciatore Massari.
“Abbiamo cominciato a ricostruire il regime egiziano negli anni fino ai giorni nostri, e soprattutto ai giorni in cui Giulio è stato catturato, sequestrato, torturato e ucciso. (…) E’ molto faticoso e doloroso stare in quest’aula e ascoltare. Stiamo raccogliendo e mettendo insieme dei ‘brandelli di verità’”.
Si torna in aula il 24 aprile
La prossima udienza del processo Regeni è prevista per il 24 aprile 2024.
In aula interverranno il medico che ha effettuato l’autopsia su Regeni, a porte chiuse, come richiesto dalla parte civile; e il medico tossicologo.
Terminata l’udienza di Massari dopo oltre tre ore
L’ex ambasciatore al Cairo termina la sua udienza, durata tre ore e mezza, raccontando cosa avvenne dopo il 30 gennaio 2016.
“C’era stata una reazione di rammarico per aver interrotto la visita di Guidi, ma non potevamo fare altro. La reazione al Ministero degli Esteri egiziano era di sorpresa per la decisione, probabilmente dal canto loro non era necessario”
spiega, ricordando i concitati giorni della sparizione di Giulio.
“I genitori di Giulio Regeni arrivarono il 30 gennaio al Cairo, ci incontrammo in ambasciata e ovviamente ci tenemmo in contatto tutto il tempo per possibili aggiornamenti. Poi li abbiamo visti con la ministra Guidi il 3 sera, per dare loro la triste notizia. Io venni richiamato l’8 aprile per consultazione perché il governo italiano non ritenne adeguato quanto fatto dalle autorità egiziane. Io tornai a maggio al Cairo per raccogliere le mie cose e fui nominato contestualmente a Bruxelles e Cantini venne nominato al Cairo, dove però si recò soltanto un anno e qualche mese dopo nell’agosto 2017. Non ci fu però mai una sospensione dei rapporti diplomatici”
conclude.
Controesame del teste: durante la deposizione il blackout
Blackout in tribunale, durante la testimonianza dell’ex ambasciatore al Cairo.
Maurizio Massari viene incalzato dalle domande della difesa, che chiede maggiori dettagli sugli orari in cui ha ricevuto le informazioni.
“Giulio Regeni non era registrato presso l’Ambasciata Italiana al Cairo quindi non aveva ricevuto il vademecum che abbiamo inviato a tutti gli italiani. Lui era registrato tramite un ente inglese. Non è obbligatorio doversi registrare”
spiega, ribadendo in seguito:
“Il professor Gervasio era preoccupato per il suo amico dato che si trattava del 25 gennaio, come abbiamo detto una ricorrenza molto attenzionata”.
Mentre, sul ritrovamento del corpo:
“Dal momento in cui io l’ho saputo ufficiosamente erano passate 9-10 ore dal ritrovamento. Non so francamente se sono stato il primo. In obitorio ci dissero che il corpo era stato portato intorno alle 17. Quello che è accaduto tra le 10 e le 17 e anche prima che arrivassimo noi all’una non è possibile saperlo”.
Le torture
I genitori di Giulio escono dall’aula mentre l’ambasciatore continua la sua deposizione, raccontando dei segni di tortura riscontrati sul corpo del ricercatore 28enne.
“Il corpo di Giulio presentava segni di torture, con ematomi del nero al violaceo, dita e denti rotti. Bruciature di sigarette su tutto il corpo. Segni lasciati da un oggetto contundente, tagli sulla schiena”
sottolinea Massari.
Il corpo era nudo nella parte inferiore, mentre presentava un maglioncino strappato in quella superiore.
“Era evidente che il corpo avesse subito percosse ovunque, soprattutto dei tagli. Anche le persone che mi accompagnavano evidenziavano come ci fossero segni di torture”
spiega.
Alla domanda dell’avvocato Ballerini, che riparte dal 27 gennaio, Massari specifica:
“La visita dell’Aise era già programmata, ma ora c’era la possibilità di sollevare il caso. Per la denuncia servivano 48 ore, ma noi decidemmo di farla 24 ore dopo. La decisione di avvisare la famiglia arrivò dopo nessun episodio positivo nella ricerca: era un atto dovuto”.
Sempre rispondendo alle domande dell’avvocato dei familiari di Giulio, sottolinea:
“I media, dopo il ritrovamento, avevano parlato prima di incidente, poi di festini, anche di una rissa davanti al consolato. Ritenemmo necessario chiedere di trasferire il corpo all’ospedale italiano al Cairo prima del ritorno in Italia”.
Il ritrovamento del corpo di Giulio
“Il presidente Al Sisi rassicurò il nostro ministro che avrebbe profuso tutti gli sforzi per fare chiarezza sulla scomparsa di Giulio Regeni, quando ne parlammo con lui il 3 febbraio durante la visita del ministro Guidi”
racconta Massari. Il corpo di Giulio Regeni, però, era già stato ritrovato un paio d’ore prima.
“Le tragiche notizie arrivarono la sera in ambasciata e c’era anche il vice ministro degli Esteri, che mi disse era stato ritrovato un corpo alla periferia del Cairo e avrebbe potuto essere quello del nostro connazionale. Io chiesi immediatamente una conferma ufficiale, ma non arrivò. Quella sera nessuno fu in grado di confermarlo”.
L’ambasciatore incalza:
“Indicai al Ministro Guidi l’impossibilità di continuare la visita in una situazione di tale gravità. Tutte le scuse dei 7-8 giorni precedenti, la reticenza a dare informazioni e l’ insistenza nel non voler dare il riconoscimento ufficiale lasciava presumere che i presentimenti fossero corretti. Abbiamo visto un atteggiamento non trasparente dell’Egitto”.
L’Italia, già il 3 febbraio, era convinta che Egitto nascondesse qualcosa.
L’ex ambasciatore Massari: “Il colloquio il 2 febbraio con il Ministro dell’Interno”
L’ex ambasciatore al Cairo Massari prosegue con la sua testimonianza:
“La National Security è una parte molto precisa. Lui era stato attenzionato da un organo preciso di un autorità. Abbiamo continuato a chiedere frequentemente l’incontro con il Ministro dell’interno che veniva sempre rimandato. Intorno al 30 gennaio il capo gabinetto disse che sarei stato incontrato presto. Difficile stabilire un collegamento con la telefonata di Gentiloni al suo omologo perché quest’ultima avvenne il 31 gennaio”.
Il presidente Renzi disse di aver ricevuto una sua chiamata il 31 gennaio:
“Non ricordo di aver parlato con Renzi. Immagino però che lo avesse saputo avendo attivato tutti i canali. Venni ricevuto con ritardo rispetto a quanto ero abituato in base agli ottimi rapporti bilaterali, soprattutto perché avevo trasmesso la gravità di quanto accaduto. Non so quanto loro potessero averla percepita”.
Quindi il colloquio il 2 febbraio con il ministro:
“Fu un incontro molto lungo e atteso da tanti giorni, ma durante il quale non avemmo alcuna notizia sulle sorti del nostro connazionale. Ricordo di aver chiesto più volte lo scenario delle indagini, ma la risposta sostanziale era che non avessero informazioni ed era molto difficile avere elementi completi. Sapevano che il connazionale aveva suoi contatti egiziani e trovavo le risposte evasive. Non sapevamo che fine avesse fatto Giulio Regeni, noi volevamo informazioni sul nostro connazionale e non c’erano state date. Il giorno dopo era prevista la visita del ministro Guidi e avevamo grande imbarazzo. Io chiesi due volte noi vogliamo Giulio Regeni indietro, lo ripetei in inglese per ribadire la ferma richiesta del governo”.
La madre di Giulio, durante la deposizione dell’ex ambasciatore, prende appunti senza alzare lo sguardo dal foglio.
Massari continua sottolineando:
Il ministro non aveva detto che Giulio era stato attenzionato nei mesi precedenti dalla National Security. Non potevamo essere soddisfatti di questo incontro, perché le informazioni sul nostro connazionale non c’erano. La nostra preoccupazione era a livelli massimi.
La ricerca di Giulio nei giorni successivi alla scomparsa
L’ambasciatore continua la sua deposizione, raccontando i giorni immediatamente successivi alla scomparsa di Giulio:
“Il 27 informammo la famiglia di Giulio Regeni, non avendo avuto risposte dalle autorità egiziane mi rivolsi al mio contatto generale Mohamed Assar molto influente per risolvere subito il carico. Lui parlò direttamente con il Ministro dell’Interno, che avrebbe trattato personalmente il caso. Io chiesi un incontro, la risposta però fu dilazionata nel tempo. Fui ricevuto solo il 2 febbraio dopo diverse richieste. Credo che l’intelligence italiana invece si mosse sin dal 27 gennaio”
sottolinea Massari.
“Ho interloquito il 28 gennaio con la capo del gabinetto di Gentiloni, non direttamente con lui. Sempre il 28 ci fu un incontro presso la procura con il legame dell’ambasciata. Cercavamo di attivare ogni possibile canale. La magistratura egiziana si era interessata per valutare la possibile pista criminale, fu da subito un’ipotesi di cui noi però non abbiamo avuto più notizia”.
La situazione quindi diventa ancora più complessa:
“La preoccupazione era crescente, perché non c’era alcun tipo di sbocco. Iniziammo ad incontrare persone della società civile egiziana, con cui io e i miei funzionari avevamo dei contatti. Quanto raccolto fece aumentare la nostra preoccupazione vista la ricerca di Giulio sui sindacati indipendenti, era anche stato fotografato ad una delle loro riunioni ed era attenzionato. Non erano notizie verificabili perché provenienti da civili e tramite loro conoscenze anche con l’inquilino dello stesso Giulio. Lui aveva parlato di perquisizioni avvenute nella casa da parte della polizia egiziana. Tutto questo induceva a ritenere che lui fosse stato fermato dalle autorità delle sicurezza egiziana, non c’era la certezza assoluta ma che ci fosse qualcosa che potesse dare fastidio delle sua richiesta era il film che prendeva forma”
racconta.
La ricostruzione dell’ex ambasciatore Massari sul giorno della scomparsa di Giulio
L’ex ambasciatore Massari ricorda cosa accadde il 25 gennaio 2016, ossia il giorno della sparizione di Giulio:
“Per la prima volta mi venne fatto il nome di Giulio Regeni intorno alle 23:30 del 25 gennaio 2016. Gennaro Gervasio professore italiano al Cairo mi segnalò la sparizione di un amico e collaboratore. Ci scambiammo i cellulari ma non era un mio interlocutore, lui insegnava economia ma lo consideravo una persona cordiale. Credo che mi abbia anche telefonato dopo il messaggio”.
Gervasio era preoccupato perché Giulio non si era presentato a un appuntamento:
“Mi spiegò che avevano appuntamento alle 8, ma Giulio non si era presentato e non aveva risposto a diverse chiamate per il cellulare spento. Era preoccupato perché il 25 gennaio è una data particolare, perché nel 2011 c’era stata la rivoluzione popolare. I controlli erano rafforzati, c’era molta polizia nelle strade e avvenivano perquisizioni nelle case. Ci fu anche una perquisizione nell’appartamento di un italiano di cui onestamente non ricordo il nome. La zona più presieduta era la piazza Tahir, era storicamente una giornata di tensione dove noi delle ambasciate avvisavamo i connazionali per evitare situazioni pericolose e possibili assembramenti. Io personalmente non ero uscito in strada”
spiega ancora.
Quindi, il giorno successivo, la denuncia di scomparsa:
“Il 26 gennaio mandammo note verbali al Ministero degli Esteri e a quello dell’interno, bisogna tenere presente che questa azione andava di pari passo ai tentativi di ricerca nei vari ospedali e obitori. Il mio interlocutore era il vice ministro degli Esteri, mentre agli Interni avevo come contatti il capo di gabinetto e un colonnello con cui parlai costantemente. La denuncia di scomparsa la presentai al commissariato il legale dell’ambasciata la sera del 26”.
L’ex ambasciatore al Cairo Massari: “A gennaio 2016 rapporti bilaterali eccellenti”
L’udienza del processo Giulio Regeni riprende con la testimonianza, molto attesa, di Maurizio Massari, attualmente ambasciatore Italiano presso le Nazioni Unite e al Cairo fino all’aprile del 2016.
“Nel gennaio 2016 c’erano rapporti bilaterali eccellenti, eravamo tra i partner più importanti grazie ad un processo iniziato nell’estate 2014 dopo un anno di gelo nel 2013 per il cambio di regime. Il passaggio da Morsi ad Al Sisi fu quello da un’elezione democratica ad un assetto dominato dai militari molto sostenuto anche dalla piazza. In quel momento l’opinione pubblica era comunque divisa”
spiega in aula.
“Non c’è stata alcuna elezione, fu un passaggio non democratico. C’è un dibattito sulla terminologia, l’Ue congelò i rapporti con l’Egitto per questo. L’opposizione dei Fratelli Musulmani venne repressa nel sangue. L’opinione dei governi occidentali era quello di un golpe militare pur sostenuto dalla piazza. Venne definita una seconda rivoluzione. Il primo capo politico occidentale a tornare in Egitto fu Renzi il 4 agosto del 2014 dopo una missione parlamento della commissione Esteri. La visita fu molto apprezzata perché riconosceva l’importanza dell’Egitto sul piano geopolitico. C’erano porte apertissime con i ministri egiziani, anche quelli tecnici come quello del petrolio”
afferma.
Prof. Dentice: “Ridotto il ruolo della magistratura”
Il prof. Dentice, parlando della magistratura, spiega:
“Il ruolo della magistratura era pilastro con Mubarak e si è ridotto con un aumento del ruolo per i tribunali militari. Ora si è alzato anche il numero delle accuse di terrorismo che arrivano dagli organi preposti. C’è una lettura molto ampia, viene considerato terrorismo qualsiasi atto discuta sicurezza nazionale e istituzioni”.
Quindi viene decisa una pausa di dieci minuti dell’udienza, dopodiché interverrà l’ambasciatore Massari.
Le proteste in Egitto nel 2015 e nel 2016
“Sia nel 2014 che nel 2015 ci sono state proteste in piazza Takir, è il luogo del Cairo dove si radunano le persone. Scendono in piazza per commemorare quella del 2011. La situazione degenera in tutti e due gli anni, nel 2015 moriranno alcuni attivisti egiziani per i diritti umani. Il 25 gennaio 2016 non ci sono state più le proteste, così come in tutti gli anni successivi. Si negano da quel giorno le manifestazioni di piazza con scelte di indirizzo politico. Le forze armate sono nelle piazze per impedire qualsiasi protesta contro il regime”
continua il prof. Giuseppe Dentice. Rispondendo alla domanda dell’avvocato Ballerini della parte civile specifica:
“Ci sono diversi report di organizzazioni internazionali sulle torture del regime. C’è una letteratura ampia su fonti aperte, torture su cittadini egiziani ma anche di leggi ad hoc per impedire le proteste. Le sparizioni forzate sono citate nel report di Human Rights Watch”.
Vengono nominati dalla difesa, nel controesame del teste, i partiti “Egitto Forte” e “Terza Piazza”, ma il professore sottolinea di non conoscere questi movimenti.
Viene ribadito più volte che le valutazioni del professore sono personali, lui conferma a sua volte che si basano su dati di ricerca e fatti storici oggettivi.
Il prof. Dentice, rispondendo alla giudice, spiega inoltre:
“Le ricerche possono essere affidate da committenti di varia natura. Le ricerche sono sostenute dalla clientela. Ho un’esperienza anche precedente al Cesi. Non conosco l’arabo per cui non posso accedere direttamente ad atti governativi, ma sarebbe difficile in ogni caso. Se entro in contatto con documenti arabi mi rivolgo a colleghi o persone di fiducia”.
L’ascesa di Al-Sisi
Il prof. Dentice continua a descrivere lo scenario geopolitico egiziano. Nel 2012 prende piede la figura di Al Sisi, fino al 2014 membro delle forze armate e nel 2011 membro più giovane del Consiglio supremo. Quindi il discorso, nel 2013, in cui viene dichiarato decaduto Morsi, invece eletto democraticamente:
“Inizia una nuova fase di contro rivoluzione perché c’è una nuova ascesa dei militari. Nell’agosto del 2013 ci furono repressioni delle forze armate contro i fratelli musulmani. Ci sono state diverse morti ed esecuzioni documentate. Si vive una fase di repressione della protesta popolare che ci sarà per tutto il 2013/14 fino a quello delle elezioni. I fratelli musulmani verranno accusati di attentati e dichiarati fuorilegge. Il movimento entra in clandestinità e molti scapperanno all’estero. In questo momento la società egiziana vive grandi contrasti”
spiega. In questo contesto Giulio Regeni si reca in Egitto.
“La campagna anti terrorismo in Egitto continua ancora oggi, ma è diventata nel tempo strumentale perché verrà usata attraverso norme per colpire tutte le forme di opposizione che non si identificano nella presidenza Al Sisi, dove arriva nel maggio del 2014 e poi riconfermato per altri due mandati di cui l’ultimo di recente”.
Il Professore poi sottolinea:
“Oggi il potere dei militari è cambiato, ma in senso maggiorativo. Mubarak riusciva a governare con i militari, ma anche con polizia e magistratura. Oggi i militari hanno un ruolo sempre più centrale. Non sono più un attore militare, ma civile perché controllano gran parte dell’economia. Ci sono società vicine a generali, questa situazione è capillare tanto da aver ricevuto delle critiche dal Fondo Monetario Internazionale. Oggi i tribunali civili sono affiancati a quelli militari. Non si fa fatica a vedere chi appoggia determinate scelte: il presidente Al Sisi sceglie le agenzie di intelligence”.
“La popolazione chiede più libertà in Egitto, ma queste richieste non trovano riscontro nelle autorità. Ci sono state delle leggi, come quella del controllo capillare di Internet che hanno ridotto la capacità di protesta”
aggiunge.
Al via la testimonianza del Prof. Dentice
In aula la testimonianza del prof. Giuseppe Dentice, esperto di geopolitica nonché responsabile del Centro Studi Internazionali.
“Mi occupo di analizzare il Medio Oriente e il Nord Africa, quindi l’area in oggetto. 25 gennaio 2011 è una data importante per l’inizio della Primavera Araba”
è l’inizio della sua dichiarazione. Il professore analizza le varie proteste che ci sono state nel Nord Africa, quindi anche in Egitto, e le proteste contro Mubarak.
Si parla dello Scaf- il Consiglio Supremo delle Forze Armate– che assunse il potere per guidare alle future elezioni politiche. C’erano diverse speculazioni e si accusava lo Scaf di aver sostituito Mubarak, mantenendo inalterate le modalità di potere.
La difesa fa opposizione dicendo:
“Il testimone deve riferire fatti che conosce, altrimenti diventa un consulente.”
La giudice spiega alla difesa che potrà fare tutte le domande che vuole nel contro esame del test. Quindi si va avanti parlando della fratellanza musulmana e di Morsi, ex presidente dell’ Egitto.
“I fratelli musulmani sono nella sfera degli islamisti, hanno una visione religiosa. La vittoria di Morsi non viene vissuta come un grande momento dall’ambiente militare”
spiega il prof. Dentice.
Accettata registrazione del colloquio tra i genitori di Giulio Regeni e una ragazza egiziana
La giudice ha accettato nel processo la registrazione, avvenuta di nascosto, dell’incontro dei genitori con la ragazza egiziana che aveva presentato il sindacalista a Giulio Regeni. Il colloquio è datato 9 dicembre 2016.
La difesa degli imputati ha chiesto una perizia sulla traduzione effettuata dalla polizia giudiziaria, quindi la registrazione verrà acquisita nella prossima udienza del 24 aprile.
Pif: “Mi fa inc*****e uno Stato che non agisce”
C’è anche Pierfrancesco Diliberto, autore e conduttore televisivo conosciuto come Pif, nella “scorta mediatica” che chiede “verità e giustizia” per Giulio Regeni: quando è arrivato c’è stato un abbraccio co i genitori del ricercatore.
“Che l’Egitto si metta contro è normale: il regime fa il suo lavoro. E’ più amaro quando è uno stato democratico a creare problemi. A me fa incazzare di più quando è il tuo Stato che ti mette il bastone tra le ruote.”
Giulietti di Articolo 21: “Sta emergendo verità che tutti conoscono”
Giuseppe Gulietti, coordinatore nazionale dei Presidi di Articolo 21, è come sempre presente a Piazzale Clodio per seguire la nuova udienza del processo Regeni.
“Sta venendo fuori quello che qualsiasi persona perbene sapeva: Giulio è stato sequestrato e ammazzato dal regime. Poi hanno tentato di infangarlo: le testimonianze stanno rivelando quello che è accaduto. Giulio era un uomo che aveva sete di conoscenza, voleva conoscere altre culture e altri linguaggi. Saremo qui fino alla fine con i suoi familiari, fino a quando non ci saranno verità e giustizia. Perché non è un affare di famiglia la verità per Giulio Regeni: riguarda la dignità della Repubblica”
ha dichiarato all’inviato di TAG24 prima della nuova udienza.